Avellino, caos gestione rifiuti: «Diamola ai privati»

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«La relazione su Irpiniambiente inviata dall’Ato rifiuti all’Antitrust più che i lati positivi fa emergere delle criticità, naturalmente tutte da dimostrare nei fatti. Ciò non giova al percorso deliberato formalmente dallo stesso ente d’ambito per un modello totalmente pubblico. Non vengo da Marte, è evidente la spinta verso una soluzione che contempli l’operatore privato. Ma in ogni caso non si discrediti la partecipata della Provincia».

Ieri mattina a Palazzo Caracciolo la conferenza stampa del presidente Rizieri Buonopane, affiancato dall’amministratore unico della spa in house, Claudio Crivaro, per fare chiarezza sullo stato di salute della società di via Cannaviello, la cui proprietà dovrebbe passare dalla Provincia ai Comuni irpini attraverso la costituzione, pro quota, di un nuovo soggetto gestore. Alla luce della nota integrativa prodotta da Collina Liguorini e recapitata all’Autorità garante della concorrenza e del mercato sulle motivazioni della scelta per la spa in house, però, secondo la fascia azzurra l’opzione non è più davvero condivisa.

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«Ho voluto questo appuntamento spiega Buonopane solo per provare a fare un po’ di chiarezza, nel rispetto dei ruoli, di fronte ad alcune comunicazioni dell’Ato che non mi hanno convinto. Dagli atti inviati, infatti, emerge che mentre si professa un percorso se ne prefigura un altro. Sono un convinto assertore del modello pubblico per i servizi essenziali e quanto sto registrando mi dispiace. Anche perché credo che Irpiniambiente, modello costruito nel 2010 con un investimento di 12 milioni di euro, sia un patrimonio da difendere, essendo l’unica azienda provinciale a svolgere un servizio di igiene urbana completo di raccolta, trasporto e trattamento dei rifiuti».

E aggiunge: «Tutti i punti di vista sono legittimi ma i numeri non si possono cambiare. Irpiniambiente ha crediti certi, liquidi ed esigibili verso i Comuni per 35 milioni di euro. Altre partite, legate a enti in dissesto, le ha cedute alla Regione Campania. Mentre i debiti complessivi ammontano a 30 milioni di euro, compresi gli 8 milioni verso la De Vizia Transfer che qualcuno ha voluto far sapere. Ma erano già conteggiati. Inoltre, negli ultimi due anni sono stati raggiunti obiettivi importanti come il dimezzamento dei costi della frazione organica, 100 euro a tonnellata e non più 200, e la riduzione sulle spese per la frazione indifferenziata. Positivi, poi, anche gli ultimi due bilanci». A tutti gli amministratori comunali, intanto, è stata inviata una nota sullo stato di salute di Irpiniambiente, la cui tenuta finanziaria secondo Buonopane e Crivaro non è in alcun modo in discussione. Mentre ai Comuni morosi, una quarantina, è stato recapitato l’ennesimo sollecito.

«Da sindaco di Montella riprende il presidente della Provincia so che gli incassi della Tari riguardano un capitolo vincolato e devono essere utilizzati per pagare il servizio. Altri, evidentemente, fanno diversamente. Anche per questo motivo bisogna essere chiari e richiamare l’attenzione di tutti gli amministratori del nostro territorio sul quadro reale e su questo passaggio epocale. Nei prossimi 15 anni la gestione del servizio è destinata a cambiare, vorrei che questo percorso fosse condotto da tutti gli amministratori, in piena sinergia, attraverso un modello pubblico e Irpiniambiente. Su questo tema la politica avrebbe dovuto intervenire da tempo ma forse è distratta come lo è stata per il Cgs, l’Asidep e l’Alto Calore».

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E conclude: «Se non sarà più Irpiniambiente a gestire i rifiuti, dovranno partire subito le procedure per il recupero dei crediti. Queste partite non resteranno inevase». Pochi Comuni più grandi devono alla partecipata ben 10 milioni, 7 mln quelli rappresentati nel Consiglio d’Ambito dell’Eda. A tutti sono stati proposti dei piani di rientro. «La relazione del consulente dell’Ato non ha tenuto conto dei bilanci 2022 e 2023 aggiunge Crivaro che sono trasparenti. Anche le aziende a totale partecipazione pubblica devono rispondere a criteri di efficienza efficacia ed economicità senza dimenticare l’azione di utilità sociale esercitata. Diversa è la logica dell’impresa privata che deve economizzare per guardare ai profitti. Magari anche alzando le tariffe per l’utilizzo dell’impiantistica, anche questa pubblica».

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