«CHI NON COMUNICA I DATI FISCALI OSCURATO DALLE PIATTAFORME» – Rete Gargano

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In questo 2024 appena concluso e or più in questo nuovo anno, più il Cin (il Codice identificativo Nazionale per tutte le strutture destinate uso turistico e che è appena entrato rigore), più che la recente stretta Viminale sull’accoglienza e il riconoscimento obbligatori degli ospiti, che sta falcidiando B&B a nero, “-pollaio e case vacanze degli orrori si chiama «Dac7» e colpisce nel portafogli. È, infatti, la sigla della Di­rettiva europea che impone alle aziende digitali, come Airbnb e Booking, di cogliere e comunicare all’Agenzia e entrate tutte le informazioni fi­scali di chi pubblica un annuncio o pone alloggi in locazione e ne riceve i proventi tramite la piattaforma, spiega alla Elia Rosciano , oltre che esperto di Diritto penale commerciale e tributario, è presidente della federazione nazionale della Associazioni Ricettività Extralberghie.Il 2024 è l’anno di avvio del Dac7. «È il primo anno completo di tutte le informazioni – spiega Rosciano – Quindi io ho il mio annuncio su Booking e devo comunicare il codice fiscale o la partita Iva e anche estremi catastali. E, quindi, dall’anno scorso l’Agenzia delle entrate lo sa già quanto si incassa. Conosce tutti i corrispettivi versati a quella persona e anche con riferimento allo specifico estremo catastale. Ed è questo che batterà il “nero”, perché se non si inseriscono questi dati, l’annuncio è oscurato in quanto ci sono sanzioni anche per i portali».

Mi pare ottimista sugli effetti di questa direttiva.

Lei lo sa i romani quali punizioni prediligevano? Le pene pecuniarie. Avevano capito che ciò che brucia più di tutto sono i denari».

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 Lei quando ha iniziato questa attività?

«Nasco penalista, ho sempre fatto il Penale commerciale e tributario e mi sono sempre occupato di aziende. Poi, 17 anni fa, ho aperto con mia moglie il B&B. Abbiamo convertito il nostro studio in B&B. Non esisteva neppure Airbnb e quando un amico, che aveva un hotel a Ischia, mi disse che c’era questa cosa nuova, americana, io pre­si tempo, aspettai un mese. Quando mi iscrissi sulla piattaforma, a Napoli ce n’erano 51 oltre me. Se ci pensiamo oggi è la dimostrazione che il mondo cambia, perché io all’epoca pensai che 51 concorrenti erano un’enormità. Il mondo cambia, cosa che non capisce Federalberghi. All’epoca a Napoli non veniva nessuno. Ora – dice il profes­sionista partenopeo – a Napoli si parla di overtourism (l’eccesso di turisti che supera la massima capacità ricettiva di una destinazione; ndr), ma anche prima a Natale non si camminava. Però venivano i pugliesi. Turisti di un giorno, anche da Molise, Abruzzo e Basilicata. Prendevano una pizza fritta e andavano via la­sciando un gran spor­co».

Ancora oggi arriva­no con i pullman.

«Sì ma oggi molti si la­mentano dell’overtourism e non capiscono che non sono gli stanziali, quelli che si fermano due o tre giorni, ma sono sempre quelli dei pullman».

Lei pensa che non esista il fe­nomeno dell’overtourism?

«Esiste per colpa della politica. Cioè, mentre all’estero devono costruire le destinazioni turistiche, noi no. Chi al mondo ha Ercolano o Polignano? Nes­suno. Qua devono venire».

E quindi?.

«Non si fa destagionalizzazione, non si decomprimono le grandi destinazio­ni. Pensi ad Alberobello. Non ha nei dintorni posti che meritano di essere scoperti? E finora cosa hanno fatto per fare reti? Se il centro lavorasse da hub tutto si decomprimerebbe».

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E secondo lei è responsabilità so­lo della politica oppure è anche una responsabilità degli opera­tori? Anche gli operatori potreb­bero fare rete e organizzarsi o no?

«Sotto questo punto di vista forse c’è anche una responsabilità, ma io parlo di politica in quanto amministratore pubblico, e che spesso non ha una visione ampia, e poi di politica con la “p” maiuscola, cioè la capacità del cittadino di fare politica. Quindi an­che molta parte imprenditoriale ha una qualche responsabilità. L’im­prenditoria italiana è caratterizzata dalla scarsa capacità di fare lobbying, che per noi ha un’accezione negativa, invece è il sale della vita».

Che ne pensa del Cin e perché ci sono così tante strutture che non ce l’hanno in aree come il Sa­lento?

«Il rilascio non dipende dalle strut­ture ma dal rapporto Regione-Mini­stero. Se sto a Lecce e faccio la pratica, sono già censito da Comune e Regione. Poi però la Regione deve conferire il

dato al Ministero che, a sua volta, rilascia il Cin. Quindi se tante strut­ture registrate sono senza Cin vuol dire che stanno aspettando che Re­gione e Ministero facciano il loro do­vere. Quello che si può rimproverare agli operatori è che sul sito del Mi­nistero, se non trovi la tua struttura, c’è il bottone “segnala la struttura mancante”. Quindi la percentuale di Lecce è da capire. Guardi che la Puglia è la seconda regione d’Italia per strut­ture registrate. È una regione fortis­sima».

«L’extralberghiero – conclude – non soltanto è importante perché paga le tasse, è importante perché per molti giovani è un faro nel buio della di­soccupazione. Potersi occupare della propria casa e far riscoprire i luoghi è importante. Inoltre, l’extralberghiero non consuma suolo e permette di conservare il patrimonio edilizio che già c’è. Soprattutto in regioni bellissime come Puglia e Basilicata, aiuta a pre­venire o ripara lo spopolamento e non deturpa l’ambiente».

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