La speranza di pace dei piĆ¹ piccoli a Gaza nella testimonianza del vicario della Custodia di Terra Santa: “Qui nessuno ha vinto – spiega, citando San Giovanni Paolo II – e tutti hanno perso”
Roberto CeteraĀ – Gerusalemme
“Un turbinio di chiamate e di messaggi mi sono arrivati appena le agenzie lāaltra sera hanno iniziato a battere la notizia del raggiungimento di un accordo per la tregua a Gaza. Ma, tra i primissimi messaggi, i piĆ¹ belli sono quelli che mi sono arrivati dai bambini feriti a Gaza, che nella primavera scorsa avevo collaborato, insieme al governo italiano, a portare negli ospedali italiani. Mi hanno scritto dallāItalia e in italiano, che ormai dopo dieci mesi hanno imparato: ‘Abuna, abuna! Ć finita! Ć finita la guerra!’. Mi hanno commosso alle lacrime”. Il Vicario della Custodia di Terra Santa, padre Ibrahim Faltas, che in questi quindici mesi di guerra, ĆØ stata la voce ovunque riconosciuta degli innocenti, dei deboli, dei bambini, dei cristiani che hanno sofferto la tragedia della guerra, cosƬ confida al nostro giornale i sentimenti provati nelle ore successive allāannuncio dellāaccordo.
Tregua a rischio
Ora, sedimentate le emozioni, padre Ibrahim offre dei ragionamenti che, non smorzano certo, ma affievoliscono gli entusiasmi delle prime ore. “Vi sono forze allāinterno di entrambi gli schieramenti, e forse soprattutto nel fronte israeliano, che hanno mal digerito questo primo passaggio verso la pacificazione, e che stanno attrezzandosi a sabotare in varie forme lāaccordo”. Mentre padre Faltas dice questo, arriva un lancio dāagenzia che sembrerebbe confermarlo: il premier israeliano Netanyahu accusa Hamas di voler rivedere allāultimo minuto alcune parti dellāaccordo, facendo intendere che la firma potrebbe saltare, ma Hamas respinge questa versione, dichiarando invece il proprio convinto assenso al testo redatto dai mediatori. “Scaramucce – continua padre Ibrahim – che perĆ² fanno capire come lāaccordo sia originato da una pressione esterna alle parti piuttosto che dalla sincera preoccupazione per la sofferenza che su entrambi i fronti ĆØ stata vissuta in questi lunghi mesi di guerra”.
Nessuno ha vinto
Alla domanda su quali siano le reazioni raccolte in queste ore, padre Faltas risponde che “a parte una piccola minoranza fanatica che avrebbe voluto la continuazione del conflitto, fino alla cancellazione di Gaza dalle mappe, la maggioranza delle persone esprime un sentimento di soddisfazione, tanto a Tel Aviv quanto a Gaza. Attenzione a non confondere queste manifestazioni di soddisfazione come esaltazioni per una vittoria, perchĆ© qui nessuno ha vinto e tutti hanno perso. Lo diceva san Giovanni Paolo II: ‘La guerra ĆØ sempre una sconfitta‘”.
Gaza ĆØ distrutta
La gente a Gaza ĆØ allo stremo, lā80% delle case ĆØ distrutta, al nord forse anche di piĆ¹. Le tendopoli sono immense e mancano cibo ed acqua. Io spero che il primo effetto della tregua possa essere il massiccio ingresso di aiuti umanitari. Ho parlato questa mattina con i diplomatici di alcuni paesi vicini che mi hanno assicurato che giĆ sono pronti 600 camion al giorno pieni di viveri e materiale sanitario. Spero che possano essere presto realizzati anche degli ospedali da campo che sostituiscano quelli bombardati e distrutti.
Sofferenze anche in Israele
“Non dobbiamo poi ignorare anche la sofferenza che cāĆØ nella parte israeliana; penso agli ostaggi ma anche alle tante famiglie che sono rimaste sconquassate da questi mesi di guerra, ai profughi dallāalta Galilea per esempio. Credo anche che, oltre agli aiuti umanitari, la comunitĆ internazionale possa anche dare un contributo in termini di sicurezza ed interposizione tra le parti”. Padre Ibrahim ĆØ recentemente tornato dalla Siria, altra terra segnata da anni di guerra: “Ho visto un Paese distrutto che richiederĆ anni per essere ricostruito, e ho visto anche la condizione sempre precaria della popolazione cristiana – racconta -. Ma mi dicono che la distruzione a Gaza sia anche peggiore di quella siriana. Ć mia intenzione, appena sarĆ possibile, recarmi anche a Gaza e concorrere agli aiuti urgenti che richiede”.
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