Contro il costrutto dell’alienazione parentale per liberarci dalla violenza maschile contro le donne

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I costrutti falsati scientificamente, come l’alienazione parentale e i suoi derivati, sono una delle armi più potenti, usate negli ultimi 20 anni, per contrastare la lotta alla violenza di genere. È stata presentata la campagna contro l’uso della Pas nei casi di affido di minori, quando le donne denunciano la violenza dei partner

C’è un’accusa che viene fatta alle donne sotto forma di sindrome. Non è riconosciuta come patologia, ma è utilizzata in sede di tribunale, a volte con altri nomi, come arma da parte degli avvocati della difesa nei casi di affido dei figli minori, quando le donne denunciano la violenza del partner. È la cosiddetta alienazione parentale, o Pas (Parental Alienation Syndrome).

Viene utilizzata per colpire il legittimo valore delle denunce delle donne e per giustificare trattamenti di tipo coercitivo, che consistono in allontanamenti traumatici di figli dal genitore accusato di ostacolare il partner o ex partner nel rapporto con i minori.

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Il gruppo di esperte del centro studi e ricerche Protocollo Napoli, insieme ad altri studiosi e studiose a livello nazionale, ha lanciato in Italia la campagna contro l’uso del costrutto dell’alienazione parentale, che viene considerato da tutto il mondo occidentale lo strumento più diffuso nei tribunali per negare il valore alle denunce di violenza da parte delle donne e per accusarle di voler allontanare i bambini dai padri.

Il comitato promotore della campagna individua nei costrutti legati alle Pas, inseriti nei procedimenti giudiziari, l’ostacolo principale alle politiche di contrasto alla violenza maschile e di genere contro le donne.

Vittimizzazione secondaria

La professoressa Caterina Arcidiacono, docente all’università Federico II di Napoli e membro del Comitato tecnico scientifico di Protocollo Napoli, racconta a Domani: «Quando una donna fa una denuncia di violenza, la controrisposta degli avvocati del partner è di dire che lei sia una donna alienante, che non vuole far vedere il marito ai figli. Di conseguenza viene fatta diventare una donna patologica».

Quando i figli non vogliono vedere il padre, in virtù delle violenze subite da loro o dalla madre, «invocando questa sedicente patologia, il giudice fa un dispositivo di allontanamento dei bambini dalla madre, portandoli in una casa famiglia o affidandoli al padre».

Vengono dunque «sottratti alla madre alla luce di questa ipotetica futuribile dannosità della madre. Ma, nella fattispecie, una bambina o un bambino che sono allontanati dalla casa in cui vivono e da amici e scuola, per essere portati altrove, subiscono una forma di traumatica di allontanamento». Questi provvedimenti, ricorda la professoressa, «talvolta sono messi in atto con la forza pubblica, in merito ci sono stati casi eclatanti».

In altre situazioni, quando «non si è prestata attenzione al fatto che ci fosse stata violenza da parte del partner nei confronti della madre, ci sono state storie tragicamente finite con un femminicidio». Per Arcidiacono la misura messa in atto dal tribunale, è «peggiorativa di una situazione già di per sé problematica, di vittimizzazione secondaria. Questo perché è il provvedimento che crea il danno».

Questa teoria, secondo Arcidiacono, era in voga all’inizio degli anni Settanta, «ma è stata ampiamente superata dalla letteratura psicologica contemporanea e internazionale, tramite l’Oms. Questa misura viene messa in campo anche in altri paesi europei, e le Nazioni Unite ne hanno evidenziato la dannosità».

Proprio Reem Alsalem, Relatrice speciale delle Nazioni Unite sulla violenza contro le donne e le ragazze, ha inviato delle raccomandazioni ai governi in tema di alienazione parentale, dando l’indicazione di vietare nei tribunali l’uso della Pas nei contenziosi per l’affido dei figli minori. La relatrice speciale ha riaffermando con forza il fatto che, quando le donne denunciano le violenze che subiscono in famiglia, hanno elevate probabilità di perdere l’affido dei figli comuni e i figli di essere allontanati dalle madri tutelanti e affidati ai padri che rifiutano o di cui hanno paura.

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La campagna

Con questo protocollo si sta continuando a mettere al centro la problematicità di questo fenomeno nelle aule di tribunale e del suo uso strumentale contro le donne che denunciano violenze: «Se denuncio mio marito di violenza e lui mi controaccusa di aver alienato il figlio, il bambino mi viene tolto perché sarei una “cattiva madre” per averlo “aizzato contro il padre”. Tutto questo porta in secondo piano la violenza subita dall’ex partner».

Con la campagna partita dalle esperte napoletane, si intende «portare l’attenzione su un fenomeno che è dannoso e rischioso per la salute dei bambini e della madre». Inoltre, con la nuova riforma Cartabia, «le allegazioni di violenza vengono utilizzate dai tribunali contro le donne, dimenticando che il tutto nasce dalla denuncia di un uomo violento e arrivando a togliere il figlio alla madre».

Il gruppo di esperte, dunque, ha manifestato la propria consapevolezza «psicologica, giuridica ed etica circa il fatto che i costrutti Pas, ovunque inseriti nei procedimenti giudiziari, costituiscono oggi l’ostacolo principale alle politiche di contrasto alla violenza di genere contro le donne, i bambini e le bambine».

Il riferimento a tali costrutti veicola nei tribunali – tra giudici e operatori sociali, sanitari e legali – «false acquisizioni scientifiche, pregiudizi contro le donne e negazionismi della violenza di genere». Questo riferimento, infatti, viene utilizzato dagli autori come «contro accusa strumentale, ogni volta che le donne denunciano le loro condotte abusanti e violente nella famiglia».

Nella dichiarazione contro l’utilizzo nei tribunali italiani dell’alienazione parentale e del suo trattamento, si chiede alla Commissione bicamerale d’inchiesta sul femminicidio di «sostenere, promuovere e monitorare l’applicazione nei tribunali delle raccomandazioni delle Nazioni Unite in tema di violenza contro le donne e custodia dei minori».

Infine, si esortano gli organismi governativi, gli ordini professionali e i professionisti dell’affido che ruotano nei tribunali, «di vietare e disincentivare il ricorso in campo giudiziario-forense all’ ”alienazione parentale” o ai “comportamenti alienanti” e di vietare nei tribunali di prescrivere o indicare trattamenti associati alla teoria».

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