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L’appello per Cecilia Sala, il caro bollette |
Elisabetta Vernoni, mamma di Cecilia Sala (foto Mauro Scrobogna / Lapresse) |
di Luca Angelini |
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«La situazione di nostra figlia, Cecilia, chiusa in una prigione di Teheran, è complicata e molto preoccupante. Per provare a riportarla a casa il nostro governo si è mobilitato al massimo e ora sono necessari oltre agli sforzi delle autorità italiane anche riservatezza e discrezione. La fase a cui siamo arrivati è molto delicata e la sensazione è che il grande dibattito mediatico su ciò che si può o si dovrebbe fare rischi di allungare i tempi e di rendere più complicata e lontana una soluzione. Per questo abbiamo deciso di astenerci da commenti e dichiarazioni e ci appelliamo agli organi di informazione chiedendo il silenzio stampa». Con queste parole Renato Sala e Elisabetta Vernoni, genitori di Cecilia Sala, pur ringraziando per l’attenzione e la mobilitazione, hanno chiesto di abbassare i riflettori sul caso della giornalista incarcerata a Teheran. Una scelta arrivata dopo aver sentito anche il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano, e che dà l’idea della complessità della partita diplomatica che si sta giocando tra Roma, Teheran e Washington. Perché ormai è pacifico che la sorte della 29enne reporter del Foglio e di Chora Media è legata a doppio filo a quella di Mohammad Abedini Najafabadi, l’ingegnere meccanico iraniano arrestato a Malpensa il 16 dicembre e detenuto a Opera su richiesta degli Usa, che ne chiedono l’estradizione ritenendolo l’«uomo dei droni» dei Guardiani della rivoluzione (che gli Stati Uniti, ma non l’Italia, classificano fra le organizzazioni terroristiche). L’ambasciatrice italiana in Iran, Paola Amadei, ieri è stata convocata al ministero degli Esteri di Teheran, giusto 24 ore dopo che l’ambasciatore iraniano a Roma, Mohammad Reza Sabouri, era stato ricevuto alla Farnesina. La nostra rappresentante diplomatica ha rinnovato al governo di Teheran la richiesta di rilascio immediato di Cecilia Sala oltre al miglioramento delle condizioni della sua detenzione e alla possibilità di effettuare altre visite consolari. Ma Teheran — secondo l’agenzia di stampa iraniana Irna — ha replicato duro. Majid Nili Ahmedabadi, direttore generale per l’Europa occidentale del ministero degli Esteri iraniano, avrebbe protestato formalmente con l’ambasciatrice Amadei per l’arresto di Abedini in Italia, definendolo «un atto illegale che avviene su richiesta del governo degli Usa e in linea con i comprovati obiettivi politici e ostili di questo Paese di tenere in ostaggio i cittadini iraniani in ogni angolo del mondo, imponendo l’attuazione extraterritoriale delle sue leggi interne». Quella di Abedini è, per Teheran, «una forma di detenzione arbitraria». Mentre il diretto interessato fa sapere, dal carcere di Opera, «pregherò anche per Cecilia Sala oltre che per me» e attende l’udienza sulla richiesta di arresti domiciliari, che si terrà il 15 gennaio, fanno discutere le parole dell’europarlamentare di Forza Italia, Massimiliano Salini — non un membro dell’opposizione — che ieri in tv ha eccepito sulla gestione dell’intera vicenda. «Il punto problematico — ha detto Salini — sono i due giorni e mezzo intercorsi tra l’arresto dell’iraniano e l’arresto di Cecilia Sala. In quei due giorni, forse, si sarebbe potuto fare di più». Parole che secondo la vicepresidente del gruppo M5S in Senato, Alessandra Maiorino, lasciano «allibiti»: «Mi chiedo se all’interno dei partiti di centrodestra circolino altre informazioni rispetto a quelle che abbiamo. Forza Italia chiarisca i dubbi. Le parole di Salini lasciano intendere diversità di vedute rispetto all’operato del governo». Luigi Ferrarella fa notare che le scadenze del percorso giudiziario di Abedini (udienza il 15 e decisione entro i 5 giorni successivi, ossia entro il 20 gennaio) si incastrano «tra la visita del presidente uscente statunitense Joe Biden in Italia il 9 gennaio e l’insediamento del successore Donald Trump il 20 gennaio». Ma soprattutto, sottolinea, «un calendario che fa scattare il conto alla rovescia — nei dodici giorni che separano dall’udienza — per le eventuali mosse politico-diplomatiche dei tre Paesi in causa, mosse in linea teorica passibili di incidere positivamente sulla giornalista italiana a condizione che arrivino appunto prima dell’incardinarsi dell’udienza sull’iraniano e del deposito della relativa decisione dei giudici, dopo la quale sarebbe ben più arduo intervenire esternamente. Le tre chance sono che l’Iran faccia il primo passo, rilasciando Cecilia Sala. O che gli Stati Uniti (invece di trasmettere gli atti completi della richiesta di estradizione entro 45 giorni dal fermo dell’iraniano il 16 dicembre scorso) comunichino all’Italia una temporanea sospensione del proprio interesse a coltivare la richiesta di estradizione eventualmente riproponibile in un secondo tempo, il che farebbe intanto cadere la custodia cautelare in Italia di Abedini Najafabadi. O che il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, eserciti la facoltà riconosciutagli dall’articolo 718 del codice di procedura penale in materia estradizionale, in base al quale, mentre la sostituzione del tipo di misura cautelare spetta solo ai magistrati, “la revoca” dell’arresto invece “è sempre disposta” dai magistrati “se il ministro della Giustizia ne fa richiesta”». Lunedì, alle 14, a Palazzo San Macuto, il sottosegretario Alfredo Mantovano riferirà al Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica (Copasir) sulla detenzione in Iran dia Cecilia Sala. Una risposta alle opposizioni, che hanno chiesto di essere informate e coinvolte. Rispettando il silenzio stampa chiesto dai genitori, ieri sia il Partito Radicale che l’associazione dei rifugiati politici iraniani in Italia hanno annullato le rispettive manifestazioni previste la prossima settimana davanti all’ambasciata iraniana a Roma.
Cecilia Sala (foto Ansa) A dicembre il prezzo del gas per i 2,36 milioni di clienti «vulnerabili» del regime tutelato è salito del 2,5%, segnala l’Arera. La variazione è dovuta all’aumento dei prezzi all’ingrosso, che incide sulla spesa per materia prima. Dopo il mancato rinnovo dell’accordo fra Kiev e Mosca per far transitare il gas russo attraverso l’Ucraina, le quotazioni del gas naturale continuano a mantenersi intorno a 50 euro al megawattora alla Borsa di Amsterdam (49,61 euro ieri), il livello più alto da oltre un anno, tanto da spingere il ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin a chiedere un nuovo tetto europeo ai prezzi. Soprattutto perché, secondo gli analisti di Goldman Sachs, nei prossimi mesi il gas potrebbe arrivare a toccare gli 84 euro a megawattora. Una potenziale «mazzata» per le famiglie, ma anche per le imprese italiane, che già pagano l’energia più di molti concorrenti esteri. Oltre a una forma riveduta e abbassata a 50-60 euro del price cap – fissato dall’Ue a 180 euro nel dicembre 2022 – che secondo Pichetto Fratin aveva funzionato come «deterrente» anche se i prezzi del gas non hanno da allora mai raggiunto quel livello, il ministro insiste per il disaccoppiamento del prezzo dell’energia elettrica da quello del gas. Una misura strutturale che richiede però, come evidenzia Enrico Marro, «un aumento della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili in tutta Europa, oltre che un accordo politico non facile da raggiungere». Nel 2023, nella Ue, il 44,7% dell’elettricità è stata prodotta da solare, eolico, idroelettrico e altre fonti rinnovabili. Ma la situazione è molto diversa da Paese a Paese. In Germania, per esempio, più del 60% dell’energia elettrica viene ormai da fonti rinnovabili. In Italia, dopo una forte accelerazione, siamo arrivati, nel primo semestre del 2024, al 43,8% di richiesta di energia coperta da rinnovabili, contro il 34,9% dei primi sei mesi del 2023. E il Pniec (Piano nazionale integrato per l’energia e il clima) del governo prevede l’obiettivo del 65% nel 2030. «Ora però – scrive ancora Marro – l’attenzione è puntata sulle prossime settimane per evitare nuove impennate delle bollette di luce e gas. L’andamento dei prezzi è “monitorato” da vicino, assicurano al ministero. A limitare i danni per le fasce sociali più deboli sono intervenute alcune modifiche approvate in Parlamento alla manovra di bilancio, come quella proposta dal leghista Alberto Gusmeroli, che consentirà, per quanto riguarda la luce, a tutti i clienti vulnerabili (una platea potenziale di 11,5 milioni di utenti) di accedere, fino al 30 giugno 2025, al regime più favorevole delle “tutele graduali”. Se questo sia sufficiente, si vedrà». Anche per Massimo Beccarello, esperto di energia e docente a Milano Bicocca, un tetto al prezzo può servire «nell’immediato per contrastare la speculazione. Poi però bisogna trovare soluzioni strutturali: sviluppare contratti di acquisto europei centralizzati con scadenze a lungo termine. Lo suggerisce il rapporto Draghi». (Sul Corriere di oggi e, a breve, sul sito, i consigli su come ridurre i rincari e scegliere le offerte migliori) Inizio d’anno con caos (politico) in Sardegna: chiesta la decadenza della governatrice M5S Alessandra Todde, che però punta al ricorso e «va avanti nel suo lavoro», come dicono fonti vicine alla presidente sarda. Il collegio regionale di garanzia elettorale contesta la rendicontazione delle spese della campagna elettorale della presidente e, presso la Corte d’Appello di Cagliari, ha dichiarato decaduta dalla carica di consigliere regionale Todde. La decadenza implica indirettamente anche la decadenza dalla carica di presidente della Regione, lo scioglimento del Consiglio e l’indizione di nuove elezioni. «La notifica della Corte d’Appello è un atto amministrativo che impugnerò nelle sedi opportune. Ho piena fiducia nella magistratura e non essendo un provvedimento definitivo continuerò serenamente a fare il mio lavoro nell’interesse del popolo sardo», ha dichiarato Todde in una nota. Da fonti qualificate si assicura che «la presidente è serena» e che «ha già presentato un suo memoriale difensivo». C’è chi sottolinea come l’iter di un eventuale ricorso segua i tempi del tribunale ordinario, con i tre gradi di giudizio. La notizia della decadenza ha fatto scattare le reazioni dell’opposizione, che è già sul piede di guerra e punta a nuove elezioni. «Se la presidente Todde ha barato con le spese elettorali è giusto riandare al voto», dice il vicecapogruppo di FdI in Consiglio regionale, Fausto Piga.
Alessandra Todde, presidente della Regione Sardegna (foto Ansa) I ministri degli Esteri di Germania e Francia, Annalena Baerbock e Jean-Noël Barrot, hanno incontrato ieri a Damasco il nuovo uomo forte del Paese mediorientale, Ahmed al-Sharaa, noto come Al Jolani. Sono i primi esponenti dell’Ue a visitare la capitale siriana, da quando, l’8 dicembre scorso, i ribelli islamisti di Hayat Tahrir al-Sham (Hts) ne hanno preso il controllo, precipitando la caduta del regime di Bashar Assad. «Il viaggio a sorpresa – scrive Paolo Valentino – vuole essere un segnale di cauto ottimismo mandato al nuovo potere. Ma inizia con il piede sbagliato, nel momento in cui Al Jolani si è rifiutato di stringere la mano alla ministra Baerbock», mentre l’ha stretta a Barrot (qui il video). Uno sgarbo nel quale Valentino vede «il riflesso condizionato di un nuovo regime, che non riesce a celare la sua pulsione islamica e fondamentalista». Anche se l’Alta rappresentante per la politica estera Ue, Kaja Kallas, ha scritto su X che Baerbock e Barrot erano a Damasco «in rappresentanza dell’Ue e a mio nome», tutto lascia pensare che si sia trattato di un’iniziativa decisa in autonomia da Berlino e Parigi. Ennesima conferma di quanto sia difficile far parlare l’Ue, in politica estera, con una voce sola.
L’intervista di Fiorenza Sarzanini alla premier Giorgia Meloni su 7. Il retroscena di Francesco Verderami sullo scetticismo sul destino del premierato. «Le ragioni sono politiche anche se vengono celate dietro problemi di calendario». L’editoriale di Goffredo Buccini «L’Europa può ancora sognare». L’intervento di Carlo Vulpio sui 2.200 migranti annegati nel Mediterraneo nel 2024. Più di 400 erano bambini. Il ritratto di Paolo Lepri del giornalista Oleksiy Pasyuga, che distribuisce, sotto le bombe, copie di un settimanale a Velyka Pysrarivka un villaggio ucraino nel distretto di Sumy, a soli tre chilometri dal confine con la Russia. L’articolo di Paolo Virtuani sulle «mucche a basse emissioni». Grazie per aver letto Prima Ora e buon fine settimana (Questa newsletter è stata chiusa all’1.30) Le nostre mail: gmercuri@rcs.it; langelini@rcs.it; etebano@rcs.it; atrocino@rcs.it |
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