Antò Lu Zorru, uno dei protagonisti della Guerra degli Antò, il film cult di Riccardo Milani, è stato interpretato da Paolo Setta che, lasciati i panni attoriali, ha continuato a seguire i sogni di quel ragazzo di Montesilvano, nella vita di tutti i giorni. Oggi Setta è uno dei fautori del turismo abruzzese, ha scelto di restare a Bussi, il paese dei veleni industriali del polo chimico, realizzando venticinque anni fa un’oasi naturalistica per la valorizzazione della montagna.
Poche settimane fa lei ha partecipato alle cerimonie per i venticinque anni dell’uscita della Guerra degli Antò, girato a Montesilvano. È il caso di dire: chi si rivede?
«È passato un po’ di tempo in effetti. Lo scorso anno, quando ci siamo visti con Riccardo Milani durante le riprese di Un mondo a parte abbiamo deciso di organizzare degli eventi per questo anniversario, coinvolgendo anche il presidente della Film commission Piercesare Stagni, il Fla e il sindaco di Montesilvano Ottavio De Martinis che ha posizionato una targa sul lungomare, di fronte al mitico Bar Zagabria, oggi Belmò. Pochi giorni prima c’è stata anche la proiezione del film al Fla in una sala del Teatro Massimo gremita».
Cosa resta oggi dei quattro Antò?
«Danilo Mastracci, nel film Antò Lu Zombi, purtroppo è scomparso nel 2015 e per noi tutti è stato un duro colpo. Di quegli Antò, anche se con qualche capello in meno, ho sempre mantenuto nella quotidianità e nel lavoro la schiena dritta per la mia terra. Gli Antò, erano quattro ragazzi punk, che condividevano il nome e che nauseati dalla provincia desideravano una Montesilvano libera dalla cementificazione, avevano dei sogni e lottavano con la loro ingenuità e purezza. Ogni Antò anche da adulto ha proseguito il suo percorso. Federico Di Flauro (Antò Lu Malatu) gestisce a Sulmona la sua impresa, Flavio Pistilli (Antò Lu Purk) insegna a Pescasseroli e io mi occupo di turismo come amministratore della cooperativa Il Bosso da venticinque anni».
Lei dove vive?
«Anch’io sono stato coraggioso, abito a Bussi ed è una scelta che rifarei. Nei paesi si respira ancora la genuinità e la gentilezza. Oggi, a distanza di tempo, mi sento ancora di più Antò per aver scelto la restanza».
Com’è nato l’impegno per la valorizzazione delle aree interne?
«L’uscita del film è coincisa con il mio impegno pioneristico di occuparmi di turismo dei paesi abruzzesi, cosa che in quegli anni era inconcepibile. Il Bosso è nato a Bussi, in un centro dove si parlava solo di industria chimica pesante e, andando contro tutto e tutti, abbiamo realizzato un centro di educazione ambientale. È stata un’idea rivoluzionaria in quel posto. Dopo La guerra degli Antò sono andato via e per sei anni ho abitato a Roma, continuando a fare cinema e televisione, in quegli anni ero molto indeciso e alla fine ha vinto l’Abruzzo, dove ho scelto di dedicarmi ai piccoli paesi. Questi centri sono gli attrattori principali della nostra regione e i turisti cercano proprio i nostri borghi, i nostri fiumi, i nostri laghi e chi arriva dalle nostre parti viene per visitare anche le piccole comunità con le loro tradizioni. A distanza di anni posso affermare che Il Bosso è un progetto riuscito grazie anche alla visione di quel ragazzo punk desideroso di impegnarsi in qualcosa di più bello e importante. I nostri progetti passano per il turismo sulla Maiella, sul Gran Sasso, nella Valle del Tirino fino alla Costa dei Trabocchi, trasformando anche culturalmente il modo di concepire l’ambiente».
A quale tipo di progetto sta lavorando?
«Con Il Bosso abbiamo abbinato il turismo al cinema, in Paesi Narranti, un viaggio in cui ho unito le mie più grandi passioni: raccontare luoghi poco conosciuti e piccole comunità. Una docu-serie su chi ha deciso di restare, su chi ha trovato un nuovo inizio e su chi è tornato alle origini, intrecciando storie e paesaggi intrisi di bellezza. Nel 2024 abbiamo realizzato quindici puntate a Capestrano, Ofena, Villa Santa Lucia, Castel del Monte, Santo Stefano di Sessanio, Calascio, Barisciano, Carapelle, Castelvecchio Calvisio, San Pio delle Camere, Prata D’Ansidonia, Caporciano, Navelli, Collepietro e San Benedetto in Perillis e nel 2025 ne faremo altre dodici. Il tutto girato in bianco e nero per un racconto semplice e potente. Storie di vita attraverso gli occhi e le rughe del passato e con i ragazzi che raccontano le loro difficoltà, attratti sempre più dalle grandi città. A Navelli a giugno abbiamo realizzato anche un Festival con incontri sul tema della rigenerazione sociale, legata ai piccoli paesi con dibattiti, testimonianze, cortometraggi e altro».
La passione per il cinema non hanno mai abbandonato Paolo Setta. Al suo attivo partecipazioni alle fiction Don Matteo, Tutti Pazzi per Amore e Il sequestro Soffiantini e ai film Cefalonia e Il Posto dell’anima. Fino a indossare la divisa da maresciallo dei carabinieri in Un mondo a parte, con Virginia Raffaele e Antonio Albanese, girato all’interno del Parco Nazionale d’Abruzzo.
Qual è il suo legame con Riccardo Milani?
«Con Riccardo c’è un rapporto fraterno, non abbiamo mai smesso di restare connessi e di sentirci e ho lavorato in alcuni suoi film. Riccardo è una figura a cui sono rimasto molto legato e quasi due anni fa mi ha chiamato per un ruolo in Un mondo a parte, in cui sono presenti quei temi che coincidono con le mie scelte e il mio impegno in Abruzzo».
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link