La Striscia di Gaza del futuro nel discorso d’addio di Blinken: partner internazionali e governo provvisorio

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di
Viviana Mazza

Il segretario di Stato Usa vede un ruolo decisivo dell’Arabia

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DALLA NOSTRA CORRISPONDENTE
NEW YORK – Per mesi il segretario di Stato Antony Blinken ha viaggiato su mandato di Joe Biden per discutere con Israele, l’Autorità palestinese e i Paesi arabi, del piano per il dopoguerra in una Striscia di Gaza non governata da Hamas. Molti gli ostacoli: Israele si opponeva al pieno ritiro da Gaza e al governo dell’Autorità palestinese; i Paesi arabi insistevano che prima di parlare del «giorno dopo» era necessario arrivare alla tregua.
Mentre il cessate il fuoco sembra ormai imminente, Blinken ha dedicato ieri un discorso d’addio presso il think tank «Atlantic Council» all’esposizione del piano per la ricostruzione e l’amministrazione di Gaza, nella speranza che Donald Trump lo porti avanti. «Non mi illudo che verrà abbracciato domani — ha detto, interrotto più volte da manifestanti che lo definivano il “segretario del genocidio” per gli aiuti militari a Israele — ma almeno di lasciare le fondamenta».

Il piano prevede che «partner internazionali» aiutino a finanziare e gestire un’amministrazione provvisoria per i servizi critici a Gaza (banche, acqua, energia, salute) formata da palestinesi di Gaza e rappresentanti dell’Autorità palestinese. Il governo ad interim passerebbe il testimone all’Autorità palestinese «completamente riformata» appena possibile. Un alto funzionario delle Nazioni Unite avrebbe un ruolo di supervisione. Una missione di sicurezza ad interim dovrebbe controllare i confini e far rispettare la legge e l’ordine, anche per prevenire un ritorno di Hamas: altri Paesi dovrebbero contribuirvi con truppe e poliziotti, accanto a «personale palestinese selezionato» mentre gli Stati Uniti guiderebbero un’iniziativa per addestrare, equipaggiare e selezionare una forza di sicurezza permanente a guida dell’Autorità palestinese per Gaza. Il tutto sarebbe definito in una risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’Onu.




















































Gli Stati arabi sono pronti a investire nella ricostruzione e inviare truppe e poliziotti, ma solo se c’è l’accordo per uno Stato indipendente che unifichi Gaza e Cisgiordania sotto la leadership dell’Autorità palestinese, ha detto Blinken, chiedendo a Israele di accettare «un percorso con scadenze temporali e condizioni» per un tale Stato. Il titolo dell’intervento non era «la soluzione dei due Stati» ma «verso la promessa di un Medio Oriente più integrato», perché Blinken crede che la normalizzazione tra Israele e l’Arabia Saudita sia il più grande incentivo a prendere queste «decisioni difficili ma necessarie per realizzare le aspirazioni degli israeliani e dei palestinesi». Washington e Riad sono pronte a firmare un trattato d’alleanza e per lo sviluppo del nucleare civile, ma senza un riconoscimento di un cammino per uno Stato palestinese l’Arabia non accetta la normalizzazione.

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Tutti si chiedono cosa farà Trump. Nel 2020 la sua amministrazione presentò un piano, definito una «soluzione realistica dei due Stati», che offriva ai palestinesi il 70% della Cisgiordania (senza gli insediamenti israeliani). In un’intervista con Time a dicembre, Trump è rimasto vago: ha detto di appoggiare «un piano di pace che può assumere forme diverse», perché «ci sono altre idee, diverse dai due Stati, ma appoggio qualunque idea possa portare a una pace duratura» che eviti «un altro 7 ottobre tra tre anni». Per Trump la normalizzazione tra Israele e Arabia sarebbe una conquista: coronerebbe gli Accordi di Abramo da lui lanciati tra Israele, Emirati, Bahrein e Marocco. Il suo consigliere Massad Boulos ha detto a Le Monde che una road map per uno Stato palestinese è parte importante dei colloqui per la normalizzazione, ma il suo staff ha pure notato che in Israele oggi non c’è grande spinta per due Stati.

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15 gennaio 2025 ( modifica il 15 gennaio 2025 | 07:37)

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