Per affermare che un mondo senza pace รจ un mondo diviso non serve richiamare le guerre, le contrapposizioni o gli scontri che sono al centro della nostra quotidianitร e spesso anche del nostro operare.ย
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Cogliere dove va il mondo – il nostro mondo – non significa evocare un incerto destino, nรฉ ascoltare chi continua a invocare la pace pur essendo parte dei conflitti o ne tralascia le cause. Lโansia di pace che sale dallโumanitร non puรฒ essere solo raccolta e condivisa, ma impone di individuare nuove strade e di utilizzare strumenti e veicoli di pace. Il prosperare di conflitti, il dilagare della loro brutalitร rendono questa ricerca un percorso obbligato anche di fronte allโinterrogativo che ha il sapore del dubbio: esistono modi perchรฉ il mondo possa realmente godere di una pace non limitata al tacere delle armi? Di certo la volontร che governa i rapporti internazionali ha condannato allโinerzia gli Organismi multilaterali, attribuendo proprio alle armi lโunica parola, come pure il negoziato ha lasciato il posto a un precario equilibrio di interessi.
ร in questo quadro che esalta il conflitto che si inserisce lโinvito diย Papa Francescoย con il Messaggio per laย Giornata mondiale della paceย di questโanno, a pensare alla pace come โdisarmo del cuoreโ. Non รจ un โsalto di specieโ questa richiesta di passare dalla crudeltร della guerra – fatta di strage di civili, eliminazione sistematica di comunitร , sradicamento di popoli dai propri affetti e origini – a un cambiamento strutturale โche coinvolge tutti, dai primi agli ultimi, dai piccoli ai grandi, dai ricchi ai poveriโ. Perchรฉ solo una rinnovata disponibilitร ad eliminare gli egoismi che alimentano il conflitto come soluzione e un atteggiamento personale capace di coinvolgere altri, puรฒ incidere fino ai livelli delle decisioni interne e internazionali. Del resto, come negare che gli scenari non mutuano da soli, ma per lโinterpretazione degli attori che calcano la scena.
Sullo scenario internazionale si รจ posto anche il Giubileo nel quale si innestano atteggiamenti e aspirazioni personali, ma anche domande di senso. Il tutto legato da un filo conduttore, il perdono. Perdonare, come pure chiedere perdono, dร a colui che crede un senso di appartenenza, di pieno reinserimento nella vita di fede. Ma Papa Francesco lo trasforma anche in un modo per testimoniare la necessitร della pace come fatto concreto e non come aspirazione o invocazione.
Se per il perdono si compiono gesti e ritualitร che sono propri del pellegrino, perdonare e chiedere perdono รจ la strada per operare secondo giustizia nella vita delle comunitร e degli Stati. Il perdono allora tocca e condiziona non soltanto il credente, ma acquista una dimensione sociale, trasformandosi in veicolo per ridare dignitร a popoli e persone. Perdonare significa abbandonare la โlogica di sfruttamentoโ per rimettere i debiti e questo riportato nella dimensione dei rapporti internazionali ha dei significati ben precisi.
Oggi i conflitti non sono solo conseguenza di volontร criminali, di reazione a un attacco o di una ricerca del potere da raggiungere a ogni costo, ma rimangono gli effetti di un diverso significato che popoli e nazioni danno alla coesistenza o a come interpretano e vivono la relazione. Il pensiero va alle condizioni di marginalitร dei Paesi in via di sviluppo determinata dallโarma del debito estero โdiventato uno strumento di controlloโ che pesa su economie povere e non รจ limitabile al debito verso Stati o governi, ma riguarda anzitutto il settore privato. Dallโindebitamento derivano situazioni che colpiscono disponibilitร di alimenti, occupazione, salute e speranza di vita di intere popolazioni a cui si affiancano barriere doganali, mancato accesso al mercato, forme neocoloniali sulle economie locali, dipendenza esterna, sistemi di corruzione e voluta illegalitร . E poi, come dimenticare lโaccaparramento delle terre coltivabili o lโappropriazione delle risorse naturali operata sistematicamente da imprese transnazionali, a iniziare da quelle necessarie al solo funzionamento del mondo interconnesso, che vedono lo sfruttamento di minori o di popolazioni con incalcolabili distruzioni, lutti, ingiustizie.
Diverso nei contenuti, ma non negli effetti, si pone ormai un โdebito ecologicoโ, evidente nel degrado della casa comune, non solo in termini climatici, ma di pressione sulle terre determinata da desertificazione o da forzati spostamenti di popolazione a cui anche i conflitti o la mancata prevenzione hanno dato, e danno, un colpo incalcolabile. Sono realtร di fronte alle quali la richiesta di perdono non basta se non รจ accompagnata da previsioni strutturali, secondo cui qualunque attivitร umana puรฒ causare e spesso imporre la negazione di quel rapporto essenziale che unisce lโessere umano allโordine della creazione.
Rimettere i debiti, perรฒ, non puรฒ rappresentare un atto isolato perchรฉ rischia di gratificare e non di responsabilizzare. ร un atto che domanda โuna nuova architettura finanziaria, che porti alla creazione di una Carta finanziaria globale, fondata sulla solidarietร e sullโarmonia tra i popoliโ. Significa, dunque, sentirsi parte di un comune senso di solidarietร , parola che non diventa vuota se accompagnata al senso del perdono che โrimette i debitiโ.
Essere solidali significa perdere se stessi e non semplicemente rendere disponibile qualcosa per gli altri e cosรฌ contribuire ad avviare una realtร di giustizia che non opera solo nel dare a ciascuno il suo, ma scorge le differenti necessitร verso cui operare in un modo proporzionalmente piรน intenso. Lo sviluppo dei popoli, lo ricordavaย Paolo VIย nellaย Populorum progressio, parte dal riconoscere come il progresso di una comunitร sia presupposto per lo sviluppo individuale. Era in continuitร con lโidea – oggi ripresa da Francesco – cheย Papa Montiniย lanciรฒ il 4 novembre 1964 aย Bombayย di costituire unย Fondoย capace di utilizzare parte di quanto normalmente impiegato per favorire e sostenere le guerre. Ma oggi, come ieri, questo obiettivo appare lontano di fronte a una corsa agli armamenti crescente che, pur se posta come strumento di difesa, allontana dallโagire degli uomini quel disarmo dei cuori a cui tutti siamo chiamati.
Un Messaggio che ci invita e ci accompagna a leggere la realtร offrendo un concreto spunto per lโazione nel perdonare e ricevere il perdono, โsecondo una logica di responsabilitร condivisa e diversificataโ. Una logica funzionale ai rapporti internazionali strutturati sul principio della reciprocitร , dove il dare e il ricevere puรฒ essere una base da cui partire, qualcosa su cui poter contare.
Basterebbe solo cancellare la volontร o lโambizione di fare del potere il bene superiore, avendo quindi compreso che lo strumento per agire non รจ la forza, diventata un assoluto che rende sterile il dare e il ricevere, poichรฉ dimentica โche abbiamo bisogno e siamo debitori gli uni degli altriโ.
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