Il musicista, che ha appena compiuto 80 anni, commenta la lite ripresa in un video: «Resto un figlio della guerra»
Un compleanno dolceamaro quello appena trascorso per James Senese, padre del Neapolitan Power, segnato dagli echi di uno spiacevole episodio accaduto all’uscita del cinema Med di Fuorigrotta, a Napoli. L’altra sera, il sassofonista aveva partecipato, insieme con i protagonisti e il cast, alla prima del docufilm di Stefano Senardi e Marco Spagnoli «Pino Daniele. Nero a metà». All’uscita, però, la serata si è conclusa con una polemica che ha coinvolto sua figlia Anna e il deputato di Alleanza Verdi-Sinistra, Francesco Emilio Borrelli. Motivo del contendere: l’auto di Anna, parcheggiata sulle strisce pedonali, bloccava l’accesso allo scivolo per disabili.
Senese ha festeggiato ieri i suoi 80 anni con famiglia e amici più cari, ma con un velo di amarezza per quanto accaduto. Con grande onestà, ha deciso di affrontare pubblicamente l’incidente, chiedendo scusa con il coraggio che ha sempre contraddistinto la sua carriera. «Quello che è successo è sbagliato e ingiustificabile — ha detto —. Essere mia figlia non significa potersi permettere certe cose, anzi. Le mie scuse vanno ai napoletani, al mio popolo e al deputato Borrelli, che ha ragione: anche se è difficile cambiare certe abitudini, bisogna provarci».
James, scusi, ma che cosa è accaduto?
«Venivo da un momento di grande commozione dalla prima proiezione del docufilm sulla storia di mio fratello Pino, la storia nostra. Con questo non intendo giustificarmi, dico solo che uscendo dalla sala ero molto provato emotivamente, non avevo capito cosa stesse accadendo e sono così intervenuto per far da paciere, per calmare le acque. I toni però nonostante il mio intervento sono continuati a essere un po’ sopra le righe e così mi è uscita una frase infelice e poco lucida che naturalmente non penso e che non appartiene al mio essere. Ma, ripeto, tutto questo non è una giustificazione, è giusto chiedere scusa quando si sbaglia: lo faccio a nome mio e di mia figlia».
Amareggiato dai commenti social contro di lei?
«Sì, ho sempre parlato al popolo con la mia musica, sono sempre stato al loro fianco, provando a far emergere il sentimento, i valori universali, quelli della famiglia, della fratellanza, del lavoro… Sono sempre stato dalla parte del proletariato, dei dimenticati, contro ogni nepotismo».
La sua storia è nota a tutti, più di 60 anni di musica che ha creato, percorso e navigato in lungo e largo sempre all’insegna della sperimentazione, puntando i riflettori su temi civili e sociali.
«Proprio così, con i Napoli Centrale a metà degli anni Settanta grazie anche ai testi di Franco Del Prete, ho dato voce a chi in un quel momento storico non aveva voce, incidendo canzoni come Campagna, in cui abbiamo descritto questa come durissimo luogo di lavoro, quasi di schiavitù, di fatica per poco o niente, la campagna del bracciantato, del padrone e del servo, lontana anni luce da quella idilliaca di altri cantautori e artisti. Canzoni come ‘A gente ‘e Bucciano’ dove abbiamo trattato il tema dell’emigrazione Sud-Nord, lanciando un interrogativo: perché? Ho sempre fatto musica per la mia gente, fino al nuovo album Stiamo cercando il mondo in cui ad esempio canto in Senza libertà, America è vecchia, Milano è luntana/ sanghe perduto e na terra fernuta /e mane squartate d’a povera gente».
Parole che ricordano anche la sua storia personale.
«Certo “so’ figlio d’a’ guerra”, vengo da una famiglia modesta di Miano e con il mio sax fin da adolescente ho deciso di parlare agli ultimi, agli outsider, a quella parte di umanità che si spacca la schiena per portare a casa un pezzo di pane. Questo sono io, ho vissuto la discriminazione sulla mia pelle perché crescere da ragazzo con la pelle di un colore diverso alle porte di Napoli non è stato facile».
Anche nei suoi album ha posto l’accento su discriminazioni e ingiustizie.
«Per questo mi addolora quanto accaduto in un momento emotivamente particolare, ma allo stesso tempo non mi sottraggo alle scuse più che giuste».
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