Nuova carovana in Messico e molta incertezza

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Di: Laura Daverio (da Città del Messico) 

A meno di 48 ore dal nuovo anno, una carovana di circa 1’500 migranti, provenienti principalmente da Venezuela, Guatemala, El Salvador, Perù ed Ecuador, è partita dal sud del Messico. Tuttavia, le possibilità di raggiungere la frontiera con gli Stati Uniti sono minime, poiché le autorità messicane stanno frammentando i gruppi e intensificando i rimpatri, riducendo gli arrivi al confine per evitare tensioni con Donald Trump. Il presidente eletto, che entrerà in carica il 20 gennaio, ha minacciato dazi del 25% sulle merci messicane e promesso espulsioni di massa di migranti irregolari.

Le dichiarazioni di Trump sono di grande impatto, hanno implicazioni profonde nella regione, ma sono estremamente generiche. Si stima che negli Stati Uniti vivano oggi oltre 11 milioni di stranieri con uno status migratorio illegale. Molti lavorano e pagano le tasse. Interi settori dell’economia si basano sulla manodopera illegale, soprattutto nell’America rurale che ha votato per Trump. Espellere milioni di persone richiede un investimento di risorse finanziarie, di personale e strutture difficili da immaginare.

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Le espulsioni fanno parte del processo migratorio, non è raro incontrare migranti che ritentano il viaggio dopo essere stati rimpatriati. Il problema sono i numeri. Messico, El Salvador, Honduras, Guatemala, Venezuela, Ecuador, Haiti sono i Paesi da cui parte la maggioranza dei migranti e non hanno le strutture per ricevere migliaia di persone alla volta, sempre che questi siano i piani. Si aggiunge poi il fatto che i migranti che cerano di rifarsi una vita negli Stati Uniti fuggono da violenza o estrema povertà, condizioni che ritrovano al rientro, dove non ci sono posti di lavoro e stabilità ad attenderli. C’è poi un importante aspetto economico, quello delle rimesse che i migranti continuano a inviare dall’estero, un pilastro non solo nell’economica familiare, ma anche di quella di interi Paesi.

Preparandosi per il peggio, il Messico ha aumentato il personale nelle rappresentanze diplomatiche negli Stati Uniti e dal 6 di gennaio renderà operativa una app con un “bottone” di allarme. Se cliccato in caso di imminente detenzione, manderà messaggi al consolato più vicino e ai familiari registrati. La presidente Claudia Sheinbaum ha cambiato posizione sui migranti di Paesi terzi, aprendo la possibilità di accettarli in Messico, anche se non si sono specificate le modalità. Non è raro che gli Stati Uniti mandino i migranti oltre il confine indipendentemente dalla nazionalità, a volte non è facile stabilirla e Paesi come Cuba e Venezuela spesso non accettano voli diretti dagli Stati Uniti, ma solo dal Messico. Il problema sono sempre i numeri e la velocità delle operazioni.

Il Guatemala è stato tra i più pro-attivi nel prepararsi a ricevere migranti, avendo già incontrato Marco Rubio e il team di transizione. Il Paese lo scorso anno ha ricevuto il numero record di espulsioni di quasi 62’000 migranti.

La presidente dell’Honduras ha condannato le espulsioni di massa, ricordando il ruolo economico che giocano i migranti negli Stati Uniti. Ha poi aggiunto che se dovessero concretizzarsi, si riserva di espellere a sua volta il personale militare statunitense che oggi è stazionato nelle basi del Paese.

Panama, un punto cruciale per il transito dei migranti, ha registrato una drastica diminuzione del flusso migratorio del 41% nell’ultimo anno. Da qui partono anche voli di rimpatrio per impedire l’arrivo dei migranti alla frontiera. Recentemente, Trump ha criticato le tariffe del Canale di Panama, minacciando di riprenderne il controllo, suscitando allarme e ferendo l’orgoglio nazionale di un Paese che ha a lungo combattuto per il pieno controllo del proprio territorio.

Gli Stati Uniti dominano il panorama regionale, ma rischiano di alienare numerosi alleati. Espellere migranti non risolve le cause della migrazione e Washington necessita della cooperazione dei Paesi di origine e di transito per cercare di gestire i flussi migratori. Lo stesso vale per la lotta alla droga e al crimine organizzato, che controlla le rotte migratorie.

A questo si aggiunge l’ambizione di Washington di tenere lontana la Cina, la cui influenza continua ad avanzare nella regione. Il più numeroso gruppo di paesi che mantiene le relazioni diplomatiche con Taiwan si trova proprio tra l’America Centrale e i Caraibi. A dimostrazione del cambiamento dei tempi, l’Honduras ha aperto le relazioni diplomatiche con Pechino nel 2023, il Nicaragua nel 2021, El Salvador e la Repubblica Dominicana nel 2018, Panama nel 2017.



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