In Italia il 70% dei pensionati desidera continuare a lavorare

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In un Paese che invecchia e la popolazione si riduce per la crisi demografica, cambia il rapporto degli italiani con il lavoro e le aspettative dei giovani, cambiano le prospettive previdenziali dei boomer che vorrebbero continuare a lavorare anche oltre l’età di pensionamento.

Il report dell’Osservatorio Enpaia-Censis  evidenzia che l’innalzamento dell’età di pensionamento nel 65,1% viene vissuto come “una costrizione alla libertà individuale” (che arriva al 69,6% nella fascia dei 35-64 anni), dall’altra una quota ancora più ampia d’ italiani (circa il 70%) afferma che si deve consentire ai pensionati di continuare a lavorare se lo vogliono (percentuale che sfiora l’80% tra gli over 64).

Una richiesta, viene sottolineata nel report, in una società che invecchia e si fa longeva, deve essere accompagnata da un sistema integrato e coerente di misure di “active ageing”, cioè, permettere ai più anziani di essere attivi nei diversi ambiti della sfera sociale, incluso il mercato del lavoro, senza che l’età sia un fattore discriminante.

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Il report, fotografa un’Italia dove il 92% degli occupati non disdegnerebbe avere più libertà di scelta sull’età di pensionamento, con maggiore flessibilità in uscita dal lavoro, quindi poter andare in pensione un pò prima con  penalità ridotte, e poter restare al lavoro più a lungo, oltre l’età pensionabile.

In Italia c’è il problema dei salari troppo bassi che impattano negativamente sulle future pensioni, perciò, l’idea di rinunciare a una quota di dividendi, da parte delle imprese, per aumentare le retribuzioni, merita una riflessione seria.

Nel 2024 gli ultrasessantacinquenni sono, il doppio dei giovani in età compresa tra 0 e 14 anni, e secondo proiezioni Istat, continuerà a crescere: la popolazione italiana si ridurrà di circa 4 milioni e 200 mila individui, riportando rispetto al 2024 un decremento pari a -7,1%, questo fenomeno è il combinato disposto di due fenomeni: da un lato, la speranza di vita, che tra il 1983 e il 2023 è aumentata di 8,5 anni, è destinata a crescere da qui al 2050 determinando una maggiore proporzione di persone di età compresa tra 80 e 90 anni, molte delle quali in condizioni di fragilità; dall’altro, il baby crash, (diminuzione di natalità),dopo il baby boom, che oggi ha originato il boom di persone tra i 45 e i 65 anni che crea problemi di sostenibilità del sistema pensionistico.

Negli ultimi vent’anni le nascite sono precipitate, da 544.063 del 2003 a 379.339 nel 2023, meno nati, meno giovani, con l’impetuosa avanzata di anziani che rendono fragile la struttura demografica, minano la tenuta del sistema paese e impattano oltre che sulla creazione e redistribuzione della ricchezza, anche sulla forza lavoro disponibile per le imprese, che nel 2050 si ridurrà di 2 milioni e 200 mila unità.

La crisi demografica impatta sul mercato del lavoro con riflessi negativi sul sistema previdenziale e sul ricambio generazionale nelle imprese; modifica la domanda di istruzione, sanità e servizi alla persona; si scarica su una situazione economica gravata da un alto debito pubblico e un rilevante tasso di evasione fiscale, e va a pesare su una struttura produttiva fragile, con effetti imprevedibili sul sistema sociale ed economico del Paese.

L’indagine Excelsior sul mercato del lavoro, per il quinquennio 2024-2028,disegna un fosco futuro  per la sostituzione dei lavoratori in uscita,che sommata alla domanda incrementale di lavoro, produrrà un fabbisogno occupazionale tra i 3,4 e 3,9 milioni di unità, pari a una media di 685-770 mila unità all’anno, di cui il 60% del totale richieste dal settore privato, il 23% dal settore pubblico e il 17% di autonomi.

Nel 2023, la difficoltà di reperimento del personale ha riguardato il 45% delle assunzioni (quasi 2,5 milioni), contro il 42% dell’anno precedente.

Carenza di nascite, scollamento tra sistema formativo e mercato del lavoro, bassi salari e bassa produttività, rendono le difficoltà derivanti da labour shortage(carenza di manodopera) e skill mismatch (mancata corrispondenza di competenze) assai considerevoli nel nostro Paese, spingerà le imprese a mettere in atto strategie assunzionali competitive, capaci di attrarre i candidati a partire dalle loro motivazioni e aspettative verso il lavoro.

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I più giovani sono desiderosi di esperienze affini ai loro interessi extralavorativi; e tendono ad  abbandonare la cultura lavoro-centrica propria della generazione dei baby boomer, rimettendo sè stessi al centro delle proprie esistenze.

Il desiderio di coniugare tempo per sè e tempo del lavoro, non esclude un’attenzione alla qualità del lavoro, che dev’essere motivante ed avere un senso che giustifichi impegno e coinvolgimento.

Il sistema di previdenza complementare continua crescere in termini di iscritti e di contributi, mostrando una sostanziale solidità, nel 2023 sono stati 9.571.353 gli iscritti alla previdenza complementare, il 3,7% in più rispetto all’anno precedente, per un totale di quasi 11 milioni (10.690.199) di posizioni in essere che, tra il 2013 e il 2023, sono cresciute del 72,3%.

L’87,8% dei pensionati è dell’idea che, se un pensionato vuole lavorare va messo nelle condizioni di farlo, senza divieti e senza penalità eccessive, opinione condivisa dal 78,1% degli occupati e dal 75,1% degli studenti.

Il 68,7% dei pensionati contribuisce con propri soldi ai budget delle famiglie di figli e nipoti (il 21,8% in modo continuo e il 47,8% di tanto in tanto),per loro lavorare diventa un modo per potenziare la disponibilità di risorse, da poter rispondere in modo più efficace e puntuale ad esigenze sociali.

Alfredo Magnifico

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