Quanta ideologia a tavola. Dalla carne coltivata agli Ogm, i nostri tabù e cosa insegna la scienza (questa sconosciuta) 

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Il mondo dell’agricoltura e di conseguenza la nostra alimentazione sono condizionati dai pregiudizi e dall’ignoranza, cavalcati spesso dalla politica. Ma la scienza va avanti, affidando nuove conoscenze se non addirittura certezze sui benefici di una nuova alimentazione. La carne coltivata in laboratorio ne è forse l’esempio più recente, con la “condanna” preventiva del governo italiano, mentre potrebbe diventare una risposta straordinaria alla sicurezza alimentare e alla sostenibilità ambientale

◆ L’analisi di MARIA LODOVICA GULLINO

Il dibattito pubblico su temi cruciali in agricoltura come gli organismi geneticamente modificati (Ogm), la farina di grilli e la carne coltivata è spesso un terreno fertile per disinformazione e pregiudizi, un’arena dove la scienza viene relegata a spettatrice passiva, sopraffatta da un’ondata di paure irrazionali e da un’ideologizzazione spesso strumentale. La mancanza di un approccio scientifico oggettivo alimenta spesso un dibattito “viscerale”, con conseguenze significative per la sicurezza alimentare e lo sviluppo tecnologico.

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Ogm: tra miti e realtà

Gli organismi geneticamente modificati sono forse l’esempio più lampante di questo fenomeno. Decenni di ricerche scientifiche hanno dimostrato la sostanziale sicurezza degli Ogm approvati per l’impiego in agricoltura e per il consumo umano, confermando l’equivalenza sostanziale con i prodotti tradizionali. Eppure, il dibattito pubblico è ancora dominato da timori infondati, spesso alimentati da una rappresentazione distorta della tecnologia e da una scarsa comprensione dei processi scientifici alla base. Si parla di “mostruosità” create in laboratorio, ignorando le tecniche di miglioramento genetico utilizzate da secoli dall’agricoltura tradizionale, spesso con risultati meno prevedibili e controllabili rispetto alle moderne biotecnologie. La diffidenza, amplificata da interessi economici e da campagne di disinformazione, impedisce di valutare oggettivamente i benefici degli Ogm in termini di resa produttiva, resistenza a parassiti e riduzione dell’uso di agrofarmaci. Anche le tecniche di editing genomico, come Crispr-Cas9, anche note come Tea, che offrono strumenti precisi e potenti per il miglioramento genetico − permettendo modifiche mirate del Dna vegetale con un’efficacia e una precisione superiori alle tecniche tradizionali, aprendo nuove prospettive per lo sviluppo di colture più resistenti alle malattie − trovano ostacoli alla loro diffusione. 

La farina di grilli: un tabù alimentare?

L’introduzione di nuove fonti proteiche, come la farina di insetti, si scontra con resistenze culturali e psicologiche profonde. Il disgusto per gli insetti come alimento è un fattore determinante, trascurando le potenzialità in termini di sostenibilità ambientale. L’allevamento degli insetti richiede infatti meno risorse idriche e terreni rispetto all’allevamento tradizionale di bestiame, contribuendo a ridurre l’impatto ambientale della produzione di cibo. Il dibattito, però, si concentra spesso sugli aspetti “ripugnanti” e sulle presunte conseguenze negative sulla salute, ignorando le analisi scientifiche che ne attestano la sicurezza e il valore nutrizionale. Il rifiuto si basa su un fattore emotivo e culturale, anziché su basi scientifiche concrete e non tiene assolutamente conto delle potenzialità di impiego in aree e/o situazioni in cui sia necessario utilizzare prodotti ad alto valore proteico. 

Carne coltivata: il futuro o un incubo?

La carne coltivata in laboratorio, un’alternativa sostenibile alla produzione tradizionale di carne, è un’altra frontiera tecnologica che suscita reazioni contrastanti. L’idea di “carne coltivata”, spesso erroneamente definita “sintetica” genera preoccupazioni, spesso legate a un’immagine distorta del processo produttivo e a una diffidenza verso le nuove tecnologie alimentari. La percezione di artificialità e la mancanza di familiarità prevalgono su un’analisi oggettiva dei potenziali benefici ambientali e sulla sicurezza del prodotto, che è ampiamente studiata e regolata. Ancora una volta, la paura irrazionale e l’immaginazione distorta ostacolano l’adozione di soluzioni innovative che potrebbero contribuire a risolvere, in futuro, problematiche cruciali come la sicurezza alimentare e la sostenibilità ambientale.

Quando la politica dipinge di verde (o rosso) la realtà

Gli esempi precedenti, e cioè Ogm, farina di grilli e carne coltivata, evidenziano un dibattito spesso più ideologico che scientifico. Ma c’è un ulteriore tassello da aggiungere a questo intricato mosaico: la sorprendente – e talvolta comica – capacità di destra e sinistra di invertire le proprie posizioni su questi temi, non in base a nuove evidenze scientifiche, ma in funzione di una strategia politica che potremmo definire “contrapposizione speculare”.  È sotto gli occhi di tutti come alcuni esponenti della sinistra, ieri contrari agli Ogm, oggi – sorpresa! – si facciano paladini della carne coltivata, quasi a volersi distinguere a tutti i costi dalla posizione contraria espressa dalla destra. Eppure, a ben vedere, la tecnologia che sta alla base della carne coltivata condivide con gli Ogm lo stesso principio di “manipolazione”, seppur applicato in modo diverso. La coerenza scientifica sembra essere sacrificata sull’altare di una contrapposizione politica, un gioco di specchi dove l’obiettivo non è la verità, ma la semplice distinzione dall’avversario. 

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Si potrebbe quasi parlare di una “inversione a U” ideologica, tanto improvvisa quanto inspiegabile dal punto di vista scientifico. Alcuni movimenti, dopo aver combattuto strenuamente contro gli Ogm, sembrano abbracciare la carne coltivata con un entusiasmo che sa di conversione improvvisa. L’ironia è palpabile: si passa dalla condanna della “manipolazione genetica” all’esaltazione di una tecnologia che, a ben guardare, ne è una variante. È come se la scienza fosse un vestito che si indossa e si toglie a seconda dell’occasione, una maschera utilizzata per marcare il territorio ideologico. La domanda sorge spontanea: che cosa è cambiato dal punto di vista scientifico per giustificare questo repentino cambio di rotta? La risposta, purtroppo, è: niente. Il cambiamento è politico, una reazione istintiva e quasi automatica all’opposizione del fronte avverso. In un quadro di contrapposizione ideologica, il dibattito sulle nuove tecnologie è spesso una rappresentazione grottesca della politica: un gioco di specchi che riflette più le strategie di partito che le solide basi della ricerca scientifica. E l’ironia, spesso amara, è che il vero perdente in questa partita è la scienza stessa, relegata a mero strumento di una lotta politica priva di fondamento razionale. 

Difficile trarre delle conclusioni. Certamente è necessario promuovere una maggiore alfabetizzazione scientifica e una comunicazione più efficace, che riesca a contrastare la diffusione di informazioni errate e di pregiudizi. Solo attraverso un dialogo basato sui fatti e sulla conoscenza scientifica sarà possibile superare le resistenze e affrontare in modo razionale le sfide poste dalle nuove tecnologie alimentari. Il futuro della sicurezza alimentare e della sostenibilità ambientale dipende dalla capacità di superare la “paura viscerale” e abbracciare un approccio più scientifico e meno ideologico, che permetta ai ricercatori di svolgere serenamente le proprie ricerche e alla scienza di avanzare. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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