il tribunale mette i migranti nelle case popolari – Libero Quotidiano

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Fabio Rubini

Dopo la Corte Costituzionale anche il tribunale di Padova boccia la legge della Regione Veneto per l’assegnazione delle case popolari. Una legge che prevede criteri premiali per l’assegnazione a quelle persone che, a parità di condizioni economiche, risiedono in regione da almeno 5 anni. Un modo per frenare l’assegnazione delle case agli extracomunitari che negli ultimi anni si sono riversarti in massa in Italia e che, causa povertà, hanno buon gioco a passare avanti nelle liste d’assegnazione a chi – veneto, italiano o straniero – da anni pagale tasse. E dunque, nella visione del governatore Luca Zaia dovrebbe avere priorità maggiori nell’assegnazione degli alloggi popolari.

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A fare ricorso e a portare la Regione in tribunale è stata, manco a dirlo, la sinistra per tramite l’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (Asgi), l’associazione culturale Razzismo Stop di Padova e il Sunia, il sindacato unitario degli inquilini e assegnatari. Così il 2 gennaio scorso il tribunale di Padova ha ordinato alla Regione Veneto e al Comune di Venezia di rivedere le regole per l’accesso alle graduatorie di edilizia popolare e quelle per l’attribuzione dei punteggi. La sentenza della scorsa settimana di fatto ribadisce quanto già stabilito dalla Corte Costituzionale con la sentenza dell’aprile 2024, che aveva definito «incostituzionale» il requisito dei 5 annidi residenza nella regione per accedere alle graduatorie. Da qui l’ulteriore sentenza del tribunale padovano che ha ritenuto che le norme approvate da Regione Veneto e Comune di Venezia siano irragionevoli perché, dicono, il bene-casa non può essere attribuito sulla base di criteri, come la pregressa residenza, che prescindono completamente dalla considerazione del bisogno.

 

 

 

Alla notizia della sentenza, il governatore veneto Luca Zaia, ha spiegato che: «La Regione Veneto farà ricorso. Quel requisito che noi abbiamo chiamato “prima il Veneto” non vuole ghettizzare qualcuno, ma significa premiare quei cittadini che sono qui da generazioni o che vengono da fuori e che, anche se non sono veneti, vogliono vivere qui nel nostro territorio. Noi siamo una regione aperta- ha concluso Zaia -, ospitale e inclusiva e per noi è giusto che, a parità di requisiti, prima vengano loro invece di chi è qui solo di passaggio».

Anche il Comune di Venezia ricorrerà contro la sentenza. Spiega l’assessore alla Casa Simone Venturini: «Una cosa sono i requisiti di ammissione al bando, su cui la Corte costituzionale si è già espressa e di cui prendiamo atto spiega – un’altra questione, però, sono i cosiddetti punteggi aggiuntivi». Questi ultimi «non impediscono la partecipazione al bando, ma si limitano a riconoscere una premialità».

Una visione, quella del “Doge” Zaia e dell’assessore veneziano, fortemente contrastata dalla sinistra: «A quasi un anno dalla sentenza della Consulta, la Regione non ha ancora modificato il regolamento: è urgente farlo, ma serve soprattutto una riforma seria e immediata sulla residenzialità pubblica», ha spiegato la consigliera regionale Elena Ostanel di Il Veneto che vogliamo (lista civica che nel 2000 appoggiò il candidato di centrosinistra, raccogliendo il 2,01% dei consensi). E ancora: «Dispiace apprendere che il presidente Zaia difenda un regolamento in nome del buon padre di famiglia. Ma i dati dicono che non ha amministrato secondo questo principio».

 

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Il ricorso verterà sul fatto che il regolamento non penalizza chi è più povero, ma favorisce chi, a parità di condizioni economiche, risiede da più tempo in Veneto. Un concetto che Zaia aveva già espresso nell’aprile scorso commentando la sentenza della Consulta: «Se perla Corte Costituzionale la residenza in Veneto da almeno cinque anni non può essere un requisito necessario per l’accesso alle case popolari, vorrà dire che interverremo assegnando punteggi più alti a chi dimostra di aver posto radici da tempo nel nostro territorio. Premieremo nelle graduatorie chi dimostrerà di risiedere in Veneto da tempo». Il tribunale di Padova ha bocciato anche questa interpretazione, ma la battaglia è solo all’inizio. 

 

 

 

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