Adista News – Dai cattolici genovesi un appello per la riconversione delle fabbriche di armi

Effettua la tua ricerca

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#finsubito

Contabilità

Buste paga

 


Tratto da:

Adista Notizie
n° 1 del 11/01/2025

42092 GENOVA-ADISTA. Importante presa di posizione per la pace da parte delle associazioni cattoliche genovesi le quali, a partire dalla evidente constatazione che le guerre si fanno con le armi, lanciano un appello alla riconversione industriale delle fabbriche che producono armamenti, soprattutto quelle presenti nel territorio ligure.

Prestito condominio

per lavori di ristrutturazione

 

Questo anno giubilare è «un tempo opportuno» per «denunciare una diffusa cultura di guerra, una egemonia culturale che giustifica, finanzia e alimenta le guerre, soffocando l’aspirazione dei popoli alla pace», scrivono le associazioni firmatarie del documento che rappresentano una buona parte della Chiesa genovese (fra le altre Caritas diocesana, Azione cattolica, Cvx-Comunità di vita cristiana, Movimento dei focolari, Fondazione Auxilium, Masci Liguria, Centro italiano femminile, suore missionarie di Nostra Signora degli apostoli di Genova). «Le guerre in corso – prosegue il documento, pubblicato anche dal settimanale diocesano di Genova, Il Cittadino –, che si trascinano da troppo tempo allargandosi in modo preoccupante, incapaci di individuare spazi di dialogo e di negoziati per comporre le controversie, coinvolgono uomini, donne, bambini che gridano al cospetto di Dio.

Le associazioni ricordano l’articolo 11 della Costituzione italiana, che «ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli», ma anche «come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali». Quindi bisognerebbe fare il contrario di quello che si fa: impegnarsi nel negoziato.

Le guerre (sono 56 i conflitti che attualmente si combattono nel mondo) alimentano una «sovrapproduzione di armamenti», come dimostrano i dati dell’Osservatorio MIL€X: «Nel 2016 il budget era di 9.423 milioni di euro. Nel 2021 era di 24.541 milioni di euro. L’aumento decennale è stato quasi di 11,9 miliardi (+ 61% in 10 anni). Se scorporiamo i costi complessivi per i nuovi armamenti l’aumento è da capogiro. Si spendevano 7,3 miliardi euro nel 2021, nel 2025 si arriverà a 13 miliardi con un aumento del 77%». E in Italia, negli ultimi cinque anni, c’è stato un incremento del 77% nella produzione di nuovi e sempre più micidiali armamenti. «Non possiamo far finta che questo non ci riguardi, anche per la presenza nel territorio della nostra regione di realtà industriali che si stanno sviluppando in modo esponenziale proprio per il clima creato dalle guerre in corso – denunciano le associazioni –. Il silenzio di fronte a questi fatti diventa un atteggiamento complice e corresponsabile».

Produrre e commerciare armi è una pazzia

Dilazioni debiti fiscali

Assistenza fiscale

 

Sul tema della produzione degli armamenti, si legge ancora nel documento, «il pensiero della Chiesa negli ultimi cinquanta anni è preciso e chiaro: la corsa agli armamenti subisce “una condanna senza riserve” e viene definita “un pericolo, un’ingiustizia, un errore, una colpa e una pazzia”». Sono numerosi i documenti pontifici e le affermazioni dei papi che esprimono questa condanna, e che le associazioni cattoliche genovesi richiamano. La Pontificia Commissione Iustitia e Pax (La Santa Sede e il disarmo, 3 giugno 1976), per esempio, declina la condanna «“nel nome della pace che la corsa agli armamenti non assicura”, nel nome della morale naturale e dell’ideale evangelico, in quanto non sussiste una proporzione tra il danno causato e i valori che si intendono salvaguardare, essendosi il fine della difesa trasformato in aggressione e perdendo in tal modo la sua legittimità».

Il Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace (Il commercio internazionale delle armi. Una riflessione etica, 1994) spiega che il commercio di armi pone gravi problemi etici e ricapitola i principi morali in materia: il primo è il no alla guerra quale strumento per la soluzione dei problemi politici, economici o sociali; il secondo riconosce il diritto alla legittima difesa che tuttavia non è un «diritto assoluto»; il terzo è «il dovere di aiutare l’innocente», da cui deriva la cosiddetta «ingerenza umanitaria». Infine il principio della «sufficienza», basato sul rapporto tra il diritto alla difesa in armi di ciascuno Stato e la quantità di armi posseduta. «È quindi chiaro – aggiungono le associazioni – che il trasferimento in armi non può essere considerato un bene come tutti gli altri».

Benedetto XVI, in occasione del suo viaggio in Libano nel 2012, ha affermato che «il commercio delle armi è un peccato grave». Papa Francesco, nel recente messaggio per il quarantesimo anniversario del trattato di pace tra Argentina e Cile (25 novembre 2024), ha ribadito: «Voglio evidenziare l’ipocrisia di parlare di pace e giocare alla guerra. In alcuni Paesi dove si parla molto di pace, gli investimenti che rendono di più sono sulle fabbriche di armi. Questa ipocrisia ci porta sempre a un fallimento. Il fallimento della fraternità, il fallimento della pace».

Siamo «consapevoli che molto lavoro nel nostro Paese, e specificamente nella nostra regione, viene generato con l’esportazione di armi», spiegano le associazioni, tuttavia riteniamo «necessario e urgente un impegno ad una riconversione industriale perché si possa gradualmente abbandonare questo mercato di morte senza conseguenze occupazionali». Così come, «consapevoli che le parole e i gesti non sono indifferenti ma hanno il potere di distruggere o di costruire, di creare un nemico o un fratello, riteniamo urgente una educazione alla pace e alla nonviolenza a partire dalle nostre associazioni e dalle realtà cattoliche, dalle scuole e dai luoghi delle decisioni pubbliche. Se vuoi la pace, prepara la pace». 

Sconto crediti fiscali

Finanziamenti e contributi

 

*Foto presa da Unsplash, immagine originale e licenza 

Adista rende disponibile per tutti i suoi lettori l’articolo del sito che hai appena letto.

Adista è una piccola coop. di giornalisti che dal 1967 vive solo del sostegno di chi la legge e ne apprezza la libertà da ogni potere – ecclesiastico, politico o economico-finanziario – e l’autonomia informativa.
Un contributo, anche solo di un euro, può aiutare a mantenere viva questa originale e pressoché unica finestra di informazione, dialogo, democrazia, partecipazione.
Puoi pagare con paypal o carta di credito, in modo rapido e facilissimo. Basta cliccare qui!

Condividi questo articolo:

Dilazioni debiti fiscali

Assistenza fiscale

 





Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link