L’addio al fact-checking sui social media minaccia anche la stabilità finanziaria

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“Zuckerberg si inchina a Trump”. È uno dei tanti titoli apparsi negli scorsi giorni riguardo la scelta di Meta (ovvero tra gli altri Facebook, Instagram e Whatsapp) di stoppare il fact-checking e sostituirlo con note della comunità. Semplificando, fino a oggi alcune società esterne e indipendenti erano incaricate di verificare i contenuti per rimuovere messaggi falsi, razzisti, incitanti all’odio. Da oggi, come già avviene su X, saranno gli stessi utenti a pubblicare commenti riguardo la veridicità dei post, ma non ci sarà nessun controllo esterno a monte.

Una decisione presa sbandierando il desiderio di tutelare la libertà di pensiero. Ma le conseguenze potrebbero essere decisamente pesanti. Diversi commenti si sono focalizzati sui possibili impatti sulla democrazia e in particolare per le fasce più giovani, le cui fonti quasi esclusive di informazione provengono dai social. Le ricadute potrebbero però interessare direttamente anche la stabilità finanziaria.

Come si generano le crisi di panico nel settore bancario

Proprio negli stessi giorni, la Banca di Francia ha pubblicato una nota nella quale spiega come la digitalizzazione e i social network possano aggravare le crisi di panico. In particolare per il settore bancario.

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Una banca raccoglie risparmio (i depositi sui conti correnti o tramite altri strumenti) e lo presta a chi ne ha bisogno. In situazione normale, c’è un equilibrio tra entrate e uscite, oltre a delle riserve di liquidità che la banca stessa deve detenere. Se però si sparge la voce che una determinata banca è in crisi, molti clienti correranno a ritirare i propri soldi. Ovviamente la banca non può chiedere indietro quelli che ha prestato (ad esempio non può obbligare un mutuatario a rimborsare di colpo tutto il mutuo). Ecco quindi che potrebbe andare in crisi di liquidità.

È il fenomeno definito del bank run, già alla base della crisi del 1929 e che si è verificato numerose volte nei decenni successivi. L’ultimo caso arrivato sulle prime pagine dei giornali è stato quello della Silicon Valley Bank nel 2023, quando in seguito alle notizie sulle difficoltà dell’istituto moltissimi clienti sono corsi a chiudere i conti, esasperando le stesse difficoltà.

Nell’epoca digitale, le crisi bancarie diventano molto più veloci

Secondo l’analisi della Banca di Francia, a differenza del passato il fenomeno potrebbe ampliarsi e accelerare proprio in seguito agli sviluppi tecnologici recenti. Da un lato la digitalizzazione dei servizi finanziari permette di spostare i propri soldi con pochi click a ogni ora del giorno o della notte, senza recarsi fisicamente in banca. Dall’altro una notizia sui social viaggia a velocità impensabili fino a poco tempo fa.

Un articolo di Les Echos si ricorda come i fallimenti di Washington Mutual nel 2008 o di Continental Illinois nel 1984 si erano materializzati in una decina di giorni, mentre SVB ha perso il 60% del suo valore nell’arco di una sola giornata.

Ma i fattori tecnologici che possono scatenare, accelerare o amplificare una crisi sono anche altri. Pensiamo ai cyberattacchi e alla sicurezza informatica dei servizi finanziari, ma anche al diffondersi dell’intelligenza artificiale nel determinare le scelte di fondi di investimento e altri soggetti. Se pochi algoritmi – che operano su basi dati simili – danno indicazione di acquisto o vendita, si rischia un “effetto gregge” in cui l’insieme dei mercati si muove in blocco in una determinata direzione.

Senza fact-checking, chi ferma le notizie false prima che abbiano conseguenze reali?

Il problema, come ricordato nell’articolo, non è solo, o non tanto che notizie vere sulla crisi di una banca possano accelerare la fuga di capitali e quindi la crisi stessa. Il problema è cosa potrebbe succedere se si diffondesse una notizia falsa. O se alcune persone, più o meno note e autorevoli, pubblicassero sui social che una determinata banca si trova in difficoltà. I clienti potrebbero essere spinti a ritirare i propri risparmi, il che provocherebbe davvero una crisi. La profezia si auto-avvera.

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Per fare un solo esempio, Musk ha cambiato nome su X diventando Kekius Maximus e il relativo token crypto è aumentato del 700% in un solo giorno. Immaginiamo adesso cosa questo potrebbe significare alla luce degli interessi commerciali, economici e geopolitici legati al sistema finanziario globale. Una banca che vuole mettere in difficoltà una diretta concorrente. Un Paese che prova a danneggiare l’economia di uno Stato nemico. Anche per questo, un fact-checking indipendente e di terze parti sui contenuti pubblicati sui social era ritenuto fondamentale. Almeno, fino a pochi giorni fa.



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