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La questione, da tempo dibattuta e ancora irrisolta, riguardante l’individuazione del soggetto legittimato a ricevere la notifica del provvedimento che ordina la comunicazione dei dati dei condòmini morosi, si arricchisce di una nuova e interessante pronuncia.
La formulazione dell’articolo 63 delle disposizioni di attuazione del Codice civile è piuttosto ambigua. È certo che il creditore insoddisfatto ha il diritto di richiedere e ottenere i dati necessari per identificare i condòmini insolventi da perseguire prioritariamente, ma non è chiaro chi debba fornire tali informazioni: il condominio, rappresentato dal suo legale rappresentante, o l’amministratore?
Il Tribunale di Cosenza, con la recente sentenza numero 1935, depositata dopo l’udienza dell’8 ottobre scorso, ha confermato l’orientamento giurisprudenziale prevalente, stabilendo che il soggetto legittimato a fornire la comunicazione in questione è il condominio, anche se tramite l’amministratore. Questa posizione si basa su esigenze di tutela dei terzi creditori, che richiedono un approccio impersonale all’ufficio.
La questione processuale
Nel caso in esame, caratterizzato da una certa semplicità procedurale ma con significative implicazioni pratiche, il giudice ha accolto l’opposizione presentata da alcuni condòmini, annullando i precetti emessi dal creditore. Questi sono stati ritenuti viziati poiché il provvedimento relativo all’indicazione dei dati dei morosi, ottenuto ai sensi dell’articolo 702 bis del codice di procedura civile e alla base dei titoli azionati, era stato notificato non al condominio, rappresentato dal proprio amministratore, ma direttamente all’amministratore stesso.
Tale situazione ha reso inefficace l’esecuzione annunciata dalla parte convenuta e ha impedito all’istante insoddisfatto, per gli stessi motivi, di ottenere la condanna al pagamento di una penale per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione dell’ordinanza erroneamente notificata, richiesta dal soccombente.
Le motivazioni della decisione
Il giudice di Cosenza, pur riconoscendo l’esistenza di un diverso e ben strutturato orientamento giurisprudenziale (Tribunale di Catania, 16 gennaio 2018 e 15 dicembre 2017; Tribunale di Napoli, 1 febbraio 2017 e 5 settembre 2016), ha considerato come unica e logica interpretazione dell’articolo 63 delle disposizioni di attuazione del Codice civile quella che identifica il condominio come soggetto passivamente legittimato, piuttosto che l’amministratore. Questa interpretazione si basa sulla necessità di proteggere i creditori dell’ente di gestione e, in situazioni analoghe, gli stessi condòmini.
Il Tribunale di Cosenza afferma infatti che “l’orientamento che riconosce la legittimazione passiva al condominio è l’unico in grado di garantire tutela al creditore di una prestazione (il terzo creditore dell’ente, nel caso previsto dall’articolo 63 disp. att. c.c., ma anche il condòmino che richiede accesso alla documentazione, situazione speculare che presenta la medesima questione) indipendentemente dalle eventuali modifiche dell’organo gestorio e dalla possibile sostituzione della persona fisica dell’amministratore.”
In questo contesto, il giudice cita una serie di precedenti specifici (tra cui Tribunale di Napoli, 15 febbraio 2019 e 21 luglio 2020, Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, 1 luglio 2022), dai quali emergono ulteriori due elementi a sostegno della tesi proposta.
La rilevanza del mandato e le aspettative dei creditori
Innanzitutto, questa interpretazione è coerente con il fatto che l’amministratore possiede i dati necessari da fornire ai creditori insoddisfatti (come le generalità complete dei condòmini, i dati catastali degli immobili, le quote millesimali e l’importo dovuto da ciascuno, in base alla ripartizione stabilita dalla relativa tabella) esclusivamente in virtù del proprio mandato contrattuale, e non per motivi personali.
Inoltre, tale impostazione non compromette in alcun modo gli interessi del condominio. Infatti, nel caso in cui l’amministratore infedele non adempia ai propri obblighi nei confronti di un creditore che ne faccia richiesta, omettendo la comunicazione necessaria e causando un danno alla collettività, l’ente di gestione ha comunque la possibilità di rivalersi nei confronti dell’amministratore inadempiente attraverso un’azione di responsabilità professionale per il risarcimento del danno.
Pertanto, la protezione del condominio, insieme a un’adeguata salvaguardia delle legittime aspettative di soddisfazione dei creditori derivanti dalla gestione condominiale, spinge il magistrato ad accogliere l’opposizione, annullare i precetti e condannare la parte soccombente al rimborso delle spese legali a favore degli attori.
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