Operai, sindacati, fasce tricolori e politici della Regione.
Nel giorno della protesta collettiva contro Glencore, la multinazionale svizzera che ha anticipato la chiusura della linea zinco alla Portovesme srl, sembra quasi un’occupazione la folla nella sala assemblee della fabbrica.
La posta in gioco è altissima, come la rabbia: «Sono stati totalmente disattesi gli accordi del 7 dicembre», quelli solenni presi nel tavolo del Mimit, il ministero per le Imprese e il Made in Italy, dice Emanuele Cani, l’assessore regionale all’Industria. Uno dei primi ad arrivare.
Non a caso Adolfo Urso, il capo del Mimit, è a Portovesme, insieme alla ministra del Lavoro, Marina Calderone. C’è Alessandra Todde, pronta a battere i pugni sul tavolo.
«In questa situazione non c’è Governo e non c’è Regione – ha detto Todde – Siamo tutti insieme e abbiamo le carte che dicono delle cose molto precise. Oggi parliamo di come farle cantare queste carte».
«Siamo qui per una prima risposta necessaria alla decisione che l’azienda ha assunto unilateralmente, senza comunicarci come era doveroso fare prima, di spegnere l’attività della linea zinco anticipatamente rispetto a quanto avevamo insieme concordato», ha scandito il ministro Urso. «Abbiamo già comunicato all’azienda che per noi è uno stop inaccettabile nel merito e nel metodo, perché riteniamo che la linea zinco sia strategica per l’Italia. Siamo in campo per garantire la continuità produttiva, noi ci siamo».
«Abbiamo la ferma convinzione – ha aggiunto la ministra del Lavoro Calderone – che ciò che oggi viviamo deve riportarci a un orizzonte lavorativo. Non intendiamo fare sconti a nessuno, il conto che presenteremo sarà molto salato. Non si gioca con i lavoratori, con le famiglie, con il futuro di un territorio che ha già molto pagato per quelle che sono state in passato iniziative imprenditoriali sbagliate».
Intanto da Glencore fanno sapere che già «dal 5 settembre» la multinazionale «ha annunciato la transizione verso un’attività esclusivamente Waelz», cioè con lo sfruttamento dei soli fumi d’acciaieria, da cui si ricava l’ossido di zinco, e «ha iniziato a preparare progressivamente la messa in manutenzione della linea di zinco», è scritto in una nota. «Questa decisione si è basata principalmente su due fattori critici ben noti: un ambiente operativo molto difficile per gli smelter europei, che sono stati drasticamente colpiti dagli alti prezzi dell’energia, e l’aumento della concorrenza asiatica». Glencore ha poi sottolineato che la decisione di chiudere la linea di zinco «è stata presa dopo oltre due anni di collaborazione con vari settori del Governo per individuare soluzioni strutturali agli elevati costi energetici».
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