Vicinanza e solidarietà alla famiglia Sala e liberazione immediata della giornalista italiana Cecilia Sala

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Abbiamo
sperato tutti di iniziare il nuovo anno con la notizia della
liberazione della giornalista Cecilia Sala, arrestata il 19 dicembre
a Teheran, con l’accusa di aver violato la legge islamica, e da
allora detenuta in cella di isolamento nel carcere duro di Evin,
situato a nord della capitale iraniana. E invece il 2025 è arrivato
senza il rilascio della giornalista romana.


Cerchiamo
di capire cosa sappiamo di preciso sul suo arresto e quali sono in
queste ore le trattative in corso per la sua liberazione.

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Cecilia
Sala è arrivata in Iran il 13 dicembre, per i suoi reportage
relativi al podcast Stories,
con un regolare visto giornalistico della durata di otto giorni. Il
19 dicembre, la giornalista collaboratrice de Il
Foglio
e Chora
Media
, è stata arrestata e
trasferita nel carcere di Evin simbolo della repressione politica del
regime iraniano e noto per la frequente detenzione di oppositori
politici e cittadini stranieri. Il giorno successivo all’arresto la
Sala ha chiamato la famiglia e come ha affermato Mario Calabresi, il
direttore di Chora Media
“è stata autorizzata solo a leggere un messaggio”.


La
Farnesina ha confermato ufficialmente la notizia del suo arresto
soltanto dopo otto giorni. Nel carcere di Evin, dove è rinchiusa,
l’unica ad averla incontrata è Paola Amadei, l’ambasciatrice
italiana in Iran. A oggi le motivazioni del suo fermo risultano poco
chiare perché Cecilia ha una solida esperienza in campo
giornalistico e come inviata di guerra, e conosce bene le particolari
dinamiche che si innescano nelle aree di crisi.


La
notizia del suo arresto fin da subito è stata collegata a quella di
un altro arresto, avvenuto tre giorni prima in Italia, all’aeroporto
di Malpensa, dove è stato fermato l’ingegnere iraniano Mohammed
Abedini Najafabadi, su richiesta degli Stati Uniti, per traffico di
droni utilizzati per “sostenere gruppi terroristi e milizie filo
iraniane che puntano a destabilizzare l’intera regione”. Tra le
accuse rivolte all’ “uomo dei droni”, che dal carcere di Opera
dichiara di non essere un terrorista, c’è quella di cospirazione
per esportare componenti elettronici sofisticati dagli USA all’Iran,
in violazione delle leggi sul controllo delle esportazioni.


Il
Dipartimento di Stato degli USA è intervenuto repentinamente con
toni perentori sull’arresto della giornalista italiana chiedendone
il “rilascio immediato e incondizionato” e ha parlato fin da
subito di “ricatto e leva politica” e di “arresti arbitrari”.
Ad ogni modo tre paesi, Stati Uniti, Italia e Iran, e due persone,
l’ingegnere iraniano e la giornalista italiana, sembrano collegati
da un filo rosso. La contestazione generica mossa a Sala spingerebbe
anche a pensare che l’obiettivo delle autorità iraniane sia quello
dello scambio dei prigionieri.


In
queste ore sono in corso le trattative dell’Italia per il rilascio
della nostra connazionale. L’Italia chiede “garanzie totali sulle
reali condizioni di detenzione di Cecilia Sala”, in isolamento da
tredici giorni nel penitenziario di Evin e, ovviamente, “la
liberazione immediata”.


Tutte
le più alte cariche istituzionali – il ministro degli Esteri Antonio
Tajani, la premier Giorgia Meloni, il ministro della Giustizia Carlo
Nordio – si sono attivate con atti formali per fare in modo che fosse
consegnata la nota verbale del nostro Paese, attraverso
l’ambasciatrice italiana, al governo iraniano, e permettere un
nuovo incontro tra l’ambasciatrice e la Sala.


Sono
ore di angoscia quelle che l’Italia sta vivendo. Ieri sera il
Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, nel discorso di fine
anno, ha parlato della detenzione della nostra giornalista e ha
espresso vicinanza in attesa di rivederla presto in Italia.


Il
Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani
(CNDDU) da sempre impegnato in prima linea a sostegno dei Diritti
Umani e dell’importanza fondamentale delle libertà di espressione
e di stampa e soprattutto del ruolo prezioso dei giornalisti e degli
operatori media, sottolinea la necessità e l’urgenza di tutelare
maggiormente i cronisti e i corrispondenti di guerra, perché
nonostante la protezione del Diritto internazionale umanitario sono
sempre più spesso in pericolo di vita o diventano leva politica,
come nel caso di Cecilia Sala e tanti altri reporter, fotografi e
cameraman.

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Ci
teniamo ancora una volta a sottolineare che il ruolo
dell’informazione è l’elemento fondante della democrazia perché
rappresenta l’anticorpo contro le manipolazioni della realtà.
Tanti giornalisti rischiano
la vita per documentare quel che accade nelle sciagurate guerre ai
confini dell’Europa, in Medio Oriente e altrove. Spesso pagano a
caro prezzo il servizio che rendono alla comunità”
.


Il
CNDDU esprime tutta la sua vicinanza e solidarietà alla famiglia
Sala che vive profondi momenti di angoscia e disperazione da quasi
due settimane; sollecita il governo italiano affinché lavori con la
massima attenzione per riportare nel nostro Paese la giornalista; si
unisce, infine, alla FNSI e alle voci del mondo civile per chiedere
azioni congiunte finalizzate alla liberazione immediata della
giornalista italiana Cecilia Sala.


“Sto
bene, ma fate presto”. Sta bene, Cecilia, ma fate presto.

prof.ssa
Rosa Manco

CNDDU





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