lavoratori nel mirino di procure e polizia

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Operai e sindacalisti del settore logistico vittime di indagini infondate seguite agli scioperi: su 300 avviate solo una condanna, appellata

Il 27 giugno 2018, un gruppo di operai aderenti al sindacato Si Cobas ha organizzato una mobilitazione ad Arquata Scrivia, in provincia di Alessandria, contro i tagli al personale nei magazzini di Leroy Merlin. I lavoratori si erano radunati pacificamente davanti all’Interporto di Rivalta, con l’intento di bloccare il transito delle merci dirette all’azienda. La manifestazione, pur non violenta, aveva visto la presenza di due cordoni di polizia in assetto antisommossa, un’anomalia secondo gli scioperanti. Le forze dell’ordine avevano fermato il corteo, avviando una trattativa con i manifestanti. Durante il dialogo, uno dei sindacalisti si era avvicinato a un agente, sfiorandone lo scudo. Questo episodio aveva portato la polizia a dare l’ordine di caricare la folla.

Poco dopo, a una trentina di partecipanti era stata notificata una denuncia per violenza privata e resistenza a pubblico ufficiale. A maggio 2024, sei anni più tardi, il Tribunale di Alessandria ha emesso una sentenza che ha assolto tutti gli imputati da ogni accusa, stabilendo che i fatti contestati non sussistevano.

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Nel frattempo queste persone – perlopiù straniere – hanno passato sei anni sotto indagine. Ma non è un caso isolato. Infatti negli ultimi anni le denunce contro lavoratori e sindacalisti impiegati nel settore della logistica stanno assumendo proporzioni rilevanti, con implicazioni significative sia sul piano giudiziario che sociale.

«Ogni volta che i sindacati di base organizzano mobilitazioni in questo settore – con azioni come picchetti e blocchi delle merci – scattano denunce da parte delle forze dell’ordine e dei datori di lavoro», racconta Eugenio Losco, avvocato del foro di Milano che con due soci dal 2016 rappresenta operai ed esponenti dei sindacati di base e al momento sta seguendo circa 3mila persone coinvolte in 300 procedimenti.

La maggioranza dei casi riguarda lavoratori stranieri attivi in Lombardia, Emilia-Romagna e Piemonte, dove si trovano i principali hub logistici. Le accuse principali includono: violenza privata, spesso contestata ai lavoratori con l’accusa di impedire il trasporto o la ricezione delle merci, nonostante la mancanza di violenza o minaccia; estorsione, infatti «il tentativo di reclamare diritti viene frequentemente assimilato a richieste estorsive»; e associazione a delinquere, «un’accusa grave che in alcuni casi ha portato all’applicazione di misure cautelari, poi revocate dal tribunale del riesame».

Su circa 300 dei procedimenti avviati seguiti da Losco «solo 70 processi sono arrivati a sentenza, con 69 assoluzioni e una sola condanna, attualmente in fase di appello». Nonostante la maggior parte dei procedimenti si concluda con giudizi favorevoli, «le denunce continuano a essere presentate, spesso ignorando il diritto di sciopero sancito dalla Costituzione».

E anche se i processi si chiudono quasi sempre con esito positivo per gli imputati le conseguenze delle denunce sono gravi. Soprattutto per i lavoratori stranieri: avere una denuncia a carico porta problemi con il permesso di soggiorno, «i procedimenti penali pendenti complicano il rinnovo», spiega Losco. Inoltre accuse come «violenza privata, boicottaggio, occupazione di azienda o associazione a delinquere impediscono l’accesso alla cittadinanza italiana».

Anche quando i fatti non sussistono, i procedimenti hanno effetti concreti sui lavoratori e sui sindacati, con provvedimenti amministrativi che mirano a limitare l’attività sindacale. Tra questi: avvisi orali del questore e fogli di via. «Noi ci organizziamo per tutelare i diritti dei lavoratori, per far sì che venga applicato il contratto sindacale, per evitare i repentini cambi di appalto, una prassi consolidata nel nostro settore», dice Francesco Latorraca dei Si Cobas.

«La logistica, a partire dagli anni 2000, è stata teatro di lotte sindacali intense, reso possibile dalla composizione organica e politica della classe operaia in questo settore. Ma questa conflittualità non è più tollerata, come dimostra la crescente torsione autoritaria, incarnata dal ddl del 2016, che individua nella logistica e nelle grandi opere i settori chiave del modello economico europeo», dice Roberto Montanari, responsabile logistica dell’Usb, l’altro sindacato impiegato su questo fronte.

A questo quadro si aggiunge l’inasprimento delle misure previsto dal ddl sicurezza. Il testo introduce sanzioni più severe per manifestazioni e scioperi. Per i blocchi stradali o ferroviari pacifici è previsto fino a un mese di reclusione per singoli individui. Se sono coinvolte più persone la pena sale fino a due anni, mentre in caso di resistenza a pubblico ufficiale si può arrivare fino a quindici anni. Il diritto di sciopero è a rischio.

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