Riceviamo e pubblichiamo una nota a firma dell’ex politico e ora imprenditore vinicolo brindisino, Carmine Dipietrangelo, sul possibile riconoscimento di Brindisi come “città di identità”, denominazione recentemente stabilita dal Ministero dell’Agricoltura.
Si chiameranno “città di identità” e potranno vantare la disponibilità nel loro territorio di prodotti agroalimentari di eccellenza. Per accedere a questo titolo dovranno rispondere ad alcuni requisiti, come la produzione di prodotti a denominazione di origine (ad esempio Dop e Igp) oppure un’ampia presenza di produzioni biologiche.
Condizioni che sono specificate sulla Gazzetta Ufficiale numero 303 del 28 dicembre, dove è pubblicato il decreto del Ministero dell’Agricoltura (Masaf) che istituisce questa nuova figura delle “città di identità”.
Dopo il riconoscimento dell’Unesco dell’Appia antica, la candidatura a città della cultura 2027, un’altra occasione per Brindisi per diventare anche “Città di identità”. Ha tutti i requisiti e prodotti agricoli di eccellenza, richiesti dall’articolo 3 del decreto, per diventarla. Ha un una Denominazione d’origine protetta (Dop) per i vini prodotti nel suo agro così come ha una Indicazione geografica protetta (Igp) per il carciofo che si chiama appunto brindisino.
Brindisi deve, però, recuperare e credere nelle sue potenzialità agricole e soprattutto vitivinicole e alla sue eccellenze agricole. Innanzitutto la vitivinicoltura brindisina esprime modernità e innovazione. Parlo di questa perché la conosco e la pratico anche in maniera biologica.
Ben 2.600 ettari dell’agro cittadino (il 30 percento della superficie agraria provinciale dove si produce uva da vino), tra vecchi e nuovi impianti, sono coltivati a vigneto per uve da vino. Assieme ai 960 ettari dell’agro di Mesagne costituiscono la zona della Dop Brindisi (una delle poche città che dà il proprio nome ad una Dop)
Un progetto-obiettivo potrebbe essere quello di lavorare per creare il brand Brindisi “Città di identità” attorno al rapporto città, campagna, mare unendo le separazioni sedimentatesi e diventate, in alcuni momenti della storia, della vita e della sua economia, vere e proprie contrapposizioni. La fase di uno sviluppo calato dall’alto è in via di esaurimento e richiede un ripensamento a cui ognuno deve dare il suo contributo anche per evitare di continuare a far vivere settori e protagonisti da “separati in casa”.
Il vino di Brindisi ha un valore. Attorno alla vitivinicoltura brindisina è possibile ri/creare un interesse anche per far scoprire un territorio che da millenni produce vino. Il vino è certamente il prodotto che più di ogni altro fa scoprire territori, crea economia, valorizza specificità e caratteristiche, dà identità come richiede il decreto appena pubblicato.
La vitivinicoltura è il settore che può essere il simbolo di una storia ma anche una parte importante di un futuro e di uno sviluppo più sostenibile.
La vitivinicoltura brindisina è storia, è cultura, è economia e come tale può diventare un collante per unire e per dare una identità.
Il nostro vino con il cibo di mare e di terra rappresentano un unicum e un enorme potenziale per una enogastronomia di successo che con la città, i suoi monumenti, il suo paesaggio agricolo, la sua costa può rappresentare un forte attrattore turistico e culturale. Il vino è e sarà sempre più identitario del territorio. Brindisi e’ un nome ed anche un territorio che produce una dop che ha il suo nome. So di ripetere idee,progetti,suggestioni che ho già scritto. Ma insisto.
Conquistare la città a queste sue potenzialità e creare attorno al vino e a ciò che rappresenta una conoscenza e una cultura diffusa oltre che una nuova economia.
Un’idea di città come quella di Brindisi che va riscoperta e che potrebbe essere rappresentata, per esempio, attraverso “un viaggio” che parte dal bicchiere (vino di negroamaro e di susumaniello da degustare a partire da enoteche , vinerie e ristoranti), attraversa il territorio e il paesaggio, passa dalle cantine ed arriva alla cultura (storia, tradizione, ricerca, innovazione).
Il negroamaro brindisino come altri vitigni autoctoni (susumaniello innanzitutto) hanno la loro specificità (sentono il clima del mare) ed hanno tutte le potenzialità per imporsi con una propria identità.
L’identità del vino ha un valore paesaggistico, economico e non è solo un racconto da comunicare. L’identità è un percorso che affonda le radici nel passato e che si apre al futuro.
Brindisi, terra di antichi vigneti, alcuni dei quali ancora oggi si estendono sui terreni attraversati dai tracciati delle vecchie strade dell’Appia e della Traiana, ha un passato e un futuro nel settore.
Diventare “Città di identità” è anche un contributo per arricchire ulteriormente la proposta di candidatura di Brindisi a città della cultura 2027 e per partecipare con questa identità alla stessa gestione della parte terminale dell’Appia antica.
Spetta adesso al sindaco e alla sua amministrazione cogliere e non perdere questa occasione che può dare un altro contributo per unire o ricucire la storia e la economia dí Brindisi dandole una identità.
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