È Mohammad Abedini Najafabadi, arrestato due settimane fa a Malpensa su mandato di cattura degli Usa, l’uomo da cui dipende la liberazione di Cecilia Sala. Lo reclama la giustizia americana, che lo accusa con il presunto complice Mahdi Mohammad Sadeghi di cospirazione per avere esportato componenti elettronici verso l’Iran, lo richiede Teheran in cambio della giornalista. Nel frattempo l’ingegnere meccanico trentottenne è in carcere a Opera, con fermo convalidato dalla Corte d’Appello di Milano, e ieri il suo legale ha presentato un’istanza per l’attenuazione della pena con la concessione degli arresti domiciliari. In un appartamento a Milano già indicato alla Corte dal difensore. Nell’istanza di sei pagine «squisitamente giuridica» in cui chiede la scarcerazione per Mohammad Abedini Najafabadi, l’avvocato Alfredo De Francesco sottolinea che «non sussiste pericolo di fuga» da parte del suo assistito. Ripercorre solo superficialmente le accuse da parte degli Stati Uniti, limitandosi a rimarcare che, se Abedini otterrà i domiciliari, non uscirebbe di prigione una persona pericolosa. Il legale non ha chiesto l’applicazione del braccialetto elettronico, lasciando la valutazione ai giudici che ora hanno quarantotto ore di tempo per fissare un’udienza e discutere l’istanza.
GLI ATTI
Tempi più lunghi richiede invece l’esame della richiesta di estradizione degli Usa. Le autorità di Washington hanno già trasmesso gli atti alla Farnesina, che li invierà al ministero della Giustizia il quale a sua volta li inoltrerà alla Corte d’Appello. Il fascicolo viene affidato al Procuratore generale che redige e deposita una requisitoria, quindi i giudici hanno dieci giorni per fissare l’udienza ma la decisione potrebbe richiedere mesi. Per effetto di una richiesta di ulteriori informazioni da parte della Corte al Dipartimento di giustizia Usa e per l’eventuale ricorso in Cassazione di Abedini in caso di estradizione, alla quale si è opposto. In parallelo alla giustizia, anche la diplomazia detta i suoi tempi: a trattative in atto con Teheran, il governo potrebbe attuare una pausa di riflessione considerato che il Guardasigilli Carlo Nordio ha a disposizione trenta giorni prima di trasmettere gli atti alla Corte d’Appello. In quel lasso di tempo il ministero può fare delle valutazioni formali, chiedendo eventuali integrazioni o precisazioni alla giustizia americana. I rapporti sul caso Abedini sono delicati, soprattutto ora che sono correlati alla vicenda di Cecilia Sala. Compresa la decisione sui domiciliari, dopo quanto accaduto con il caso di Artem Uss, l’imprenditore russo figlio di un oligarca vicino al presidente Vladimir Putin: su di lui pendeva una richiesta di estradizione avanzata dagli Stati Uniti, ha ottenuto i domiciliari a Milano e poi è evaso, prelevato da un commando a bordo di quattro auto di grossa cilindrata e dopo avere spezzato il braccialetto elettronico. Gli americani si erano dichiarati «esterrefatti» per la decisione assunta dai giudici sui domiciliari all’imprenditore russo e lo stesso Nordio ha promosso un’azione disciplinare contro i magistrati, accusati di «grave e inescusabile negligenza» in merito al provvedimento. Il Csm li ha assolti, accogliendo la richiesta della Procura generale della Cassazione, tuttavia la fuga di Uss potrebbe pesare sulle sorti di Abedini, anche in considerazione del fatto che, se il figlio dell’oligarca russo era classificato dagli Usa con un «codice arancione» in relazione alla sua pericolosità, l’iraniano è invece considerato un «codice rosso» e detenuto in regime di alta sicurezza. Sul drone che il 28 gennaio scorso ha ucciso in Giordania tre militari statunitensi e provocato quaranta feriti all’avamposto «Tower 22», in base alle accuse, era installata tecnologia fornita dalla Sdra, la società da lui fondata e diretta. Nel bagaglio dell’ingegnere, all’arrivo a Malpensa, gli investigatori hanno trovato e sequestrato documenti, materiale bancario e commerciale, telefoni, computer e soprattutto componentistica elettronica compatibile con i reati contestati dalla Corte di giustizia statunitense. Intanto il 2 gennaio il coindagato Sadeghi tornerà davanti ai giudici del tribunale di Boston: nell’udienza del 27 dicembre si è dichiarato non colpevole.
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