Interdittive antimafia, Calabria seconda dopo la Campania

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Calabria seconda regione con il maggior numero di interdittive antimafia, al primo posto la Campania con 67 provvedimenti


CATANZARO – La Calabria è la seconda regione col maggior numero di interdittive adottate dalla Struttura per la prevenzione antimafia del ministero dell’Interno da quando fu istituita, 8 anni fa. Al primo posto si colloca la Campania, con 67 provvedimenti. Sono in tutto 199 le interdittive emanate dalla Struttura oggi diretta dal prefetto Paolo Canaparo. Alle iniziali competenze sulla ricostruzione nelle aree colpite dai terremoti del 2009 in Abruzzo, del 2016 nel Centro Italia, del 2017 a Ischia e del 2018 nelle province di Campobasso e Catania, si è aggiunto da ultimo il monitoraggio antimafia sui lavori dei Giochi olimpici e Paraolimpici di Milano-Cortina 2026.

INTERDITTIVE ANTIMAFIA, I REATI SPIA

Nel realizzare la sua attività di prevenzione, la Struttura verifica la presenza dei cosiddetti “reati spia”, ovvero quelli «sintomatici del pericolo di condizionamento mafioso, a carico dei componenti dell’assetto socio-gestionale delle imprese e dei loro familiari conviventi», spiega il Viminale. Un’attenzione particolare è rivolta all’analisi dei rapporti di parentela tra titolari, soci, amministratori e chi tra i loro familiari può risultare vicino a organizzazioni criminali. Vengono anche approfonditi alcuni tipi di operazioni societarie – tra cui fusioni e cessioni d’azienda – che «possono rivelare un tentativo di elusione della normativa antimafia». L’adozione di una interdittiva antimafia comporta la cancellazione dall’Anagrafe antimafia degli esecutori e l’applicazione automatica della clausola risolutiva espressa del contratto. Per garantire la continuità delle opere e dei servizi connessi, sono previsti appositi strumenti che consentono la prosecuzione dell’attività, come il controllo giudiziario o il commissariamento dell’appalto da parte dei prefetti.

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PREVENZIONE COLLABORATIVA

Nei casi poi di condizionamento occasionale è possibile attivare l’istituto della “prevenzione collaborativa”, un percorso di bonifica aziendale applicato dalla Struttura finora in 4 occasioni. Si tratta di un nuovo strumento previsto dal Codice antimafia. Che, in una logica di proporzionalità, evita l’effetto tipico dell’informazione interdittiva, che in casi più gravi di ingerenze mafiose porta alla estromissione temporanea del destinatario della misura dai rapporti con le pubbliche amministrazioni. Un provvedimento che mira a «preservare l’ordine economico pubblico, promuovere la sana concorrenza tra le imprese e garantire l’efficienza e la legalità dell’azione amministrativa». Come aveva messo in luce la prefetta della provincia di Crotone, Franca Ferraro. La misura nei mesi scorsi adottata nei confronti della ditta Mazzei, impresa di costruzioni edilizie riconducibile a Giovanni Mazzei. L’ex presidente dell’Ance di Crotone coinvolto in varie inchieste della Dda di Catanzaro.

IL CASO REGGIO EMILIA

Ma il grosso del fatturato della ‘ndrangheta oggi è al Nord. Le interdittive riconducibili alle infiltrazioni della mafia calabrese nel tessuto economico sono state 80, nel 2024, nella sola provincia di Reggio Emilia, meta dell’esodo di migliaia di cutresi emigrati ed epicentro della super associazione mafiosa capeggiata dal boss ergastolano Nicolino Grande Aracri.
Segno evidente che la piovra cutrese, su cui si è incentrata il maxi processo Aemilia, il più grande, per numero di imputati, mai celebrato contro le mafie in Nord Italia, nonostante sepolta da condanne a raffica per svariati secoli di reclusione, continua a disporre di enormi capitali che tenta di reimmettere nell’economia apparentemente legale attraverso le proprie imprese di riferimento. Sotto la lente della Prefettura reggiana sono finite soprattutto aziende edili. La prefetta di Reggio Emilia, Maria Rita Cocciufa, ha amentato che la presenza di molte aziende edili legate alla ‘ndrangheta starebbe complicando l’assegnazione dei fondi del Pnrr. Che ammontano a un miliardo e 400 milioni di euro con oltre 2000 progetti pianificati.

I PRECEDENTI

Il dato delle interdittive nella provincia reggiana, legata da un filo rosso con quella crotonese, va letto in rapporto con quello dell’anno precedente, quando i provvedimenti erano stati 144.
Se ci rifacciamo alla mappa stilata nell’ultima relazione della Dia, relativa al primo semestre 2023, con 26 provvedimenti la Calabria è la quarta regione nella classifica, ma l’Emilia Romagna è al secondo posto, con 53 provvedimenti.
Al primo posto troviamo la Campania, con 77 interdittive, seguita appunto dall’Emilia Romagna che, come l’anno scorso, quando era addirittura prima, ha ormai scalzato regioni come la Sicilia, terza con 45 provvedimenti, e la Calabria, quarta appunto con 26. Come era accaduto, per la prima volta, anche nei due semestri del 2022, l’Emilia Romagna, pur passando da prima a seconda, si conferma una delle regioni in cui maggiormente si concentrano i provvedimenti spia dell’infiltrazione mafiosa nell’economia. Il dato emiliano è riconducibile all’influenza della ‘ndrangheta di matrice cutrese, facente capo alla cosca Grande Aracri, egemone soprattutto nella provincia di Reggio Emilia, dove si concentra il 70% delle interdittive emesse in tutta la regione.



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