REPORT – Il volume d’affari delle mafie italiane si aggira attorno ai 40 miliardi di euro l’anno. Una cifra spaventosa che vale praticamente due punti di Pil. Effettuando una comparazione, puramente teorica, il fatturato dell’industria del crimine risulterebbe essere al quarto posto a livello nazionale, dopo quello registrato dall’Eni (93,7 miliardi di euro), dall’Enel (92,9 miliardi) e dal Gestore dei Servizi Energetici (GSE) (55,1 miliardi). E’ quanto emerge dal report del Centro studi della Cgia Mestre. Ecco i dati anche a livello regionale.
di Sandro Renzi
Il volume d’affari delle mafie italiane si aggira attorno ai 40 miliardi di euro l’anno. Una cifra spaventosa che vale praticamente due punti di Pil. Effettuando una comparazione, puramente teorica, il fatturato dell’industria del crimine risulterebbe essere al quarto posto a livello nazionale, dopo quello registrato dall’Eni (93,7 miliardi di euro), dall’Enel (92,9 miliardi) e dal Gestore dei Servizi Energetici (Gse) con 55,1 miliardi. E’ quanto emerge dal report del Centro studi della Cgia Mestre. Si tratta, peraltro, di dati sottostimati perché non è possibile misurare i proventi riconducibili all’infiltrazione di queste realtà nell’economia legale.
Nell’orbita della criminalità organizzata ci sono 150 mila imprese italiane. Elaborando i dati dell’Unità di Informazione Finanziaria (Uif) della Banca d’Italia, la Cgia ha potuto mappare il numero delle imprese presenti in Italia «che potenzialmente sono contigue a contesti di criminalità organizzata. Oltre alle segnalazioni ricevute, la Uif ha incrociato anche gli scambi informativi acquisiti dalla Direzione Nazionale Antimafia e dall’Autorità giudiziaria. Grazie a questo mix di dati è stato possibile censire almeno 150mila imprese che potrebbero essere potenzialmente controllate o collegate a vario titolo alle organizzazioni criminali di stampo mafioso». Napoli, Roma, Milano, Caserta e Brescia le realtà più a rischio. «Analizzando la diffusione territoriale delle aziende in “odor di mafia”, scorgiamo che le attività più a rischio sono quelle presenti nelle grandi aree metropolitane. A Napoli, ad esempio, sarebbero quasi 18.500, a Roma poco più di 16.700 e a Milano sfiorano le 15.650 unità».
Ma quali sono gli ambiti criminali in cui le mafie fanno business? Narcotraffico, traffico d’armi, smaltimento illegale dei rifiuti, appalti pubblici, scommesse clandestine, gioco d’azzardo, usura, contrabbando di sigarette e prostituzione. Tra le attività esercitate da queste consorterie malavitose, le estorsioni sono quelle più remunerative e le vittime di questo reato sono, quasi esclusivamente, imprenditori. Non è un caso che le denunce per estorsione siano cresciute più di quelle per altri reati. «Negli ultimi dieci anni, infatti, i delitti denunciati dalle forze di polizia all’Autorità giudiziaria per estorsione sono aumentati del 66,2%, mentre il complesso di tutti i delitti denunciati sono scesi del 19 per cento» si legge ancora nel report della Cgia. Il fenomeno estorsivo si sta diffondendo senza ricorrere più a minacce esplicite o all’uso della violenza, ma cercando una specie di “complicità” con le vittime «imponendo, ad esempio, l’assunzione di personale o fornendo altre tipologie di servizi e forniture. Oppure, proponendo alle imprese soluzioni “condivise” con reciproci vantaggi, come l’attività di fatturazione per operazioni inesistenti, ove le vittime devono corrispondere in contanti anche l’importo dell’Iva che poi deve essere versata all’erario dal committente. Consentendo così a quest’ultimo di onorare l’adempimento fiscale e al contempo di occultare la richiesta estorsiva di denaro». In termini complessivi, è il Mezzogiorno con 3.877 denunce l’area del Paese che nel 2023 ha registrato il più alto numero di denunce, seguito dal Nord-ovest con 2.945, il Centro con 2.573 e il Nord-est con 2.043.
Nelle Marche le denunce sono cresciute in dieci anni del 31,7% passando da 167 a 220. A livello provinciale tutte le cinque province fanno registrare un incremento di denunce negli ultimi due lustri. Quella di Fermo (+18,2%) passando da 22 a 26. Quella di Pesaro Urbino (+51,4%) passando da 35 a 53, quella di Macerata (+22,5%) da 40 a 49, la provincia di Ancona (+30,6%) da 49 a 64 e infine la provincia di Ascoli (+28,6%) da 21 a 27 denunce. L’altro dato che preoccupa è quello relativo alla stima delle imprese che potenzialmente sono connesse a contesti di criminalità organizzata: nel Fermano il dato si attesterebbe a 281 su un totale di 16.944 imprese, per una percentuale che può variare tra l’1 ed il 2%. Percentuali analoghe per le altre quattro province marchigiane in rapporto al numero delle imprese che vi operano. Ma se guardiamo al dato assoluto regionale ci sarebbe di che preoccuparsi: 2.183 aziende che sono a rischio infiltrazione criminalità.
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