Meloni fa la portavoce di Trump ma alle proprie riforme non crede più

Effettua la tua ricerca

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#finsubito

Mutuo 100% per acquisto in asta

assistenza e consulenza per acquisto immobili in asta

 


Alla conferenza stampa di inizio anno, la premier eccelle nello spiegare i voleri statunitensi, ma sta lontanissima dalla realtà italiana. Poco sul lavoro. Niente sulla sanità. Scansa i rincari in bolletta. E scarica l’autonomia differenziata. I referendum? “Farò un passo indietro”

Portavoce oltreoceano di Donald Trump, senza ambizioni per quel che riguarda le riforme “epocali” del suo governo, dal premierato in giù. Alla sua terza conferenza stampa di fine-inizio anno, Giorgia Meloni svolta. Non più tanto vittima dei poteri forti, e nemmeno di “complotti”, al limite bersaglio di “strategie” per “gettare fango” su di lei. Reduce dalla trattativa che ha portato alla liberazione di Cecilia Sala ma ancora molto prudente sul relativo dossier, la presidente del Consiglio si dà nuove priorità: l’anno scorso erano cambiare la Costituzione e gli assetti della giustizia, adesso il ruolo che le interessa di più si incentra sul rapporto privilegiato con il prossimo presidente degli Stati Uniti, alla cui cerimonia di incoronazione il 20 gennaio conta di partecipare, agenda istituzionale permettendo.

 

Sconto crediti fiscali

Finanziamenti e contributi

 

Poca Italia

 

C’è pochissima realtà quotidiana, in quel che dice Meloni in due ore e mezzo di risposte. La premier che ha fondato una parte della sua fortuna sul racconto di figlia del popolo, di underdog, parla poco dell’Italia e degli italiani. Sembra, soprattutto, che non abbia niente di nuovo da dire. La parola “lavoro”, ad esempio, arriva dopo due ore e un quarto di conferenza stampa, come al risveglio di un sogno fatato. E bisogna giungere a un soffio dalla fine, alla 39esima domanda su 41, per sentire due frasi sulla mancata riforma delle pensioni e sul mancato taglio delle tasse: “Certamente va dato un segnale al ceto medio, un segnale che non è stato dato finora”. E quando le si chiede dei rincari in bolletta, la premier replica che “non è questione cui si possa rispondere in venti secondi”, eludendo così la domanda. La parola sanità non è pronunciata una volta, in due ore e mezza di conferenza. Non c’è l’italia che soffre o che fa fatica, e potrebbe essere una scelta politica, ma non c’è neppure granché la retorica sull’impresa o sull’eccellenza nostrana in qualsiasi salsa. Non c’è il disegno urgente di un futuro.

 

Musk e Trump accentratori

 

Complice il cambio d’anno e la vicenda Sala, il fuoco si concentra sui colloqui con Trump a Mar-a-lago, su Starlink, sul ruolo di Elon Musk. Passaggi che Meloni racconta al modo del leaderismo cesarista tipico della fase, al netto dei dovuti ringraziamenti all’intelligence e alla diplomazia: la rappresentazione è one-to-one, senza impicci istituzionali o l’ombra di un’ambizione ad essere un tramite collettivo, ad esempio, degli interessi europei – ruolo che pure per lei sarebbe stato interessante provare a ricoprire. Ma no: è tutta una questione di rapporti personali. Non c’è affatto l’Europa, nelle sue parole, non c’è un riferimento al ruolo di Fitto o alla nuova commissione von Der Leyen: Meloni la cita l’Unione soltanto per dire, a proposito dei centri per trattenere i migranti in Albania, che la maggior parte dei paesi è d’accordo con la sua impostazione sull’accoglienza. Per il resto è tutto un “io sono Giorgia” che parla di “the Donald”.

 

Richiedi prestito online

Procedura celere

 

E allora Soros?

 

Come una vera e propria portavoce, in più di un passaggio, Meloni offre l’interpretazione autentica del prossimo residente statunitense, quel “secondo me lui ha voluto dire” che è il tipico spin che il comunicatore offre alla stampa: lo fa per negare il disimpegno sull’Ucraina, o persino per chiarire il senso delle dichiarazioni sulla Groenlandia. È appena da notare come la donna che non ha mai voluto il suo Bonaiuti o il suo Casalino, sia finita a incarnare lei quel ruolo in nome e per conto di un’altra potenza del primo mondo. Per quel che riguarda Musk, molte volte tirato in ballo, trionfa nelle parole di Meloni la tripletta deny, deflect and distract, vale a dire: “Musk non ha fatto ingerenze”, “non mi hanno mai appassionato i commenti su fatti altrui, ma da questo a dire che è pericoloso mi pare un’esagerazione”, tanto più perché “George Soros le fa, le ha fatte per anni senza che nessuno dicesse una parola”. Il miliardario ormai novantacinquenne è l’ultimo nemico che Meloni si sceglie, assieme alla magistratura, in una evidente carenza di nuovi antagonisti.

 

“Sarà l’anno delle riforme”. Forse

 

L’altra novità che salta fuori dalla conferenza stampa di fine-inizio anno è che Meloni non ha nessuna intenzione di impegnarsi oltremodo nelle grandi riforme del suo governo, di velocizzarne l’iter, tantomeno di fare campagna elettorale nei referendum sulle riforme, a partire dall’autonomia differenziata. A sorpresa, la domanda-assist sul “cronoprogramma” finisce infatti in una ammissione di remi in barca. La premier che ancora in dicembre aveva proclamato alla festa di Atreju il 2025 come l’anno delle riforme, adesso all’alba del 2025 dice che “le tempistiche non dipendono da me, il mio intento è andare avanti, possibilmente spediti” e che “l’importante è portare a casa le riforme”. I referendum sicuramente possono attendere, anzi su questo c’è un esplicito disimpegno della premier per quel che riguarda l’autonomia differenziata: “Cercherò di fare un passo indietro, penso sia un errore non restare nel merito della questione: abbiamo fatto le riforme, ci abbiamo messo la faccia, ma le consegniamo ai cittadini”, spiega Meloni. Nel 2015 fu proprio nella conferenza stampa di fine anno che Matteo Renzi, da premier, annunciò che si sarebbe dimesso in caso di bocciatura al referendum. Si vede che la leader di Fratelli d’Italia ha fatto tesoro dell’esperienza altrui: niente personalizzazione.

Cessione crediti fiscali

procedure celeri

 

 

Opposizioni interne ed esterne

 

Renzi è del resto l’unico leader dell’opposizione ad essere citato: l’anno scorso Meloni aveva detto sì al confronto tv con Elly Schlein, ma stavolta evita accuratamente di pronunciarne il nome, persino quando risponde a una domanda sulla discesa in campo di Ernesto Ruffini: “Non mi pare una cosa immaginata soprattutto per creare problemi a questa leader”, dice alludendo palesemente alla segretaria del Pd. Ce n’è molto di più per Matteo Salvini. Le sue ambizioni sul Viminale sono stroncate per sempre: “Sarebbe stato ottimo, ma abbiamo già un ottimo ministro che è Piantedosi“. L’autonomia differenziata è oggetto di un esplicito disimpegno come s’è detto, la via campana al terzo mandato escogitata da Vincenzo De Luca viene stroncata attraverso l’intero Consiglio dei ministri e negli accordi per le prossime regionali, a partire dal Veneto, l’interesse di Fdi è esplicito. Ma neanche del suo partito, di fatto, Meloni parla. Resta sullo sfondo, e sono solo una scia le  polemiche sul ruolo della sorella Arianna. Non c’è nulla sull’affaire Sangiuliano, c’è una frase appena su Santanchè. Non ci sono bilanci, non ci sono visioni. Una navigazione tranquilla, e la realtà altrove.



Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Finanziamo agevolati

Contributi per le imprese

 

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link