Per la pensione non bastano più 67 anni di età, ecco i nati nel 1960 di nuovo penalizzati

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Se ci sono dei lavoratori molto penalizzati dalle regole pensionistiche di oggi e che forse lo saranno anche in futuro sono sicuramente i nati nel 1960. Per loro infatti sembra che il sistema previdenziale italiano si sia accanito contro. Molti di loro infatti sono già stati penalizzati dalle regole di uscita dal mondo del lavoro introdotte negli ultimi anni e per quando si sente adesso in relazione all’aumento della stima di vita della popolazione, lo sa saranno anche in futuro.

A rischio finisce la pensione a 67 anni.

E non parliamo dell’allarme che ha montato la CGIL in questi giorni, che partendo dal simulatore INPS sulla pensione futura, ha sentenziato che sarebbe già certo l’aumento di 3 mesi nel 2027. Parliamo di questo, come di un dato ancora aleatorio visto che non ci sono conferme ufficiali di questo inasprimento. Ma effettivamente i requisiti per le pensioni, se è vero che sono congelati fino al 2026, si può ipotizzare che saliranno dall’anno dopo.

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A prescindere da ciò che è successo sul simulatore dell’INPS e delle polemiche nate con l’allarme della CGIL e le smentite immediate dello stesso Istituto di previdenza, probabilmente non basteranno più 67 anni di età per andare in pensione nel 2027. Ed i penalizzati saranno i nati nel 1960. Penalizzati ancora una volta loro quindi.

Per la pensione non bastano più 67 anni di età, ecco i nati nel 1960 di nuovo penalizzati

Il nato nel 1960 è colui che per accedere alla pensione con le regole di oggi guarda sicuramente al 2027. Perché sarà nel 2027 che questi soggetti arriverebbero ai fatidici 67 anni di età pensionabile. Come accade oggi ai nati nel 1958 per il 2025, che possono andare in pensione con 67 anni di età in aggiunta ai soliti 20 anni di contributi versati, così sperano di fare i nati nel 1960 nel 2027. E se poi i 67 anni non basteranno più? Il dubbio c’è e l’allarme della CGIL lo ha solo risvegliato.

Bisogna dire che probabilmente un fondo di verità c’è se si pensa al 2027 e dell’inasprimento dei requisiti per le pensioni. Infatti come appare sempre più probabile, visti i dati sulla vita media degli italiani, nel 2027 si dovrebbe tornare a salire come età pensionabile. SI passerà dagli attuali 67 anni a 67,2 o 67,3 anni di età. Un inasprimento che se sarà confermato, impatterà anche sulle pensioni anticipate ordinarie distaccate dai requisiti anagrafici che da 42,10 anni di contributi per gli uomini (un anno in meno per le donne), passeranno a 43,1 anni.
E anche le pensioni anticipate contributive saliranno a 64,2 o 64,3 anni.

Quota 100 solo per i nati fino al 1959, e per i nati nel 1960 tra poco nemmeno la pensione a 67 anni

Ciò che fa impressione però è che per l’ennesima volta i penalizzati saranno i nati nel 1960. Perché questi soggetti sono stati penalizzati già altre volte in passato. Basti pensare che dal 2019 ad oggi ci sono state misure che sono nate, hanno funzionato e sono state cessate o modificate da un anno all’altro. Ed hanno concesso il pensionamento per esempio a soggetti nati nel 1959, che in alcuni casi sono in pensione da ormai oltre 4 anni. Mentre per i nati nel 1960, niente pensione prima e forse 2 o 3 mesi di attesa ulteriore poi.
Parliamo di soggetti che per pochi giorni, settimane o mesi come data di nascita nel 2021 non riuscirono a centrare la quota 100. La misura che nacque con un governo Conte infatti, durò tre anni, cioè dal 2019 al 2021. Fu per tre anni che ai contribuenti venne data l’occasione di andare in pensione con 62 anni di età e con 38 anni di contributi. Nel 2021 i nati nel 1959 si trovarono a godere per l’ultima volta di questa possibilità.

Per i nati nel 1960 i guai non finiscono mai

I nati nel 1960 che completavano i 62 anni nel 2022, si trovarono di fronte la cessazione della quota 100 e la nascita della quota 102.

Per la quale anziché 62 anni ci volevano 64 anni. E poi nel 2023 e nel 2024 i nati nel 1960 che arrivavano a 63 e 64 anni si trovarono di fronte la quota 103, una misura che portava indietro a 62 anni l’età di uscita ma che portava da 38 a 41 anni i contributi necessari. Esponendoli a due situazioni diverse ma negative.

La prima con l’impossibilità ad andare in pensione per chi non aveva trovato continuità di lavoro dal 2021 al 2024, in modo tale da arrivare da 38 a 41 anni di versamenti. La seconda, per chi invece riuscì a completare i 41 anni nel 2024, di trovarsi di fronte ad una prestazione calcolata interamente con il sistema contributivo, e quindi penalizzata come importo (nel 2024 la quota 103 è diventata a calcolo contributivo). E adesso anche questo triste presagio di dover attendere ancora altri mesi oltre i 67 anni di età per poter andare in pensione nel 2027.

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