Gianfranco Cerea, dissequestrati gli 84 milioni sequestrati da Cristina Caleffi

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Dilazione debiti

Saldo e stralcio

 


di
Giuliana Ubbiali

L’esperto d’arte è imputato di truffa all’imprenditrice. Nella causa civile, ha porta i documenti sulla società fiduciaria e il giudice ha revoca il blocco dei conti e delle quote

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Cristina Caleffi, come sostiene, firmò alla cieca gli investimenti dei suoi 102 milioni di euro maneggiati da Gianfranco Cerea o era consapevole delle operazioni finanziarie? Viaggia su due binari paralleli, penale e civile, ma la vicenda è la stessa. Da una parte un processo per truffa e tentata estorsione, dall’altra una causa civile con una richiesta di risarcimento. Per la prima, si torna in aula il 16 gennaio. Nella seconda, il 4 gennaio è arrivato un ribaltone cautelare.

La nuova ordinanza

La giudice del tribunale civile Raffaella Dimatteo ha revocato l’ordinanza del 30 marzo 2023 con cui Caleffi venne autorizzata al sequestro conservativo di denaro e beni di Cerea per 84 milioni di euro, per lo più soldi su conti in Italia e all’estero, e quote societarie. Lui, 63 anni e casa in città, esperto di finanza e di arte, è di nuovo imputato dopo la condanna a tre anni definitivi per false attestazioni nella voluntary disclosure, la pace con il fisco per riportare in Italia denaro e beni detenuti all’estero. Lei, 61 anni, della famiglia di imprenditori di Novara, è moglie di Andrea Gori, l’infettivologo fratello dell’ex sindaco di Bergamo, Giorgio. Chiede i danni a Cerea: sostiene che dal 2009, come suo mandatario e consulente, le fece investire i milioni di euro derivati dalla cessione delle quote dell’azienda di famiglia al fratello in operazioni societarie, finanziarie e patrimoniali, tra cui acquisti di opere d’arte, «prive di sostanza economica». Le sono rimaste tele per 26 milioni di euro, secondo la stima di una società da lei incaricata.




















































Le carte depositate

Penale e civile saranno anche due piani paralleli, ma qui si incrociano. Alla base dell’ordinanza di revoca del sequestro c’è la documentazione che Cerea ha portato nella causa civile e di cui si è già discusso davanti alla giudice penale Alice Ruggeri. Sono le carte del mandato di Cristina Caleffi alla Aletti Fiduciaria spa, che gestì diverse operazioni per conto dell’imprenditrice. La pm Emma Vittorio ritiene che, comunque, dietro ci fosse sempre Cerea, l’unico con cui Caleffi si rapportasse con «piena fiducia», come raccontò lei stessa a processo. Sul fronte civile, dove Caleffi è rappresentata dall’avvocato Angelo Bonetta e Cerea è assistito dagli avvocati Enrico Mastropietro e Vincenzo d’Ambra, per il momento il ragionamento si limita alla fase cautelare, «impregiudicata ogni ulteriore valutazione nel merito», ma è un evidente punto a favore di Cerea.

«Documenti già a sua disposizione»

Caleffi obietta che i documenti relativi ad Aletti Fiduciaria siano sempre stati consultabili dai legali di Cerea. Lo sostiene anche la pm Vittorio: erano a disposizione dal 2021 negli uffici della Gdf, anche se non confluiti nel fascicolo. Per questo motivo, la giudice Ruggeri ha respinto le richieste dei difensori dell’imputato di annullare l’avviso di conclusione delle indagini sulla base del fatto che quelle carte non furono messe a loro conoscenza. Per la difesa sono rilevanti perché Cerea esclude di aver ricevuto un mandato dalla Caleffi per gestire il patrimonio milionario. A luglio 2024, i suoi avvocati hanno presentato istanza al pm per accedere alla documentazione acquisita dalla Gdf e, fatto questo, l’hanno depositata al giudice civile, che a quel punto ha evidenziato uno scenario diverso rispetto al 2023.

Perché il sequestro 

Nell’ordinanza di sequestro del 30 marzo 2023, sulla base delle risultanze emerse dal procedimento penale, il giudice parlava di «una totale inconsapevolezza della signora Caleffi nelle ideazione e realizzazione di plurime operazioni» e, invece, di «una spiccata propensione del dottor Cerea a trattenere documenti che avrebbe dovuto consegnare alla signora Caleffi e propensione dello stesso a confezionare documenti falsi».

Perché è stato revocato

Nella nuova ordinanza del 4 gennaio 2025 si legge che Caleffi «pare aver esercitato la propria autonomia negoziale a fronte di una conoscenza dettagliata e puntuale delle operazioni». Si cita, per esempio, la vendita del 100% del capitale di Strategia Holding alla Siff Servizi integrati finanziari e fiscali (ricondotta dalla Gdf a Cerea) per 35 milioni di euro. Nel penale, secondo l’accusa è una delle operazioni di una inconsapevole Caleffi. Ma il giudice civile ritiene che i documenti di cui è venuto a conoscenza ora siano idonei «ad incrinare la solidità probatoria» rispetto alla richiesta di risarcimento. «La documentazione relativa agli incarichi conferiti dalla signora Caleffi ad Aletti consente quanto meno di prospettate come ragionevole una compiuta cognizione» di una parte degli investimenti e di conseguenza «una ponderata valutazione degli stessi».

Le due versioni opposte

Qui ancora più che in altre vicende si assiste a due narrazioni completamente diverse. Colpisce, anche perché di mezzo ci sono milioni di euro e opere d’arte del calibro del «Bacio» di Hayez (Cerea ha una delle quattro tele al mondo, fu sequestrata quando finì ai domiciliari, nel 2018). Caleffi, in origine coindagata per autoriciclaggio e poi archiviata, parlò al processo in cui Cerea era imputato di false attestazioni e, come parte civile, lo scorso ottobre: «Mi fidavo ciecamente di lui, veniva a casa mia e firmavo anche documenti in bianco». Cerea non parlò nel primo processo, l’ha fatto a dicembre, per sei ore: «Lei sapeva tutto e aveva totale libertà. Non esiste un danno». Ha citato cifre e raccontato la sua carriera di uomo dell’alta finanza: «Non sono il mercante d’arte che va in giro a tirare sòle alla signora Maria».

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7 gennaio 2025

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