Rincari delle rette e poco personale: per le case di riposo bresciane c’è un doppio Sos

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Il caso

La media degli aumenti è di 2,5 euro al giorno: un aggravio di 900 euro annuali per le famiglie. Ed è scoperto il 10-20% dei posti degli operatori

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Per il mondo delle Rsa si apre un 2025 all’insegna, paradossalmente, delle novità (non tutte positive) e delle conferme. Per quel che riguarda le novità quella positiva (per chi lavora) è il rinnovo del contratto Uneba, quella negativa è l’aumento delle rette che, in città, in media, è di 2 euro e 50 centesimi.

Le conferme positive riguardano l’impegno di rete tra istituzioni e gestori delle Rsa per offrire un servizio che, visto l’andamento demografico, serve e servirà ad un numero sempre maggiore di persone. Quelle negative invece si riferiscono alla ormai cronica mancanza di personale, nello specifico di Asa (Ausiliari socio-assistenziali) e Oss (Operatori socio-sanitari), ovvero quelle figure professionali che assistono gli infermieri e si prendono cura dei pazienti più fragili, gestendo di fatto la quotidianità delle case di riposo.

I numeri 

Andiamo con ordine: le famiglie nel 2025 si troveranno a spendere 900 euro in più per la retta della persona ospitata in Rsa; dopo un anno di tregua, ovvero il 2024 quando le rette non erano state toccate, dal primo gennaio l’aumento andrà ad incidere ancora di più sui budget familiari.

«Nonostante questo rincaro che riguarda solo le rette Rsa e solo minimamente le comunità alloggio, il centro diurno e gli altri servizi, la nostra retta è ancora inferiore di 3 o 4 euro rispetto a quella di altre Fondazioni – valuta Stefania Mosconi, direttrice della Fondazione Casa di Dio che a Brescia gestisce quattro residenze per anziani –: questo perché giriamo sui servizi tutto l’utile che deriva dal patrimonio. Negli incontri che abbiamo fatto a fine anno con le famiglie ci è stato detto che questo ovviamente non fa piacere ma che, anche con questo nuovo aumento, in città restiamo ancora il soggetto più abbordabile. Abbiamo aumentato la retta anche per poter aver la garanzia di poter applicare da subito e integralmente i rinnovi contrattuali».

Simile lo scenario per la Fondazione Brescia Solidale, che gestisce due Rsa in città: aumento medio di 2.50 euro a persona al giorno, «meno di quello che ci sarebbe servito per coprire l’aumento contrattuale – osserva il presidente della Fondazione Brescia solidale Giacomo Mantelli –. La Regione con il decreto del 13 dicembre ha predisposto un leggero rialzo delle tariffe che ci vengono riconosciute per la parte sanitaria, ma non basta. Per spiegarmi: il costo puro di una persona ricoverata dovrebbe essere coperto per la metà dalla Regione, per la parte sanitaria e per l’altra metà dalla retta pagata per gli ospiti, per la parte residenziale. Ma oggi la percentuale è 40% Regione e 60% famiglie. Dopo l’aumento del primo gennaio oggi una famiglia con un partente in una delle nostre due Rsa spende mediamente 64 euro al giorno».

La carenza di personale 

L’altro grande aspetto è la mancanza di personale: «Avremmo bisogno del 10-20% in più di Oss e Asa», valuta Mantelli, mentre Mosconi precisa: «Su 4 Rsa abbiamo circa 230 persone, se ne avessimo 15-20 in più potremmo respirare, cioè garantire riposi e ferie. Invece ora ogni minimo imprevisto, come una malattia, fa sì che qualcuno debba fare il doppio turno».

Mancano persone che si iscrivono ai corsi di formazione, mancano persone che accettino quello che a conti fatti si rivela un lavoro pesante «ma con garanzie, a differenza di altri settori – aggiunge Mosconi – noi offriamo garanzia di salario, di continuità, di stabilità, eppure siamo sotto organico. Soffriamo anche la concorrenza da parte degli ospedali pubblici, dove, quando c’è l’occasione di un concorso, si trasferisce parte del personale che lascia le nostre strutture. Nel 2024 c’è stato un turn over di un centinaio di persone, di cui il 20-30% verso gli ospedali».

Stesso problema per Brescia solidale: «Per far lavorare in modo sereno il personale dovremmo avere un bacino di riserva, in modo che in caso di malattia o imprevisto non ci sia bisogno di far fare un doppio turno – concorda Mantelli – è una criticità forte e ormai stabilizzata più su Oss e Asa che sui medici o infermieri. Ma si deve trovare una soluzione collettiva, anche considerando le problematiche diverse insorte in seguito all’invecchiamento della popolazione e ai relativi nuovi bisogni assistenziali».

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