Cosenza, la rottura con la piazza e il punto di non ritorno dell’avventura di Eugenio Guarascio

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COSENZA Comunque la si pensi sulla sua avventura ultradecennale nel mondo del calcio, non c’è alcun dubbio sul fatto che il rapporto tra l’imprenditore lametino Eugenio Guarascio e la Cosenza non solo pallonara, sia ormai giunto ai minimi storici e abbia toccato, probabilmente, un punto di non ritorno. Basta fare un giro in città o sui social network per capire di cosa stiamo parlando. Da settimane, poi, accade un “magico” fenomeno di sparizione sistematica dei commenti sotto ogni post, anche il più innocuo, della società. Tutti naturalmente, di dissenso verso il patron.
Inutile elencare gli eventi che hanno portato a una divisione tanto netta tra le due parti, ne ricordiamo soltanto uno, l’ultimo in ordine di tempo: la decisione, poi rientrata per le veementi proteste dei tifosi, di aumentare il costo dei biglietti (in special modo dei settori popolari) del derby dello scorso 26 dicembre. A ciò bisogna aggiungere poi la notizia pubblicata nei giorni scorsi dal Quotidiano del Sud, e mai smentita dai diretti interessati, di un serio interessamento al club silano (con rilevante offerta) di una cordata di imprenditori vicini a un fondo arabo.
Persino chi, negli anni, si è sempre schierato dalla parte di Guarascio sbandierando una alternativa imprenditoriale assente e successi misti a fortuna spacciati come un vanto, pare aver saltato il fossato allineandosi apertamente con chi chiede a gran voce una rivoluzione societaria. Ad oggi, però, con il Cosenza calcio ultimo in classifica a quota 17 punti e, davanti a sé, poco meno di un girone di ritorno per racimolarne circa 27 che forse serviranno a raggiungere il playout salvezza, in fondo al tunnel non si intravede ancora nessuno spiraglio di luce.
Ormai è noto che la situazione economica del club, tra punti di penalizzazione, debiti e rivendicazioni di chi invoca le spettanze arretrate (come ad esempio gli steward dello stadio), non è delle migliori e l’addio, ufficialmente per motivi di salute – ma in pochi sembrano crederci -, del direttore generale Giuseppe Ursino alla vigilia di Natale, sembra essere un segnale chiaro di ciò che l’ambiente rossoblù sta attraversando.
A mercato di riparazione avviato (la conclusione è fissata per il 3 febbraio) la società, così come accaduto l’estate scorsa, non sembra nelle condizioni di poter garantire al tecnico Massimiliano Alvini calciatori di qualità capaci di ribaltare un destino che per i più, bookmakers in testa, è già segnato con la retrocessione della squadra in serie C.
Dunque cosa fare per invertire bruscamente la rotta? Difficile, se si esclude una immediata conclusione favorevole della trattativa in corso con conseguente (fantacalcio?) campagna acquisti di spessore, comprenderlo. Di certo, di questo passo, sarà complicato affidarsi al solito miracolo sportivo in grado di salvare una categoria ambitissima qual è la B e una società che da sette anni a questa parte non è mai stata capace di elevarsi per meritare cotanto prestigio. Un’elevazione organizzativa che avrebbe dovuto comprendere anche un settore strategico come quello della comunicazione, mai realmente curato a dovere. L’esempio più lampante riguarda questi giorni di silenzio surreale, decisioni mai spiegate (come, ad esempio, la mancata iscrizione della squadra femminile al torneo di serie C) o dichiarazioni poco ragionate, e poi provocazioni e censure social indiscriminate che non fanno altro che inasprire ulteriormente, se mai fosse possibile, gli animi.
La sensazione è che la contestazione della tifoseria silana non pare interessare veramente chi occupa le stanze dei bottoni, anzi, le parole dell’amministratore unico Rita Rachele Scalise pronunciate dieci giorni fa al termine di Cosenza-Catanzaro («Ci auguriamo che nel 2025 siamo tutti più uniti nel rispetto di tutti, bisogna salvaguardare il brand del Cosenza calcio e il patrimonio della serie B») oltre a non comprendere la realtà venutasi a creare in città, hanno reso più ampia la frattura con una tifoseria che si sente presa in giro.
Ma, se a questo punto, non sorprende più l’atteggiamento della dirigenza, totalmente sorda di fronte ai sentimenti, alle preoccupazioni e alle richieste del popolo rossoblù di lasciare il ponte di comando a una nuova società, fa rumore il silenzio del sindaco Franz Caruso, evidentemente non più disposto a sporcarsi le mani dopo la vicenda legata al caro-biglietti del derby: nota pubblica per chiedere a Guarascio di non alzare il costo dei tagliandi e Guarascio che lo snobba alzando vertiginosamente il costo dei tagliandi.
Insomma, a meno di una settimana dalla ripresa del campionato, il calcio cosentino sembra approdato davanti all’ennesimo bivio della sua esistenza tormentata. Con una differenza rispetto al passato: stavolta imboccare la strada sbagliata potrebbe rivelarsi fatale. (f.veltri@corrierecal.it.)

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