Caltagirone, l’editore impuro all’ultima battaglia su Generali

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I 400 COLPI. Si sa che la sua ossessione è controllare il Leone di Trieste. Ora per boicottare l’accordo col colosso francese Natixis ha schierato la potenza di fuoco dei giornali di cui è padrone, invocando un intervento del governo amico tramite il golden power per evitare una (a suo dire) pericolosa cessione di sovranità del risparmio degli italiani. La mossa della disperazione di una partita senza fine.

Caltagirone, l’editore impuro all’ultima battaglia su Generali

Ognuno ha le proprie ossessioni, che col trascorrere degli anni in alcuni casi si attenuano, in altri si accentuano fin quasi a diventare una ragione di vita. La magnifica ossessione di Franco Caltagirone si chiama Assicurazioni Generali, la signora senza marito del capitalismo italiano, il suo più grande gruppo finanziario. Da almeno 10 anni l’imprenditore romano ne sogna il controllo, e per ottenerlo è disposto a tutto. In primis a spenderci un sacco di soldi, e lo può tranquillamente fare visto che la sua enorme liquidità glielo consente con un certo agio. Finora gli è andata male, ma la sua tempra è indomita e, giunto alla soglia degli 82 anni, si prepara a riprovarci.

Una partita in cui Caltagirone è rimasto solo contro tutti

L’appuntamento è a maggio 2025, quando la compagnia deve rinnovare i suoi vertici. A fronteggiarsi i protagonisti di sempre: da un lato Mediobanca che appoggia l’attuale gestione di Philippe Donnet, e che sin qui ha sempre vinto lo scontro assembleare. Dall’altro il Calta che va all’assalto pur avendo, nei lunghi anni di guerra, perso il suo alleato di ferro Leonardo Del Vecchio, passato a miglior vita nel 2022, sostituito dal suo manager di fiducia Francesco Milleri, impegnato però a mettere ordine nella complicata vicenda dinastica seguita alla morte del fondatore. Sarà per questo, forse, che nella testa di chi segue le storie di capitali e capitani l’immagine è quella di un Caltagirone solo contro tutti, re di denari dedito ad affermare il motto caro a Enrico Cuccia: articolo quinto, chi ha i soldi ha vinto. Che nella realtà il fondatore di via Filodrammatici spesso faceva vincere chi di soldi ne aveva pochi. Il contrappasso è che a combattere l’avanzata del Calta ci sono Alberto Nagel e Renato Pagliaro, ossia gli eredi in Mediobanca del vecchio banchiere.

Caltagirone, l'editore impuro all'ultima battaglia su Generali
L’ad di Generali Philippe Donnet, a sinistra, col numero uno di Mediobanca Alberto Nagel (foto Imagoeconomica).

L’operazione coi francesi di Natixis e la cessione di sovranità

Ora ad accendere le polveri di uno scontro sin qui rimasto strisciante ci pensa l’operazione Natixis, cioè la partnership che il Leone di Trieste vuole siglare con il gruppo francese che è uno dei colossi europei del risparmio gestito. Per Caltagirone una pericolosa cessione di sovranità del risparmio degli italiani, con tanto di fetta di debito pubblico annessa. Per Generali una razionalizzazione di piattaforme ben lontana dal minacciare quella sovranità, visto che gli asset resterebbero saldamente in capo alla compagnia.

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Lo schieramento dei tre giornali a editoriali unificati

A questo punto uno potrebbe pensare al solito contenzioso che fa da preludio al rinnovo del cda. Solo che stavolta il protocapitalista romano ha alzato il livello dello scontro schierando i suoi tre giornali a editoriali unificati (Il Messaggero, Il Mattino e Il Gazzettino) manu militari contro l’operazione, cosa che vale come un manuale sui cortocircuiti dell’informazione a opera di un editore impuro, e chiamando attraverso di essi esplicitamente in causa la politica perché intervenga a fermarla. Cambio di passo pericoloso quando si vorrebbe sostituire alle regole di mercato l’arbitrio di un governo.

Caltagirone, l'editore impuro all'ultima battaglia su Generali
Francesco Gaetano Caltagirone (foto Imagoeconomica).

Il golden power del governo, l’ultima sponda rimasta

Perché lo ha fatto? Perché probabilmente Calta ha capito che il rischio di perdere per l’ennesima volta a Trieste contando i voti è quasi certo, quindi è solo dai palazzi romani che può sperare in un esito diverso. Così ci ha provato prima con il ddl capitali, una riforma delle regole di governance talmente arzigogolata che ha finito per perdersi nei cassetti delle autorità regolatorie che dovrebbero contribuire a forgiarla. Poi con l’esplicito richiamo a un governo amico perché si avvalga del golden power, il divieto che scatta quando si intravvede una minaccia all’interesse nazionale. Ipotesi che nel 2016, quando Unicredit vendette Pioneer alla francese Amundi, l’esecutivo di allora – a Palazzo Chigi c’era Matteo Renzi seppur in via di uscita – si guardò bene dal tirare in ballo. Ma adesso la musica è tutt’altra, e con i sovranisti al potere il golden power è diventato una pericolosa arma discrezionale, non a caso sempre più tirata in ballo a sproposito. Per Caltagirone la sponda del governo molto amico è l’unica, e sicuramente l’ultima, possibilità che sull’annosa vicenda Generali potrebbe togliergli lo stigma di eterno perdente.



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