autonomia differenziata, ogni minaccia all’unità nazionale è una minaccia alla democrazia – Corriere dell’Irpinia

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“Ogni minaccia all’unità nazionale è un attacco al sistema democratico”. Lo sottolinea con forza il giornalista Marco Damilano nel corso dell’incontro al Polo Giovani, evento conclusivo del progetto “Partecipare per costruire democrazia. Scuola politica” promosso dall’Ufficio della Pastorale per la Scuola e l’Insegnamento della Religione Cattolica (IRC) della Diocesi di Avellino. Il giornalista che ricorda le origini irpine, per parte di madre, si sofferma sul tema dell’autonomia differenziata “Siamo alla vigilia del 20 gennaio, data della sentenza della Corte Costituzionale che dovrà decidere su un eventuale referendum. In questo contesto, la Chiesa è stata l’unica ad avere il coraggio di prendere posizione, avvertendo sui pericoli legati alla spaccatura del paese. La storia dell’Italia è sempre stata frammentata ma la democrazia si è dimostrata capace di ricomporre e far dialogare queste diversità in unità. In questi anni, nel costante tentativo di dare voce ai territori, abbiamo assistito al processo opposto, si lavora sulle divisioni, sulle rotture fino ad allargarle e non su ciò che unisce. Lo stesso Parlamento appare luogo sempre più diviso e meno autorevole”.

Ricorda come 100 anni fa il 18 gennaio del 1919 don Sturzo pubblicava il suo appello ai Liberi e forti che avrebbe segnato la nascita del Partito Popolare. Spiega come “la democrazia non è mai un processo concluso, non può mai essere data per scontata, è una conquista quotidiana, quando la si dà per scontata svanisce, Oggi vive un momento di profonda crisi. La percentuale dei votanti è scesa sotto l’80% nel 2013, sotto il 70% nel 2022, alle ultime europee ha raggiunto quota 49,6%. La speranza di cambiamento che appare con forza anche nel film di Paola Cortellesi “C’è ancora domani” è stata rifiutata dalla metà degli aventi diritto. Mi ha colpito un’intervista del cantante Ultimo in cui ha spiegato che non conosce quasi nessun giovane che voti o che preghi, due verbi accomunati dall’idea del riporre fiducia in qualcuno. Assistiamo alla messa in discussione dell’ideale democratico del ‘900 con la crescita delle tentazioni oligarchiche e di un autoritarismo non sempre esplicito. Viene meno l’idea che la pace coincide con la democrazia, così si portavano avanti guerre in nome del popolo. Ci chiediamo, dunque, come far vivere la democrazia in un contesto in cui la comunicazione è dominata dalla velocità, da conoscenze frammentate, da decisioni imposte dall’alto. I giovani non si riconoscono nelle istituzioni, dai governanti ai giornalisti, che hanno perso ogni credibilità. Una credibilità che deve passare anche per l’esempio delle persone. Oggi la vera sfida è ricostruire quella fiducia, partendo dalle domande dei giovani, che appaiono sempre più dimenticati. Il risultato è una politica strabica che guarda indietro e non alle fasce sociali più deboli. Nella democrazia deve prevalere la fiducia che i rapporti di forza possano cambiare, altrimenti si limita ad essere fotografia dell’esistente. Siamo chiamati, invece, a colmare le fratture, la partecipazione presuppone ricostruzione e riparazione. Sono convito che il circuito di fiducia si possa ricostruire”. Spiega come viviamo non solo “Un cambiamento climatico ma una desertificazione democratica, a prevalere è l’individualismo, il restare a casa quando si va a votare, quando si chiede di dare una mano per un’opera pubblica o per riconquistare uno spazio- Oggi a prevalere è un io che si sente spaventato e disperato”.

Ricorda di essere uscito dallo studio della trasmissione che conduce su Rai Tre “Il cavallo e la torre”, solo in due occasioni, a Crotone, dopo la strage dei migranti di Cutro e a Nisida per una visita al carcere minorile “I cambiamenti normativi hanno trasformato anche questo carcere in un istituto sovraffollato che rischia di perdere la sua funzione di recupero e riabilitazione”. Per ribadire come “lo stesso ddl sicurezza riduce gli spazi di partecipazione, puntando sulla funzione repressiva e non dialogante delle istituzioni”

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Il vescovo Arturo Aiello mette in guardia sui pericoli che arrivano dai social, rilanciando sul tema della partecipazione.” Dobbiamo ricostruire il noi, che non deriva dalla semplice addizione di più io. È un noi da cui derivano responsabilità a cui rispondere. E’ triste constatare che quegli spazi che sono stati culla della democrazia, anche a causa della denatalità, hanno lasciato spazio al silenzio”

Un appello ribadito dalla dirigente dell’Ufficio Scolastico Provinciale Fiorella Pagliuca che sottolinea l’importanza per i ragazzi di partire da progettualità da tradurre in azione, immaginando un mondo migliore “La vita è impegno, non dimenticatelo”. Pone l’accento sul ruolo cruciale dei docenti che devono rappresentare dei punti di riferimento per i giovani ed essere capaci di entrare in connessione con loro.

A partecipare all’incontro, oltre ai dirigenti scolastici delle scuole coinvolte,  i relatori del ciclo di incontri, Mario Casillo, docente di informatica presso l’Università degli Studi di Salerno e consigliere regionale; Massimo De Santo, docente di Ingegneria elettronica presso l’Università degli Studi di Salerno e Gilda Guerriero, docente di Storia e Filosofia; Giovan Francesco Fiore, Giudice del Tribunale per i Minorenni; Erika Picariello, dirigente scolastico e segretario generale della Flc-Cgil di Avellino. E’ stato quindi il Direttore dell’Ufficio della Pastorale per la Scuola e l’IRC della Diocesi di Avellino, don Antonio Fucci a tracciare un bilancio della Scuola di politica inaugurata dal procuratore Domenico Airoma. Un percorso di formazione che ha visti gli studenti confrontarsi su temi come giustizia, scuola e famiglia, realizzando lavori sotto forma di inchieste video e tg che hanno incassato i complimenti dello stesso Damilano.

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