Il Piemonte, terra di Barolo, Barbaresco, Nebbiolo e altre prelibatezze vinicole che fanno girare la testa (e l’economia), ha deciso di guardare oltre i suoi invidiabili vigneti. Perché limitarsi al vino quando si può puntare anche alla birra artigianale? L’assessore regionale all’Agricoltura, Paolo Bongioanni, ha annunciato con entusiasmo due bandi per sostenere quella che definisce una “eccellenza assoluta” del territorio. E così, tra calici e boccali, nasce un nuovo capitolo per la regione: l’era del luppolo.
Con uno stanziamento complessivo di 300.000 euro, i due bandi mirano a supportare i produttori di birra artigianale piemontese. Di questi, 260.000 euro sono dedicati all’acquisto di macchinari, con contributi pari al 40% della spesa sostenuta, a patto che l’investimento minimo sia di almeno 10.000 euro.
Gli altri 40.000 euro sono invece destinati alla formazione professionale, per chi intende perfezionare le proprie competenze nella produzione di birra artigianale. Insomma, un aiuto concreto – almeno sulla carta – per un settore che, secondo Bongioanni, sta attirando sempre più giovani imprenditori. “La birra artigianale rappresenta un’eccellenza assoluta del nostro territorio”, ha dichiarato l’assessore.
Ma i numeri del settore raccontano una realtà ben diversa da quella dipinta dalle parole entusiaste dell’assessore. Al momento, la Regione Piemonte conta appena 19 birrifici artigianali iscritti al Registro ufficiale, su un totale di circa una novantina di produttori attivi, tra cui una quarantina di “beer firm” che non possiedono nemmeno un impianto proprio.
E mentre i bandi sono accessibili solo ai birrifici iscritti al Registro e in possesso di specifici requisiti, la maggior parte dei produttori resta tagliata fuori dai benefici. Insomma, una misura che si rivolge a una nicchia già ristretta, rischiando di trasformare il tanto decantato “sostegno alla filiera” in un aiuto per pochi eletti
L’assessore Paolo Bongiovanni
E poi c’è il dato agricolo: i famosi 9 ettari di luppolo coltivati nella provincia di Cuneo, il pilastro su cui si regge questa ambiziosa operazione di rilancio brassicolo. Nove ettari. Proviamo a visualizzarli: giusto un piccolo quadratino verde in mezzo a colline tappezzate di filari. Girali come vuoi, ma tutto sono fuorché una rivoluzione agricola.
Certo, il luppolo piemontese è di qualità, e la sua coltivazione sta crescendo, ma parlare di una “filiera brassicola piemontese” con questi numeri suona più come un’operazione di marketing che come una strategia concreta.
Difficile, insomma, immaginare il Piemonte trasformarsi nella nuova Baviera italiana.
Nonostante tutto, l’entusiasmo di Bongioanni non conosce ostacoli. L’assessore ha promesso di lavorare per raddoppiare le risorse destinate alla birra artigianale nel bilancio 2025. Una dichiarazione ambiziosa, ma che lascia aperti alcuni interrogativi: vale davvero la pena investire così tanto in un settore che, al momento, ha un peso economico e culturale così limitato?
E, soprattutto, non sarebbe meglio destinare queste risorse a settori che già rappresentano un pilastro dell’identità piemontese, come il vino?
Perché, diciamolo chiaramente: il Piemonte è la terra del vino. Una terra che ha fatto del Barolo, del Barbera e di altre eccellenze enologiche una bandiera, tanto da essere riconosciuta come Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO proprio per i suoi vigneti. Pensare di mettere il boccale accanto al calice è un’idea affascinante, certo, ma sembra più un esercizio di stile che una reale opportunità di crescita per l’agricoltura e l’economia regionale.
E poi c’è la questione della tempistica. I bandi resteranno aperti fino al 31 marzo 2025, dando ai produttori tutto il tempo necessario per valutare le loro opzioni. Ma il vero nodo resta: quante realtà locali potranno davvero accedere a questi fondi? E quanto sarà significativo l’impatto di queste misure su un settore che conta numeri così ridotti?
Alziamo il boccale – o meglio, il calice – e brindiamo all’impegno dell’assessore, intento a cercare consensi tra luppoli immaginari e filari reali. Che sia birra o vino, la partita è aperta. Ma una cosa è certa: i brindisi veri continuano a farsi nelle cantine delle Langhe, con un vino che non ha bisogno di bandi per essere un’eccellenza. E mentre Bongioanni sogna un futuro brassicolo, il presente piemontese resta saldamente ancorato alla tradizione vinicola, che non ha rivali né competitor.
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