Il governo siriano pianifica un rialzo del 400% degli stipendi pubblici

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Assistenza fiscale

 


Il ministro delle Finanze siriano ha recentemente annunciato un aumento del 400% degli stipendi dei dipendenti pubblici, una misura destinata a suscitare reazioni contrastanti in un Paese devastato da oltre un decennio di conflitto.

L’annuncio arriva in un momento in cui la Siria è alle prese con una profonda crisi economica, caratterizzata da un’iperinflazione che ha eroso il potere d’acquisto della lira siriana e da una diffusa povertà. Secondo le ultime stime, oltre il 69% della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà, e la disoccupazione è dilagante.

L’aumento degli stipendi, se da un lato potrebbe rappresentare un primo passo per alleviare le difficoltà economiche dei dipendenti pubblici, dall’altro da vita a numerosi interrogativi. Quali saranno le conseguenze a lungo termine per le finanze pubbliche già fortemente indebolite? In che misura l’aumento degli stipendi riuscirà a contrastare l’impennata dei prezzi? E, soprattutto, come verrà finanziato questo provvedimento in una circostanza di grave crisi economica? L’aumento degli stipendi rappresenta un segnale importante, ma non è sufficiente a risolvere i problemi strutturali dell’economia siriana. Per avviare un processo di ricostruzione duraturo, sarà necessario mettere in atto una serie di riforme economiche e politiche volte a stabilizzare la moneta, a rilanciare la produzione e a combattere la corruzione.

Dilazione debiti

Saldo e stralcio

 

Il costo di questa promessa è stimato in 1,65 bilioni di lire siriane, circa 127 milioni di dollari. Ma da dove proverranno questi fondi? La risposta, come spesso accade, è un enigma: risorse statali già esistenti, aiuti regionali, investimenti e quel tesoro congelato all’estero – beni siriani che il nuovo governo vorrebbe recuperare, in una vera e propria caccia al tesoro tra banche e cavilli legali.

Mohammed Abazeed, ministro delle Finanze del governo provvisorio, ha definito l’aumento salariale “un primo passo verso una soluzione di emergenza”, come ha riferito alla Reuters. Un’operazione chirurgica sulla macchina statale che ha portato alla revisione dei dati di 1,3 milioni di dipendenti pubblici: eliminati i “fantasmi” dal libro paga, sono rimasti solo i dipendenti attivi, con competenze utili alla ricostruzione.

Sotto il regime di Bashar al-Assad, gli stipendi nel settore pubblico si aggiravano intorno ai miseri 25 dollari al mese, una cifra che condannava milioni di siriani alla fame. Una situazione di stallo che il nuovo governo, nato dalle ceneri di un regime ultracinquantennale, sta cercando di superare. Ma il passato incombe e le casse dello Stato sono quasi vuote, con una moneta che perde valore giorno dopo giorno. Nonostante le difficoltà, il ministro delle Finanze Abazeed promette un futuro migliore, sostenendo che gli investimenti internazionali e l’aiuto dei paesi vicini saranno un’ancora di salvezza. Un’affermazione audace, se si considera lo stato in cui versa il Paese. Un sogno ambizioso, ma forse l’unico in grado di tenere in vita lo spirito di una popolazione provata.

Inoltre, il governo provvisorio non si ferma agli stipendi, sta lavorando intensamente per alleggerare il carico fiscale sui contribuenti. Entro tre mesi è prevista una riforma del sistema fiscale finalizzata a garantire una maggiore equità. Una prima bozza sarà pronta entro quattro mesi, con l’obiettivo di esentare, per quanto possibile, i contribuenti da sanzioni e interessi.

La storia, però, non si ferma ai confini regionali. Le dinamiche di potere a livello internazionale stanno cambiando, e la Siria si trova a essere un terreno di confronto tra le grandi potenze. Dopo anni di aspre sanzioni imposte sotto il regime di Assad, gli Stati Uniti si apprestano ad allentare la loro morsa sull’economia siriana. Come riportato dal Wall Street Journal, l’amministrazione Biden ha autorizzato, nel corso del weekend, un allentamento delle restrizioni economiche. La decisione, che autorizza il Dipartimento del Tesoro a concedere esenzioni per la fornitura di beni essenziali come acqua, elettricità e aiuti umanitari, rappresenta un significativo cambio di rotta nella politica statunitense nei confronti della Siria. Un segnale, questo, che apre un nuovo dialogo con i nuovi governanti islamisti, saliti al potere dopo la caduta del regime di Assad.

La mossa americana, in questo scenario geopolitico così articolato, potrebbe fungere da catalizzatore per una serie di riforme, come l’aumento degli stipendi annunciato dal governo provvisorio. Tuttavia, la cautela rimane d’obbligo. Gli Stati Uniti, pur allentando la presa, intendono mantenere una certa influenza sulla scena politica siriana, cercando di plasmare un nuovo ordine regionale a loro favore.

Si apre, dunque, una fase di transizione delicata e complessa. La Siria, sconvolta dalla guerra, cerca di ricomporre i cocci di un passato lacerato. Ma la strada verso la ricostruzione è ancora lunga e tortuosa, e gli equilibri geopolitici regionali potrebbero subire profonde trasformazioni.

Contabilità

Buste paga

 

Il cambio di regime ha risvegliato speranze, ma le ferite della guerra sono ancora aperte. La Siria è un Paese in bilico, con troppe variabili pronte a far saltare il fragile equilibrio. C’è chi vede la fine del regime di Assad come una vittoria, un’epopea da raccontare. Ma le domande restano: quale futuro per una società devastata? E a quale prezzo? La storia della Siria non è il ritratto di un’umanità in cerca di risposte tra le macerie, un dramma in cui promesse e realtà si sfiorano senza mai toccarsi davvero.

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