Debellata associazione italo-albanese “di elevata pericolosità sociale” che annoverava esponenti legati alla famiglia Grande Aracri
Guardia di finanza e Polizia di Reggio Emilia, su richiesta della Direzione distrettuale antimafia della Procura di Bologna, hanno svolto arresti, perquisizioni e sequestri in varie province italiane, nei confronti di 15 persone – di cui cinque domiciliate nel Reggiano – accusate di aver preso parte a una organizzazione criminale italo-albanese dedita al traffico internazionale di droga. Dal 2020, secondo quanto emerso dalle indagini, l’organizzazione avrebbe importato e acquistato (da Albania, Kosovo, Ecuador, Colombia e Paesi Bassi) nonché detenuto e venduto sull’intero territorio nazionale (con, anche, alcune distribuzioni avvenute dall’Emilia-Romagna verso la Calabria) 23 chili di cocaina, sei chili di eroina, 80 chili di hashish e 240 chili di marijuana per un controvalore stimato in 8 milioni. Le indagini hanno evidenziato una associazione a delinquere tra le cui fila si annovera la presenza di soggetti ritenuti appartenenti sia alla criminalità organizzata di tipo ‘ndranghetista sia di altri soggetti legati a esponenti della criminalità laziale. Perquisizioni sono state fatte nelle province di Reggio Emilia, Roma, Venezia, Brescia, Parma, Modena, Piacenza, Lucca e Ravenna. Sul registro degli indagati 26 persone, a cui vengono contestati anche reati fiscali. Tra gli arrestati c’è Daniele Gatta, 40enne romano genero di Fabrizio Piscitelli detto ‘Diabolik’ (ucciso nel 2019) ma anche Domenico Bolognino, figlio di Michele Bolognino (considerato uno dei vertici della cosca al centro delle inchieste ‘Aemilia‘): 13 sono finiti in carcere, due ai domiciliari. Dalle indagini è stata accertata l’introduzione, dalla Spagna, nel territorio nazionale di 75mila euro in banconote da 500 falsificate. Fondamentale, nelle ricostruzioni investigative, l’acquisizione di conversazioni telematiche che i narcotrafficanti avevano scambiato tramite smartphone criptati e l’utilizzo dell’applicazione Sky-Ecc: grazie ad un’attività condotta dalle forze di polizia francesi, olandesi e belghe sulla piattaforma criptata sono stati trovati milioni di messaggi scambiati dai narcotrafficanti in diversi Paesi dell’Unione Europea.
Gli investigatori hanno sottolineato “l’elevata pericolosità sociale” degli indagati, anche per legami di natura familiare con esponenti della ‘ndrina calabrese riconducibile alla famiglia Grande Aracri, da anni radicata nel territorio emiliano. Il comandante provinciale della Guardia di Finanza, Filippo Ivan Bixio, ha sottolineato: “Le indagini hanno preso il via dopo il sequestro all’aeroporto di Bogotà (Colombia) di un pacco Dhl contenente 6,5 chilogrammi di cocaina e indirizzato a Bibbiano. Già i primi elementi indiziari ci hanno poi portato a identificare una organizzazione ben strutturata e attiva nello spaccio di droga, con approvvigionamenti da diversi canali, non ultimi il Sud America e l’Albania”. A finanziare le operazioni del traffico italo-albanese, secondo gli inquirenti, erano infatti alcuni esponenti della ‘ndrina emiliana legata alla famiglia Grande Aracri. “L’elevato numero degli acquisti di sostanze stupefacenti e delle stesse cessioni, confermano l’elevata pericolosità sociale degli indagati – scrivono gli inquirenti nell’ordinanza di custodia cautelare -, che, per quanto concerne più specificamente Domenico Bolognino e gli altri indagati di origine calabrese, si sostanzia nell’esistenza di rapporti anche di natura famigliare con esponenti della ‘ndrina calabrese riconducibile alla famiglia Grande Aracri, da anni radicata nel territorio emiliano”. “C’è il concreto pericolo che tutti gli indagati, se lasciati in libertà, commettano altri gravi delitti della stessa specie di quelli per i quali si procede” spiega il gip di Bologna che sottolinea anche il pericolo di fuga. “Gli indagati di origini calabresi, già gravati da precedenti giudiziari in grado di appesantire la loro posizione sanzionatoria, beneficiano certamente dell’ulteriore livello di protezione garantito dalle famiglie di appartenenza – sottolinea -, e di sicuri agganci nei circuiti criminali che possono agevolarli nel rendersi irreperibili e sottrarsi ai provvedimenti giudiziari”. Altro aspetto emerso è il tentativo di importare una partita di otto chili di cocaina dall’Ecuador, che poi non sarebbe andato a buon fine, che doveva essere una sorta di prova del coinvolgimento di Daniele Gatta, in vista di successive e più ingenti forniture in futuro. In dialoghi intercettati, gli altri indagati parlarono di Gatta come di una persona con grande disponibilità economica, con cinque milioni di euro pronti. L’organizzazione dell’acquisto prevedeva che la droga dal Sud America dovesse arrivare a Rotterdam e poi in Italia. Ci fu un incontro a Bibbiano (Reggio Emilia) a cui partecipò anche Gatta, che avrebbe cofinanziato l’operazione con circa quindicimila euro. Ma a giugno ci furono problemi e l’importazione non sarebbe avvenuta.
Foto © Imagoeconomica
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