Che succede in Regione? Precedenti (attendisti), regolamento e sentenze della Corte costituzionale

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Che succede adesso in Regione? Se lo chiedono tutti, in Sardegna e non solo, dopo l’ordinanza di decadenza della presidente Alessandra Todde emessa dal collegio regionale di garanzia elettorale.  La risposta non è univoca. E anche questo sono tutti a saperlo. Giuristi, avvocati, consulenti e paraconsulenti: ognuno dice la sua. E c’è anche ci mette in giro fake news che destabilizzano (ulteriormente) il clima. 

Per provare a capirci qualcosa bisogna fare riferimento ai passaggi normativi, alla linea dettata dalla Corte costituzionale e a eventuali precedenti. 

La legge applicata nel caso Todde è la 515 del 1993 (che detta le regole per Camera e Senato) che viene richiamata anche dalla 1 del 1994, legge sarda per il Consiglio regionale. 

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Può Todde impugnare il provvedimento del Collegio? La risposta è sì: lo ha stabilito la Corte costituzionale (sentenza 387/1996) che era stata chiamata a pronunciarsi nell’ambito del giudizio che riguardava la sanzione emessa contro Luigi Campagna (eletto alla Camera) per non aver presentato il rendiconto. Dal verdetto emergevano alcuni punti cardine: innanzitutto il provvedimento del collegio elettorale era stata classificato come amministrativo (e non giurisdizionale). Poi veniva riconosciuta la possibilità di impugnazione: allora si poteva andare davanti al pretore, ora non è chiaro se la competenza sia del Tar o del giudice ordinario (Todde ricorrerà a entrambi). Scriveva la Corte: la decadenza «dev’essere stata dichiarata “in modo definitivo” (e tale può considerarsi solo dopo l’esaurimento di ogni rimedio impugnatorio concesso dalla legge all’interessato contro la decisione del Collegio di garanzia) (…) e comunque, la decadenza consegue in modo diretto, non già da tale pur definitiva decisione, bensì dalla delibera della Camera di appartenenza, come dispone espressamente il succitato settimo comma, in puntuale applicazione dell’articolo 66 della Costituzione».  Oggetto dell’impugnazione potrebbe essere il provvedimento ultimo adottato dall’Aula.  

La Consulta parla di Camera, perché a quella era indirizzata l’ordinanza in quel caso. Nella vicenda Todde, in applicazione della legge sarda, il provvedimento è stato notificato al presidente del Consiglio regionale. 

Può, a questo punto, il Consiglio regionale decidere di soprassedere e sconfessare l’ordinanza di decadenza? Per rispondere bisogna fare riferimento, per applicazione estensiva, all’articolo 66 della Costituzione, richiamato dalla Consulta: «Ciascuna Camera giudica dei titoli di ammissione dei suoi componenti e delle cause sopraggiunte di ineleggibilità e di incompatibilità». Vale anche per il  Consiglio regionale,  «che pronuncia la decadenza ai sensi del proprio regolamento». 

E cosa dice il regolamento del Consiglio regionale? Gli articoli di riferimento sono il 16 e il 17. L’ordinanza deve essere maneggiata dalla Giunta per le elezioni, composta da consiglieri regionali:  «Per le cause di ineleggibilità e incompatibilità sopravvenute, la Giunta riferisce al Consiglio entro novanta giorni dal momento in cui ne sia venuta a conoscenza».

Ma cosa riferisce la Giunta per le elezioni? C’è chi sostiene possa effettuare delle audizioni e che possa condurre una sorta di lavoro ispettivo sulla bontà dell’ordinanza del collegio di garanzia elettorale. Che però ha lavorato sui documenti del rendiconto elettorale (giudicati, alla fine, “apparenti”), non su opinioni. Il limite di sindacabilità appare abbastanza stringente. 

Comunque, la Giunta dovrà dire la sua. Ma non è finita. Perché c’è la pronuncia del Consiglio regionale, che si esprime a voto segreto. Come già successo. Il precedente scovato dagli uffici del palazzo di via Roma (più simile per fattispecie che identico)  risale al gennaio del 2020. All’ordine del giorno c’era la  “Convalida dell’elezione dei consiglieri regionali” sulla base di una “lettera” inviata dalla Giunta per le elezioni: era stata proposta la convalida di tutti i consiglieri regionali «tranne quella afferente al consigliere Gianluigi Piano poiché a carico dello stesso è pervenuta, in data 3 maggio 2019, protocollo 3919, formale atto di denuncia/diffida a causa di una presunta causa di ineleggibilità che necessita di ulteriori approfondimenti».  Quindi c’era il rischio decadenza. Così ecco l’idea «di proporre al Consiglio di attendere l’esito definitivo del ricorso pendente in sede giurisdizionale, ovverosia il passaggio in giudicato della pronuncia della Autorità giudiziaria sullo stesso ricorso, all’esito del quale conseguiranno la presa d’atto da parte della Giunta delle elezioni e del Consiglio regionale e i relativi adempimenti del caso». Insomma: l’Aula decise – a voto segreto – di attendere i giudici e, nel frattempo, di continuare a lavorare. Certo, allora c’era un consigliere regionale che non era un presidente. Non c’era il rischio del collasso dell’intera assemblea legislativa sarda, come ora. E anche questo potrebbe essere oggetto di ricorso alla Corte costituzionale. 

Una cosa è certa:  non c’è nessuna certezza  sui tempi. 

Enrico Fresu   

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