Quale rapporto tra spettatore e opera? In un luogo sospeso tra tradizione e futuro, l’arte interagisce con l’intelligenza artificiale.
Il 30 novembre 2024 è stato inaugurato l’Atelier Digitale, progetto che unisce arte e intelligenza artificiale, nato nel 2023 da un’idea di Marco Bagnoli e sviluppato dall’Associazione Spazio X Tempo con il sostegno del PNRR – Next Generation EU. L’obiettivo? Trasformare il modo in cui l’arte viene percepita e vissuta, superando la fruizione tradizionale per approdare a un’esperienza interattiva e immersiva.
Due capolavori emblematici dell’artista, Come figura d’arciere (1993) e Colui che sta (1992-2004), sono stati scansionati in 3D e riprodotti in altissima definizione. Queste repliche digitali, collocate accanto agli originali nella suggestiva Sala Alchemica, non si limitano a riproporre l’opera: grazie a un avanzato sistema di intelligenza artificiale, rispondono alle domande dei visitatori in tempo reale e in diverse lingue. Il pubblico può interrogare le opere sul loro significato, sul processo creativo e sulle scelte dell’artista, vivendo un dialogo che arricchisce la comprensione.
Un team di eccellenze per una visione multidisciplinare
Il progetto ha coinvolto un team guidato dal professor Alberto Del Bimbo, esperto di intelligenza artificiale e computer vision dell’Università di Firenze, e dal critico d’arte Marco Bazzini. Il MICC (Media Integration and Communication Center) dell’università ha sviluppato tecnologie avanzate per la visione artificiale e il riconoscimento vocale, basandosi su modelli linguistici evoluti come ChatGPT, personalizzati con informazioni specifiche sulle opere di Bagnoli. Grazia Tucci, celebre per il clone del David di Michelangelo esposto a Dubai, ha curato la scansione 3D, creando un archivio digitale che raccoglie immagini, video e audio delle opere, consultabile online da studiosi e appassionati.
Spettatore – Opera.
L’Atelier Digitale propone così una nuova struttura di relazione con l’arte che si svolge attraverso dispositivi digitali efficaci e pervasivi. La nuova forma di relazione è la connessione virtuale, che accompagna l’approccio solitario di chi decifra il valore dell’opera. Inoltre, questa tecnologia permette di estendere l’opera oltre i confini fisici dell’atelier: possiamo interrogarla qui e nello stesso momento osservarla, in 3D, dall’altra parte del mondo.
L’intelligenza artificiale, nel contesto artistico, sembra spesso ridursi a un dispositivo che fa ciò che già sappiamo fare: un ufficio stampa delle idee, capace di sintetizzare informazioni e replicare modelli esistenti. A livello filosofico, questo pone un problema: può davvero un sistema costruito per spiegare nozioni o elaborare dati impersonali offrire approdi emozionali significativi che l’opera di per sé non può trasmettere? Per molti, la risposta è negativa. L’arte non è solo funzione; è esperienza, intuizione, mistero. L’IA, invece, rischia di appiattire il percorso creativo, trasformandolo in un processo esclusivamente logico e privandolo della dimensione umana del dubbio e dell’errore, spesso motori di scoperta e innovazione. Ma in questo apparente paradosso risiede il contributo dell’artista: non utilizzare l’IA come fine, ma come mezzo per continuare la sua indagine sui temi contemporanei.
L’intelligenza artificiale diventa così una lente attraverso cui riflettere, un dispositivo che amplifica il dialogo anziché sostituirlo. L’IA non è vista come un’entità autonoma che crea, ma come uno strumento che, attraverso la sua freddezza analitica, permette di mettere in risalto il calore e la complessità dell’umano. Il risultato è uno spazio creativo che non abdica alla sua vocazione originale, ma la rinnova, lasciando una traccia nel sistema del contemporaneo.
L’Atelier Marco Bagnoli si conferma luogo di indagine, capace di confrontarsi con i temi del presente senza perdere la propria cifra. L’artista non rinuncia ai suoi principi fondanti: la misura rimane un parametro, la mistica una tensione verso l’invisibile, la metafisica una ricerca di senso oltre il tangibile, e il mito una narrazione che unisce il passato al futuro. Così facendo, il suo lavoro non si limita a commentare l’uso dell’IA, ma contribuisce a definire un nuovo paradigma in cui la tecnologia non è il centro del discorso, bensì un elemento di riflessione all’interno di un sistema che rimane irriducibilmente umano. E in questo equilibrio tra antico e nuovo, tra mistero e calcolo, si conferma la sua capacità di tracciare sentieri innovativi, segnando la contemporaneità con la forza inconfondibile della sua visione.
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