Cos’è la locazione passiva e come funziona questo contratto d’affitto — idealista/news

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La locazione passiva rappresenta un tema centrale nel dibattito sulla gestione della spesa pubblica. Si tratta di un particolare contratto che coinvolge la pubblica amministrazione (PA) come conduttore, ovvero come soggetto che prende in affitto un immobile di terzi, sia pubblici che privati, per scopi istituzionali. Negli ultimi anni, il legislatore ha cercato di ridurre il ricorso alle locazioni passive, in linea con le politiche di spending review, con l’obiettivo di promuovere soluzioni più economiche e sostenibili. Vediamo cosa sapere riguardo questo contratto.

Cosa si intende per locazione passiva?

Comprendere la descrizione di locazione passiva è semplice. Per locazione passiva si intende un particolare modello di contratto di affitto che ha come conduttore un ente della pubblica amministrazione. Quindi, la PA affitta un immobile a terzi (che può essere sia un privato sia un pubblico) di norma allo scopo di svolgere compiti e attività istituzionali.

La locazione passiva si differenzia dalla locazione attiva, in cui invece la PA riceve un affitto per un immobile che concede ad altri, ottenendo così un guadagno. Sebbene utile per rispondere rapidamente a esigenze operative, la locazione passiva comporta spesso costi significativi per lo Stato, motivo per cui sono state introdotte misure per limitarne l’uso.

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Il divieto di rinnovo delle locazioni passive

Uno dei principali interventi normativi per ridurre l’impatto economico delle locazioni passive è stato il decreto legge n. 95/2012. Questo provvedimento, nell’ambito della revisione della spesa pubblica, ha introdotto il divieto di rinnovo automatico dei contratti di locazione passiva. In particolare, il rinnovo è consentito solo in presenza di due condizioni specifiche:

  1. la disponibilità di risorse finanziarie sufficienti per coprire canoni, oneri e costi d’uso per tutta la durata del contratto stipulato con il terzo proprietario
  2. la permanenza per le pubbliche amministrazioni delle esigenze allocative, in linea con i piani di razionalizzazione e riorganizzazione delle strutture previsti dalla normativa vigente.

In assenza di queste condizioni, come previsto dal decreto legge il contratto di affitto si risolve automaticamente alla scadenza, obbligando la PA a trovare soluzioni alternative, preferibilmente meno onerose a livello economico.

In quali casi si possono rinnovare le locazioni passive?

Il rinnovo di un contratto di locazione passiva è possibile solo se si verificano contemporaneamente le condizioni stabilite dal decreto legge n. 95/2012. Innanzitutto, la pubblica amministrazione deve dimostrare di avere a disposizione le risorse necessarie per sostenere i costi del contratto per tutta la sua durata. Inoltre, deve persistere una reale necessità di utilizzo dell’immobile, in relazione ai piani di razionalizzazione e accorpamento delle strutture amministrative. Questi criteri hanno lo scopo di garantire una gestione oculata e sostenibile delle risorse pubbliche, evitando sprechi e duplicazioni.

La rinegoziazione dei contratti di locazione passiva

Un altro strumento introdotto per contenere la spesa pubblica è la possibilità di rinegoziare i contratti di locazione passiva. La legge di bilancio 2020 (legge 27 dicembre 2019 n.160 all’articolo 1 comma 616) ha previsto che le amministrazioni dello Stato possano proporre ai proprietari una riduzione del canone annuo, commisurandolo al valore minimo locativo stabilito dall’Osservatorio del Mercato Immobiliare e applicando una riduzione del 15%. La rinegoziazione deve essere valutata in collaborazione con l’Agenzia del demanio e proposta entro termini specifici. In caso di mancata accettazione da parte del proprietario, il contratto vigente continua a produrre effetti fino alla sua naturale scadenza.

Rinegoziazione solo per le amministrazioni dello Stato

Va sottolineato che la possibilità di rinegoziare i contratti di locazione passiva è riservata esclusivamente alle amministrazioni dello Stato, come specificato dalla Corte dei Conti Piemonte nella delibera n. 40 del 23 aprile 2020. Questo significa che altre amministrazioni pubbliche, pur rientrando nell’ambito del decreto legislativo n. 165/2001, non possono avvalersi di questa opportunità. La limitazione mira a concentrare gli sforzi di risparmio sulle strutture statali, maggiormente coinvolte in questo tipo di contratti.

Locazione passiva e blocco dei canoni

Sempre nell’ambito delle politiche di contenimento della spesa pubblica, il legislatore ha adottato misure per bloccare gli adeguamenti dei canoni di locazione passiva agli indici ISTAT. Questa tendenza, avviata oltre un decennio fa, è stata confermata e prorogata con il decreto Milleproroghe approvato a fine 2019. Il blocco impedisce l’aumento automatico dei canoni in base alla variazione degli indici di inflazione, contribuendo così a limitare l’incremento dei costi a carico della pubblica amministrazione.

Cosa sono i canoni passivi?

I canoni passivi rappresentano i costi che la pubblica amministrazione sostiene per l’affitto di immobili in locazione passiva. Questi importi, generalmente corrisposti con cadenza mensile o annuale, includono non solo il canone di locazione vero e proprio, ma anche eventuali oneri accessori e costi d’uso. Così, per contenere la spesa pubblica, il legislatore ha adottato misure specifiche, che mirano a evitare aumenti automatici dei costi e a garantire una gestione più efficiente delle risorse statali.



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