Nel 1968 l’Austria era stato il primo Paese occidentale ad attingere al gas russo. Da ieri non può contare più su questa fonte di energia. L’Ucraina, Paese attraversato dalle condotte di Gazprom, ha deciso di chiudere il rubinetto, lasciando a secco non solo l’Austria, ma anche la Slovacchia e l’Ungheria (che però continueranno a ricevere in parte gas russo attraverso canali alternativi), nonché la Moldavia e la Transnistria (che invece ne rimarranno completamente sprovviste e hanno dovuto tagliare drasticamente i consumi, limitandoli a ospedali e ad altre strutture pubbliche essenziali).
Per chiudere il rubinetto l’Ucraina non ha dovuto far nulla. Il 31 dicembre scadeva il contratto che le imponeva di consentire a Gazprom di trasportare il gas in Austria attraversando il suo territorio. L’Ucraina ha semplicemente deciso di non rinnovare più quel contratto. Perché avrebbe dovuto consentiva alla Russia di continuare a incassare miliardi con cui finanziare la sua guerra di aggressione?
Il gas russo arrivava all’Austria allo snodo di Baumgarten an der March, nella Bassa Austria orientale, a soli due chilometri in linea d’aria dal confine slovacco. Da alcuni giorni si era registrata una riduzione del flusso, che dalle 6 di ieri mattina è cessato del tutto. I media italiani ne hanno dato notizia, sottolineando la dipendenza dell’Austria dalle forniture di Gazprom (che invece non c’è più da un pezzo) ed enfatizzando le difficoltà che ne sarebbero derivate.
In realtà non è così. Quello che nel 2022, all’inizio dell’aggressione russa all’Ucraina, sarebbe stato un “Horroszenario”, oggi non suscita più alcuna preoccupazione. “L’Ucraina – ha dichiarato la ministra per l’energia Leonore Gewessler (Verdi) – aveva annunciato con largo anticipo la decisione di non prolungare il contratto di transito del gas con l’aggressore russo. Noi perciò abbiamo fatto i compiti in casa e ci siamo ben preparati per questo scenario”. La conferma è venuta da Aggm (Austrian Gas Grid Management Ag), la società pubblica che gestisce la rete di distribuzione del gas sul territorio austriaco: “L’Austria era preparata a questa interruzione, per cui la fornitura agli utenti è assicurata”.
Lo scorso anno l’Austria ha consumato gas per equivalenti 76 terawatt/ora. I suoi depositi conservano riserve per 80 terawatt/ora. Questo significa che, quand’anche da oggi l’Austria non riuscisse ad acquistare da altri fornitori nemmeno un metro cubo di gas, potrebbe tirare avanti tranquillamente per almeno un altro anno.
Già ora però l’Austria può contare su altre fonti: dall’Italia, dalla Germania, dal porto di Rotterdam in Olanda (dove arriva il gas liquefatto) per 185 terawattt/ora all’anno. Lo stop del gas russo, dunque, non rappresenta alcun problema. Se anche l’Ucraina non avesse deciso di non concedere più il transito sul proprio territorio a Gazprom, l’Austria vi avrebbe rinunciato comunque.
Un anticipo di quel che è avvenuto ieri lo avevamo segnalato già il 16 novembre scorso. L’Omv (l’Eni austriaca) era ricorsa a un giudizio arbitrale, denunciando Gazprom per irregolarità nelle forniture, e aveva ottenuto soddisfazione: il giudice aveva riconosciuto a Omv il diritto a un risarcimento da Gazprom per 230 milioni. Per tutta risposta, la società russa aveva tagliato le forniture, ma non del tutto, perché attraverso lo snodo di Baumgarten arriva anche il gas destinato ad altri Paesi, tra cui l’Ungheria e la Slovenia. Da ciò la decisione di Omv di rescindere il contratto con Gazprom, la cui scadenza era prevista invece nel 2040.
Per l’Austria, dunque, lo stop di ieri non rappresenta alcun problema e non ha comportato nemmeno variazioni nei prezzi, perché largamente previsto. I problemi invece sono tutti per la Russia, che attualmente esporta in Europa solo l’8% di ciò che esportava prima di far guerra all’Ucraina. L’interruzione del flusso attraverso l’Ucraina farà perdere alla Russia altri 5 miliardi all’anno (fonte Reuter).
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