Emilia-Romagna, picco di suicidi in carcere. L’allarme del garante: «Così il sistema non regge»

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di
Andreina Baccaro

Microcriminalità e trasferimenti aumentano la pressione. Cavalieri: «Ma il sovraffollamento non è l’unico male». La Cisl chiede uno sportello di aiuto: agenti in fuga dalla Dozza

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C’è un «tragico contatore» che l’Unione delle Camere penali ha tenuto nel 2024 sui suicidi in carcere: conta il numero record di 91. Ma negli ultimi venti giorni negli istituti penitenziari dell’Emilia-Romagna si è raggiunta un’altra tragica cifra record: cinque decessi dietro le sbarre. L’ultimo ad essersi tolto la vita è stato Andrea Paltrinieri, 49 anni, che un anno fa a Modena aveva ucciso l’ex moglie Anna Sviridenko. È il terzo detenuto in pochi giorni a morire al Sant’Anna di Modena. Prima di lui un 27enne marocchino e un moldavo 37enne. Poi un tunisino di 27 anni a Piacenza, in isolamento; e il 3 gennaio a Bologna un 40enne pachistano. I deputati dem Maria Cecilia Guerra e Stefano Vaccari hanno presentato un’interrogazione al ministro Carlo Nordio.

Le ragioni del sovraffollamento 

In regione sono 3.850 ad oggi i detenuti, un carcere come quello di Parma, con 752 ristretti, non ha mai gestito una cifra simile. «Una situazione che preoccupa» osserva il garante regionale dei detenuti Roberto Cavalieri, «ma il problema del sovraffollamento non può essere legato in maniera intima e matematica a quello dei suicidi, sarebbe una semplificazione». Anche l’indulto sarebbe una misura d’urgenza: «Se non cambia l’esecuzione della pena, il sistema di welfare che ruota attorno al carcere, i penitenziari si riempiono di nuovo». Il sovraffollamento nelle nostre carceri ha diverse ragioni, tra queste c’è il fenomeno della microcriminalità, che porta in carcere diversi under 25, per reati magari commessi da minorenni con pene che diventano definitive quando sono già maggiorenni. «Ma attenzione — sottolinea il garante —: siamo anche una regione che offre servizi più elevati rispetto alla media all’interno dei penitenziari e per questo abbiamo assunto un ruolo di trasferimento nella geografia dell’amministrazione penitenziaria». 




















































I nuovi padiglioni

Numeri alla mano, in dieci anni sono stati costruiti nuovi padiglioni a Piacenza, Modena e Parma, uno è in progetto a Ferrara, mentre a Forlì è stato costruito un nuovo carcere non ancora operativo. «Sono 1.000 posti in più non giustificati da fenomeni criminali sul territorio — prosegue Cavalieri—, ma da politiche penitenziarie tese ad ampliare la ricettività di detenuti in alcune regioni piuttosto che in altre. Dal 2022 al 2024 abbiamo in Emilia-Romagna 350 detenuti in più, mentre i servizi sono rimasti gli stessi, è come se fosse stato costruito un nuovo carcere in regione. Gli investimenti in termini di risorse, invece, non vengono differenziati. A mio parere il problema del sovraffollamento va affrontato sostenendo i sistemi che funzionano. Ad esempio a Bologna lavorano all’esterno 63 detenuti, a Piacenza neanche uno. Non ha senso distribuire le risorse solo in base al numero dei detenuti». 

L’allarme della Cisl

A Reggio «una detenuta per reato comune potrebbe accedere ai domiciliari ma non può rientrare in famiglia. Resta dentro perché non si trova un alloggio, su 3.850 detenuti almeno 400 sono nella stessa situazione». Il sovraffollamento, secondo il garante, «va legato al tema dei suicidi nel senso di meno tempo e risorse disponibili per l’osservazione, per il rischio suicidiario. Anche Paltrinieri non era un detenuto a rischio — conclude —. L’ho incontrato il 24 dicembre, ma forse il suo dolore non è stato intercettato». Nel carcere bolognese della Dozza c’è un altro allarme: lo segnala Nicola d’Amore, della Fns-Cisl: «La situazione è drammatica: le difficoltà quotidiane del lavoro sul campo sono insostenibili e cresce il fenomeno della `fuga dalle sezioni detentive´» degli agenti della Penitenziaria che chiedono mansioni da ufficio.

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