‘‘Esmaeil Baqaei, portavoce del Ministero degli Affari Esteri, ha annunciato il rilascio di Mohammad Abedini Najafabadi, cittadino iraniano detenuto in Italia, e il suo ritorno in patria”. Lo si apprende da un comunicato del ministero degli Esteri iraniano.
Nel dare la notizia della liberazione di Abedini, detenuto in Italia dal 16 dicembre, e del suo ritorno in patria, il portavoce del ministero degli Esteri iraniano ha espresso “apprezzamento per la cooperazione di tutte le parti interessate”. Lo riferisce l’agenzia di stampa ufficiale Irna, rilanciando le dichiarazioni del portavoce in merito “agli sforzi compiuti dall’apparato diplomatico per dare seguito alla questione”. Oltre alla “soddisfazione” per il rilascio del connazionale, Baghaei ha sottolineato che il ministero degli Esteri “non risparmierà alcuno sforzo nell’adempiere ai suoi doveri intrinseci di proteggere i diritti dei cittadini iraniani all’estero”.
E’ stato liberato questa mattina poco dopo le 9. Da quanto si è appreso stamane, non appena arrivata la richieste di revoca della misura cautelare firmata dal Ministro Nordio, si è riunito d’urgenza un collegio della quinta Corte d’Appello che ha rimesso in liberà l’ingegnere 38enne, poco dopo decollato per Teheran.
“Ora il mio cliente è persona libera e potrà riprendere a sorridere e sperare”. Lo dice Alfredo De Francesco, legale di Mohammad Abedini. “La decisone presa dal ministro della Giustizia, Carlo Nordio, ci ha felicemente sorpresi. Da giurista e da avvocato, sono molto contento delle motivazioni addotte a sostegno della richiesta di revoca delle custodia cautelare, poiché si sposa con quanto sostenuto sin dall’inizio in merito all’assenza dei presupposti per l’estradizione ma soprattutto per l’attenzione data al valore fondamentale della libertà personale alla luce dei principi costituzionali – aggiunge l’avvocato – Mi ha sempre ripetuto che lui credeva e aveva fiducia nella giustizia. Oggi questa sua fiducia, questa nostra fiducia ha trovato un riscontro effettivo. Da ultimo, sento anche a nome del mio cliente di ringraziare tutti coloro che nel silenzio e con grande delicatezza hanno sostenuto questo nostro percorso e hanno accompagnato ogni nostro passo e timore con la preghiera”.
Il ministro Nordio aveva depositato alla Corte di Appello di Milano la richiesta di revoca degli arresti per il cittadino iraniano Abedini Najafabadi Mohammad. Lo rendeva noto stamane il ministero della Giustizia.
“In forza dell’articolo 2 del trattato di estradizione tra il Governo degli Stati Uniti d’America e il Governo della Repubblica italiana – si legge nella nota del ministero – possono dar luogo all’estradizione solo reati punibili secondo le leggi di entrambe le parti contraenti, condizione che, allo stato degli atti, non può ritenersi sussistente. La prima condotta ascritta al cittadino iraniano di “associazione a delinquere per violare l’IEEPA” non trova corrispondenza nelle fattispecie previste e punite dall’ordinamento penale italiano; quanto alla seconda e terza condotta, rispettivamente di “associazione a delinquere per fornire supporto materiale ad una organizzazione terroristica con conseguente morte” e di “fornitura e tentativo di fornitura di sostegno materiale ad una organizzazione terroristica straniera con conseguente morte”, nessun elemento risulta ad oggi addotto a fondamento delle accuse rivolte emergendo con certezza unicamente lo svolgimento, attraverso società a lui riconducibili, di attività di produzione e commercio con il proprio Paese di strumenti tecnologici avente potenziali, ma non esclusive, applicazioni militari” conclude la nota del ministero.
Dopo poco l’ufficio stampa del ministero della Giustizia iraniano ha annunciato che Abedini tornerà in Iran “nelle prossime ore”.
Nei giorni scorsi Teheran aveva più volte smentito che i casi della giornalista Cecilia Sala e dell'”ingegnere dei droni” Abedini fossero collegati. L’Iran ha sempre negato che l’arresto di Sala fosse una ritorsione per poter trattare uno scambio di “ostaggi”. Eppure il ruolo degli Usa è stato centrale in questa complicata triangolazione diplomatica, tanto che la premier Giorgia Meloni si era recata in Florida in gran segreto per un viaggio lampo che ha evidentemente contribuito a sbloccare la trattativa.
Anche nella conferenza stampa di fine anno (diventata poi di inizio anno), Meloni ha confermato che le trattative hanno coinvolto gli Usa e che non si erano concluse con la liberazione di Sala.
Nei giorni in cui le trattative erano ancora in alto mare la posizione dell’Iran era stata diversa. Il 2 gennaio l’ambasciatore iraniano in Italia, Mohammad Reza Sabouri, aveva legato ufficialmente il caso di Sala a quello di Abedini, dopo giorni in cui la stampa italiana aveva parlato di una possibile connessione fra i casi.
L’ambasciatore iraniano qui in Italia aveva detto in modo chiaro che le condizioni detentive di Sala erano legate in modo reciproco a quelle di Abedini, anche se di fatto le condizioni di Sala fossero nei fatti molto più dire rispetto a quelle di Abedini il quale aveva anche potuto più volte incontrare il suo avvocato.
L’esito che oggi vediamo porta a pensare che le ipotesi di un legame tra i due casi, avanzate in primo luogo dalla stampa italiana, non fossero peregrine e che la richiesta di un silenzio stampa fosse proprio dovuta a un possibile “disturbo” di queste trattative triangolari in cui sono coinvolti anche gli Usa.
Rifugiati iraniani: “Roma ha ceduto al ricatto di Teheran”
“Schiaffo di Meloni a Biden: liberato Abedini, accusato della morte di tre soldati americani e ricercato dagli Stati Uniti. L’Italia ha ceduto ai ricatti terroristici di Teheran”. Così in una nota Davood Karimi, presidente dell’Associazione rifugiati politici iraniani residenti in Italia, che “condanna fermamente la liberazione di Abedini, arrestato all’aeroporto di Milano dietro un mandato di cattura internazionale emesso da parte della magistratura americana. Ennesimo atto di sottomissione europea ai ricatti terroristici degli ayatollah che da oltre 40 anni hanno preso in ostaggio il popolo iraniano, e non solo”.
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