L’anno appena trascorso ha visto circa 4 miliardi di persone chiamate alle urne, a partire dai tre principali blocchi democratici mondiali, India, UE e USA. Una coincidenza temporale che non si ripeterà in queste proporzioni per svariati decenni e che aveva posto molti timori per i possibili usi malevoli dell’intelligenza artificiale (IA) nel corso delle campagne elettorali. Tanto da spingere venti delle principali aziende tecnologiche mondiali a firmare in coincidenza con la conferenza sulla sicurezza di Monaco di Baviera un patto per contrastare potenziali attori malintenzionati. A quasi un anno di distanza e dopo che le elezioni previste si sono svolte possiamo almeno per il momento tirare un sospiro di sollievo. Nella stragrande maggioranza dei casi, e al netto dei regimi autoritari dove purtroppo il processo era inquinato già in partenza (Russia e Venezuela sono i due casi di scuola, con la differenza che nella seconda nonostante tutte le difficoltà aveva con ogni probabilità vinto il candidato dell’opposizione), le elezioni si sono svolte in generale regolarmente. Con poche eccezioni, che tuttavia ben poco hanno a che fare con l’IA. Venezuela a parte, i casi più critici, tutti risalenti agli ultimi mesi dell’anno, sono stati quelli che hanno riguardato la Georgia, la Moldova e da ultimo la Romania. Ma nei primi due casi non solo l’IA non c’entrava nulla ma le stesse interferenze sono state sicuramente di natura più fisica e offline che online.
Episodio a parte e che deve far riflettere sulla legittimità di reazioni estreme a presunte irregolarità che hanno come teatro il web quello della Romania. Qui ancora una volta l’IA è rimasta fuori dai giochi che tuttavia si sarebbero svolti su una piattaforma social, TikTok. Dopo il primo turno delle presidenziali e prima che il secondo vedesse con grande probabilità la vittoria del semisconosciuto candidato indipendente di estrema destra Calin Georgescu, la Corte Costituzionale è intervenuta a gamba tesa annullando le elezioni, a causa dei gravi rischi di interferenze russe che sarebbero stati condotti prevalentemente attraverso una campagna avvenuta per l’appunto su TikTok. Nel frattempo, la Corte d’appello alla quale si era rivolta Georgescu ha confermato la cancellazione delle urne e si sta attendendo a questo punto il giudizio finale della Corte di Cassazione per sapere se le presidenziali si ripeteranno in toto (presumibilmente tra febbraio e marzo) oppure si potrà procedere al secondo turno. Nel primo caso, sarà anche interessante capire se a Georgescu (che nel frattempo è ormai più che noto all’elettorato e ha mobilitato la sua base in proteste affollate quanto rumorose) verrà consentito di partecipare alla competizione ovvero si troverà il modo di bandirlo. In ogni modo, è del tutto evidente come quanto successo sia del tutto eccezionale tanto da aver fatto storcere il naso a diversi media internazionali, a partire da Economist e Financial Times. Tanto più che nel frattempo non solo non sono emersi elementi specifici tali da suffragare gli allarmi sulle interferenze di Mosca ma si è venuto a sapere che la campagna di marketing su TikTok al centro della accuse è stata finanziata dal Partito liberale, junior partner della coalizione al governo, e successivamente alterata e sfruttata a proprio favore dal candidato di estrema destra. Come questo sia potuto accadere e quanto abbia in effetti determinato i risultati lo si vedrà . C’è peraltro un’indagine tempestivamente aperta dalla Commissione europea su TikTok per possibili violazioni del Digital Services Act, il regolamento europeo che vigila sulle grandi piattaforme online, ma è chiaro che la vicenda deve generare il giusto livello di preoccupazione. Che tuttavia non può limitarsi a prendere in esame esclusivamente il rischio di under-reaction, che pure c’è e sul quale peraltro si basa il progressivo rafforzamento della regolazione UE (e di altre giurisdizioni). Se infatti è di tutta evidenza che, una volta che si sono tenute le elezioni e non sono stati a tempo debito contestati i risultati, qualsiasi sanzione successiva non ripristinerebbe la legalità democratica di quanto avvenuto, tuttavia, per interrompere o indirizzare in qualche modo un processo elettorale su un binario diverso da quello inizialmente previsto, occorrerebbe avere prove o quantomeno indizi sufficientemente solidi tali da giustificare provvedimenti eccezionali come quelli che sono stati adottati a Bucarest.
E qui siamo infatti al pericolo opposto, quello di over-reaction. Che al momento mi pare del tutto sottovalutato ma che può avere ripercussioni altrettanto gravi di quello opposto nell’inquinare il gioco democratico e nell’esacerbare la polarizzazione già sufficientemente elevata dei sistemi politici da una parte e dall’altra dell’Atlantico. Georgescu avrà pure tratti di impresentabilità e dirà cose che non ci piacciono o divergono dai fatti ma ha tutto il diritto di essere eletto a meno che non si dimostri o non si portino all’attenzione del pubblico elementi che lo facciano credibilmente ritenere un agente al servizio di una potenza estera (o colpevole di fatti almeno altrettanto gravi). Tanto più che uno degli assunti alla base della possibile over-reaction, cioè l’influenza dei social media sui risultati elettorali, è tutt’altro che consolidato. Perfino nei casi più noti, dai quali è partito tutto, voto in favore della Brexit ed elezione di Trump nel 2016, la letteratura scientifica è ampiamente scettica sul fatto i risultati siano stati determinati dalla manipolazione via social. E d’altronde l’ampio margine di Trump conseguito otto anni dopo e non contestato da parte avversaria sembrerebbe esserne una validazione ex post. Per questo, con o senza IA, anche guardando alle pesanti incursioni di Musk nella campagna in vista delle prossime importanti elezioni in calendario, quelle tedesche, consigliamo prudenza e sangue freddo. Si possono legittimamente disapprovare le provocazioni del magnate americano e valutare con cognizione di causa se siano compatibili con le leggi europee o nazionali (come al momento sembrerebbe) ma avventurarsi oltre non farebbe nessun favore allo stato della democrazia in Germania (e altrove). Bene lavorare sui veri ed accertati rischi dei social e dell’IA, laddove c’entrino qualcosa, lasciando scivolare quelli presunti o inesistenti.
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