La sostenibilità sta assumendo un ruolo sempre più centrale nel reporting aziendale, riflettendo una crescente consapevolezza dell’impatto che le imprese hanno sull’ambiente e sulla società. Secondo l’analisi condotta da ConsumerLab su 2.612 imprese dell’indice Mediobanca, il 30,3% pubblica un bilancio di sostenibilità, evidenziando un trend in aumento. Questo dato sottolinea come la rendicontazione non finanziaria stia diventando un elemento imprescindibile per valutare la performance complessiva di un’azienda: la ricerca, infatti, mostra che settori come la produzione di vetro (70,6% di aziende con bilancio di sostenibilità) e le telecomunicazioni (63,1%) sono all’avanguardia, mentre altri come l’industria del legno (9,4%) e la distribuzione (10,6%) sono in ritardo.
L’incremento dell’attenzione verso questi temi non è solo una risposta alle crescenti pressioni normative, ma riflette anche un cambiamento nelle aspettative degli stakeholder, in particolare investitori e consumatori, che richiedono sempre più trasparenza sulle pratiche aziendali in ambito ambientale, sociale e di governance (Esg). La crescente importanza della sostenibilità nel reporting aziendale sta spingendo le imprese a ripensare i propri modelli di business e le proprie strategie a lungo termine, considerando non solo gli aspetti finanziari ma anche l’impatto più ampio delle loro attività sulla società e sull’ambiente.
L’evoluzione dei bilanci di sostenibilità: sfide e opportunità
https://www.esg360.it/tag/greenwashing/Dall’analisi condotta su 25.135 imprese italiane con 50-499 dipendenti, emerge che solo il 6% pubblica un bilancio di sostenibilità, evidenziando un ampio margine di crescita in questo ambito. Le principali criticità riscontrate nei bilanci esaminati includono la prolissità, l’autoreferenzialità e la mancanza di dati concreti sugli impatti delle attività aziendali. Secondo il Centro Studi ConsumerLab, molti bilanci risultano “poco accessibili al pubblico, prolissi, fumosi e autoreferenziali”, creando spesso “aspettative irrealistiche (greenwashing) e fuorvianti (hazy)”.
Questa situazione sottolinea la necessità di un approccio più mirato e trasparente nella rendicontazione. D’altra parte, le opportunità legate a una corretta ed efficace rendicontazione di sostenibilità sono molteplici. Un bilancio ben strutturato può migliorare la reputazione aziendale, attrarre investitori attenti ai criteri ESG e favorire un dialogo costruttivo con gli stakeholder. Inoltre, il processo di redazione del bilancio può stimolare l’innovazione interna, portando le aziende a identificare nuove opportunità di business legate alla sostenibilità.
La sfida principale resta quella di integrare efficacemente le informazioni non finanziarie con quelle finanziarie, creando un quadro completo e coerente della performance aziendale. In questo contesto, l’adozione di standard internazionali come i GRI (Global Reporting Initiative) può fornire una struttura utile, ma come evidenziato dalla ricerca, non è sufficiente “riempire le caselle” con parole e intenti: è necessario un approccio più sostanziale e orientato agli impatti reali.
Il ruolo chiave dei consumatori nella promozione della cultura della sostenibilità
I consumatori stanno emergendo come attori fondamentali nella promozione della cultura della sostenibilità, influenzando in modo significativo le strategie aziendali e le pratiche di reporting. L’indagine condotta da ConsumerLab su un cluster di 3.500 consumatori rivela un crescente interesse e consapevolezza sui temi della sostenibilità.
In particolare, si è registrato un aumento della percentuale di consumatori che ritengono “tanto” importante il proprio contributo per l’affermazione degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, passando dal 36% nel 2017 al 57% nel 2023. Questo trend evidenzia una maggiore responsabilizzazione dei consumatori nel processo di transizione verso modelli di business più sostenibili. Tuttavia, la ricerca mostra anche che c’è ancora un gap significativo nella conoscenza specifica degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile: nel 2023, il 57% dei consumatori intervistati ha dichiarato di non conoscerli, sebbene questo dato sia in miglioramento rispetto al 79% del 2017.
Un aspetto particolarmente rilevante emerso dallo studio è la disponibilità dei consumatori a pagare un premium price per prodotti sostenibili: il 38% si dichiara disposto a pagare fino al 10% in più, il 37% fino al 20% in più, e il 16% fino al 30% in più. Questi dati sottolineano come la sostenibilità stia diventando un fattore determinante nelle scelte d’acquisto, spingendo le aziende a migliorare non solo le proprie pratiche, ma anche la comunicazione delle stesse.
Tuttavia, come evidenziato nella ricerca, molti consumatori percepiscono ancora una disconnessione tra le dichiarazioni di sostenibilità delle aziende e le loro pratiche effettive, con il rischio di greenwashing che mina la fiducia. Questo scenario pone l’accento sull’importanza di una comunicazione trasparente e verificabile da parte delle aziende, che vada oltre le mere dichiarazioni d’intenti per fornire dati concreti e misurabili sugli impatti delle proprie attività.
Verso una rendicontazione integrata: bilancio finanziario e di sostenibilità
La tendenza verso una rendicontazione integrata, che unisca bilancio finanziario e di sostenibilità, sta guadagnando sempre più terreno nel panorama aziendale italiano ed europeo. Questa evoluzione risponde alla crescente consapevolezza che le performance finanziarie di un’azienda sono intrinsecamente legate alle sue pratiche di sostenibilità. Secondo l’analisi condotta da ConsumerLab, tuttavia, solo il 12,5% delle aziende esaminate integra già il bilancio contabile con quello di sostenibilità.
Questo dato evidenzia un ampio margine di miglioramento e la necessità di un cambiamento significativo nelle pratiche di reporting. L’integrazione dei due bilanci presenta sfide considerevoli, in particolare per quanto riguarda la complessità e la leggibilità dei documenti risultanti. Come sottolineato nella ricerca, “questo ne complicherà ulteriormente la leggibilità, quindi la loro utilità per l’affermazione della cultura della Sostenibilità e il valore distintivo di un prodotto/servizio che ne è allineato”.
La sfida principale consiste nel trovare un equilibrio tra la completezza delle informazioni e la loro accessibilità, non solo per gli investitori e gli analisti finanziari, ma anche per un pubblico più ampio di stakeholder, inclusi i consumatori. Una possibile soluzione, proposta nello studio, è la creazione di due tipi di rendicontazione: “una integrata e ben strutturata, per dare elementi di valutazione di solvibilità, consapevolezza dei rischi e delle opportunità, impegno a gestirle entrambi in maniera organizzata per consolidare la crescita nel tempo; una narrativa identitaria, per fornire con semplicità e sintesi le dovute informazioni al pubblico affinché la consapevolezza nelle scelte di acquisto diventi determinante”.
Questo approccio dual-track potrebbe permettere di soddisfare le esigenze di diversi gruppi di stakeholder, mantenendo al contempo la ricchezza e la profondità delle informazioni necessarie per una valutazione completa delle performance aziendali.
L’impatto della direttiva europea CSRD sulle imprese italiane
L’introduzione della Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD) dell’Unione Europea sta avendo un impatto significativo sulle imprese italiane, in particolare sulle PMI che si trovano ad affrontare nuove sfide in termini di rendicontazione non finanziaria. Secondo l’analisi, delle oltre 4.000 imprese italiane obbligate a conformarsi alla CSRD, circa due terzi devono partire da zero nella redazione di report di sostenibilità, mentre il terzo rimanente è in gran parte lontano dagli standard richiesti.
La direttiva, che mira a standardizzare e migliorare la qualità del reporting di sostenibilità, si presenta come un documento complesso: “oltre 100 pagine, in tre documenti (atto delegato, principi di rendicontazione, acronimi e glossario)” e “altre 300 pagine di Regolamento”. Questa complessità sta generando preoccupazione tra le imprese, soprattutto quelle di medie dimensioni, che si trovano a dover implementare procedure “europeizzate” che complicano notevolmente i processi di rendicontazione. Un aspetto critico evidenziato nella ricerca è l’impatto sulla catena di fornitura: le PMI inserite nelle filiere produttive delle aziende obbligate alla rendicontazione CSRD potrebbero trovarsi a dover fornire informazioni dettagliate sulla sostenibilità, con il rischio di esclusione per quelle non preparate.
Questo scenario solleva questioni importanti sulla responsabilità delle aziende capo-filiera e sui rischi che dovranno prevenire. Nonostante le sfide, la CSRD viene vista anche come un’opportunità per migliorare la trasparenza e la comparabilità delle informazioni di sostenibilità tra le aziende europee. Tuttavia, come sottolineato nello studio, è fondamentale che i governi nazionali, incluso quello italiano, introducano “misure per coadiuvare le piccole e medie imprese nell’applicazione dei principi di rendicontazione di sostenibilità”. Senza un adeguato supporto, infatti, c’è il rischio che la competitività e l’export delle PMI italiane possano essere compromessi, mettendo a repentaglio un segmento cruciale dell’economia nazionale.
Strategie per una comunicazione efficace della sostenibilità aziendale
La comunicazione efficace della sostenibilità aziendale emerge come una sfida cruciale nel panorama del reporting non finanziario. L’analisi condotta da ConsumerLab su 200 bilanci di sostenibilità ha evidenziato diverse carenze comuni che ostacolano una comunicazione chiara e incisiva. Tra queste, spiccano la mancanza di impegni concreti verso i fornitori, la scarsa trasparenza sui tempi di risposta del servizio clienti, e l’insufficiente valutazione degli impatti ambientali e sociali.
D’altra parte, lo studio ha anche identificato pratiche virtuose che possono servire da modello per una comunicazione più efficace. Il 58,5% delle aziende esaminate, ad esempio, specifica i requisiti oggettivi e soggettivi dei fornitori, mentre il 31% determina chiaramente come intende perseguire gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile. Queste best practice suggeriscono che una strategia di comunicazione efficace dovrebbe basarsi su dati concreti, obiettivi misurabili e una chiara connessione tra le attività aziendali e il loro impatto sulla sostenibilità. Un elemento chiave emerso dalla ricerca è l’importanza di una narrazione semplice e accessibile, supportata da infografiche e da una concettualità essenziale.
Il 32% delle aziende analizzate, ad esempio, sintetizza efficacemente i numeri chiave (highlights) che caratterizzano l’essenziale della gestione. Questa pratica non solo rende il bilancio più leggibile, ma permette anche ai diversi stakeholder di cogliere rapidamente gli aspetti più rilevanti della performance di sostenibilità dell’azienda. Un altro aspetto cruciale è il coinvolgimento attivo degli stakeholder, in particolare dei consumatori.
La ricerca sottolinea l’importanza di collaborazioni strutturate con le associazioni dei consumatori e di una maggiore trasparenza nelle pratiche commerciali. Queste strategie non solo migliorano la percezione dell’azienda, ma contribuiscono anche a costruire una relazione di fiducia con il pubblico, essenziale per il successo a lungo termine delle iniziative di sostenibilità.
Il futuro della sostenibilità: tendenze e prospettive per le imprese
Il futuro della sostenibilità nel contesto aziendale si profila come un percorso di trasformazione profonda, caratterizzato da sfide complesse ma anche da opportunità significative. L’analisi condotta da ConsumerLab evidenzia come la sostenibilità stia evolvendo da semplice elemento di reporting a vero e proprio driver di innovazione e competitività. Una delle tendenze più rilevanti emerse dallo studio è l’integrazione sempre più stretta tra sostenibilità e strategia aziendale.
Come sottolineato nella ricerca, “la Sostenibilità è la madre di tutte le riforme; l’innovazione non è solo tecnologia o digitale”. Questa visione implica un ripensamento radicale dei modelli di business, orientandoli verso una maggiore responsabilità ambientale e sociale. Un’altra tendenza significativa è l’aumento della pressione normativa, esemplificata dalla direttiva CSRD e da altre iniziative legislative europee. Queste normative, pur rappresentando una sfida per molte imprese, stanno anche accelerando l’adozione di pratiche sostenibili e la standardizzazione del reporting non finanziario.
La ricerca evidenzia come il 100% delle aziende intervistate abbia già adottato o preveda di adottare soluzioni di IA Generativa nel prossimo futuro, un aumento significativo rispetto al 78% dell’anno precedente. Questo trend suggerisce che le tecnologie emergenti giocheranno un ruolo cruciale nel futuro della sostenibilità aziendale, offrendo nuove opportunità per l’ottimizzazione dei processi e la riduzione degli impatti ambientali.
Le prospettive per le imprese italiane sono particolarmente interessanti: lo studio prevede che l’adozione diffusa dell’IA Generativa potrebbe aggiungere fino a 312 miliardi di euro al PIL annuale italiano nei prossimi 15 anni, con un impatto particolarmente significativo per le PMI e per il settore del Made in Italy.
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