L’annuncio della liberazione di Cecilia Sala, la giovane giornalista italiana sequestrata in Iran lo scorso 19 dicembre, ha fatto tirare un sospiro di sollievo all’opinione pubblica, ma ha alimentato numerose ombre che ancora circondano la vicenda. Dopo 21 giorni di prigionia nel famigerato carcere di Evin, Teheran, Cecilia è finalmente tornata in Italia grazie a un complesso intreccio di diplomazia e operazioni di intelligence. Se da un lato le autorità italiane hanno confermato l’esito positivo delle trattative, dall’altro non sono mancate speculazioni sugli accordi che potrebbero aver favorito il rilascio della giornalista. Sicuramente il viaggio improvviso del premier Giorgia Meloni in Florida e la richiesta di silenzio stampa concordata da Palazzo Chigi con la famiglia della ragazza hanno accelerato la risoluzione del caso, ma le incognite sui dettagli rimangono tutte.
La vicenda ha avuto infatti un epilogo tanto repentino quanto inatteso. Mentre nei palazzi del potere circolava la versione secondo cui la direttrice del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (Dis), Elisabetta Belloni, sarebbe stata esclusa dalla strategia diplomatica per la liberazione della giornalista, è arrivata la svolta. Giovanni Caravelli, direttore dell’Aise (Servizio per le informazioni e la sicurezza esterna), un esperto conoscitore dell’Iran, ha avuto un ruolo determinante nel risolvere la situazione, raggiungendo personalmente Teheran per riportare a casa Cecilia Sala. Questo sviluppo, giunto all’indomani di un’intensa campagna diplomatica, ha messo in luce un aspetto più complesso della vicenda: la combinazione di diplomazia, intelligence e contatti diretti con l’Iran ha portato finalmente alla liberazione della giornalista.
Alla notizia della sua liberazione, Cecilia è stata accolta all’aeroporto di Ciampino con il sorriso e un abbraccio dal compagno, il giornalista Daniele Raineri. Nonostante la gioia della sua famiglia e dei colleghi, tuttavia, la questione resta tutt’altro che semplice. Il mistero che aleggia sulla vicenda riguarda il possibile collegamento tra la liberazione di Sala e un altro caso che, seppur apparentemente separato, sembra essere legato alla stessa strategia diplomatica: il destino di Mohammad Abedini-Najafabani, ingegnere iraniano arrestato il 16 dicembre a Malpensa.
Abedini, accusato dagli Stati Uniti di aver fornito supporto tecnologico per droni a scopi militari, si trova attualmente in custodia in Italia, in attesa di una decisione da parte della Corte d’Appello di Milano riguardo alla sua estradizione. Gli Stati Uniti hanno richiesto il suo trasferimento, ma l’Italia sta cercando di bilanciare le sue relazioni con Washington e Teheran. Il caso di Abedini ha, infatti, messo il governo italiano in una posizione delicata. Da un lato, la volontà di garantire il ritorno di Cecilia Sala; dall’altro, la necessità di non compromettere i legami con gli Stati Uniti, che avevano fatto esplicita richiesta di estradizione per Abedini. In questo scenario, le tempistiche e le strategie si incrociano, con una scadenza decisiva fissata per il 20 gennaio, data in cui avverrà il passaggio di consegne alla presidenza degli Stati Uniti.
Nonostante le smentite ufficiali, che negano un legame diretto tra i due casi, le circostanze temporali e i dettagli della vicenda suggeriscono che le trattative per il rilascio di Cecilia Sala possano essere state legate alle sorti di Abedini. La concomitanza tra i due eventi e la gestione parallela di entrambi i casi, con l’Italia che cerca di garantire la libertà della giornalista e, al contempo, una soluzione per Abedini, sembrano indicare che un patto diplomatico possa esserci stato. Le autorità italiane, infatti, pur non confermando ufficialmente un collegamento tra le due vicende, hanno lavorato per garantire che entrambi i dossier potessero essere trattati con la stessa attenzione.
Il caso di Abedini resta sospeso, con la sua situazione che verrà decisa nei prossimi giorni. Se la Corte d’Appello di Milano dovesse decidere di concedergli gli arresti domiciliari, il procedimento di estradizione continuerebbe, ma se la richiesta fosse respinta, l’Italia potrebbe intervenire direttamente, con il Ministro della Giustizia che potrebbe decidere di revocare la custodia cautelare. Questo scenario potrebbe, in effetti, porre fine alla questione, chiudendo il cerchio che ha visto l’Italia muoversi tra due fronti diplomatici delicati.
Cecilia Sala, infine, dopo aver ricevuto il caloroso benvenuto in patria, è stata ascoltata dai carabinieri del Ros, come da prassi in casi di questo tipo, per ricostruire le settimane di prigionia in Iran. Nel frattempo, la vicenda di Abedini rimane una questione in sospeso, destinata a influenzare ulteriori evoluzioni diplomatiche tra Italia, Iran e Stati Uniti, con una data di scadenza chiara: il 20 gennaio. La storia di Cecilia Sala, infatti, si intreccia ora con un altro capitolo che avrà sicuramente un impatto sulle relazioni internazionali dell’Italia e sul delicato equilibrio tra le potenze in gioco: il cambio della guardia alla Casa Bianca.
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità *****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link