A livello globale le guerre continuano a provocare ingenti danni alla salute delle persone, degli animali ed all’ambiente. Secondo la più recente analisi del Peace Research Institute di Oslo, i conflitti armati, tra Stati, nel 2023 erano 59, il numero più alto registrato dal 1946. Oltre ai morti ed ai feriti, le attività belliche creano una “biosfera della guerra” nella quale l’aria e l’acqua sono contaminate con metalli pesanti e sostanze cancerogene derivanti dai residui bellici e dalle macerie. Agenti infettivi si diffondono con maggiore facilità, dovuta alla malnutrizione, all’affollamento nei campi profughi e alla mancanza di servizi sanitari, distrutti anch’essi dalle operazioni militari. La salute mentale è gravemente a rischio in un contesto in cui tutti gli sforzi devono essere concentrati sulla sopravvivenza al prossimo bombardamento o alla possibilità di una riaccensione del conflitto.
Gli effetti della guerra sulla biosfera sono molteplici e vengono provocati da meccanismi diretti ed indiretti che causano sofferenze fisiche, mentali e sociali e che tipicamente, si estendono molto oltre la durata dei combattimenti. Le operazioni militari comportano l’immissione di sostanze cancerogene nell’ambiente e favoriscono la diffusione di agenti infettivi associati alla cancerogenesi. L’adesione a sani stili d vita e la loro promozione diventa impossibile, le operazioni di screening e di diagnosi precoce vengono ostacolate o interrotte. La cura dei pazienti oncologici è resa difficile o impossibile per mancanza di farmaci, per le difficoltà negli spostamenti da e per i luoghi di cura e a causa della distruzione, del danneggiamento o il malfunzionamento delle strutture sanitarie sovraccaricate dai feriti di guerra.
I conflitti armati provocano contemporaneamente una maggiore esposizione al rischio di ammalarsi, una minore possibilità di prevenzione e diagnosi precoce e gravi carenze, sia quantitative che qualitative, nell’assistenza e nella riabilitazione dei malati, sia in campo oncologico che nelle altre discipline mediche.
La guerra come causa di immissione di sostanze cancerogene
La guerra provoca un aumento drammatico della quantità di rifiuti. Questi includono veicoli e altri equipaggiamenti militari danneggiati o abbandonati, frammenti di granate, veicoli civili, detriti edilizi e rifiuti domestici e sanitari non raccolti. Alcuni di questi rifiuti sono tossici, come i frammenti di granate, i rifiuti sanitari e i detriti edilizi contenenti amianto, policlorobifenili e metalli pesanti e richiedono una gestione, un trasporto e uno smaltimento speciali che non possono essere garantiti nel contesto del conflitto. Nel caso della guerra in Ucraina, lo United Nations office for disaster risk reduction (Undrr) sottolinea, in particolare, il rischio rappresentato dall’amianto, un materiale utilizzato in maniera estensiva in edilizia, in Ucraina, fino ai tempi recenti, con oltre 183.000 tonnellate utilizzate nel 2005. In Ucraina, l’uso dell’amianto è stato vietato solo nel 2017. L’Undrr ritiene che fino al 60% dei tetti in Ucraina siano rinforzati con amianto. Dalle macerie e durante i crolli e incendi, in seguito ai bombardamenti, le fibre di amianto sono rilasciate in atmosfera dove vengono respirate dalle persone presenti. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) classifica l’amianto come agente cancerogeno che può provocare malattie respiratorie croniche, mesoteliomi, tumori al polmone, allo stomaco, alle ovaie e ad altri organi.
Armi nucleari
L’impatto delle armi nucleari più eclatante sulla salute è quello conseguente ai bombardamenti di Hiroshima e Nagasaki (in Giappone), avvenuti il 6 e il 9 agosto 1945, provocando oltre 200.000 morti immediati ed esponendo la popolazione rimanente al fallout radioattivo, che negli anni successivi ha provocato una moltitudine di effetti negativi sulla salute, compreso il cancro. Tra i sopravvissuti, gli Hibakusha, il rischio di leucemia mieloide acuta, leucemia linfocitica acuta e leucemia mieloide cronica è aumentato notevolmente circa 2 anni dopo i bombardamenti e ha raggiunto il picco dopo circa 7-8 anni, soprattutto nelle persone esposte in giovane età. I sopravvissuti sono stati anche esposti ad un rischio maggiore di sindrome mielodisplasica e di tumori della vescica, del seno, del polmone, del cervello, delle ovaie, della tiroide, del colon, dell’esofago, dello stomaco e del fegato, nonché tumori della pelle. Questo rischio è risultato aumentato per la durata di 6 decenni.
L’impatto sulla salute delle armi nucleari non è limitato al loro utilizzo, ma deve comprendere anche la produzione e lo smaltimento delle armi e i numerosi test eseguiti con la conseguente esposizione alla radioattività di lavoratori e della popolazione residente nei siti del test.
Il rischio aumentato di contrarre il cancro per i lavoratori delle fabbriche delle armi nucleari esposti a berillio, radiazioni e altre sostanze nocive, ha indotto il governo statunitense a predisporre un programma specifico di risarcimenti rivolto ai lavoratori delle industrie militari nucleari.
Gli esposti ai 2.056 test nucleari eseguiti in tutto il mondo dal 1945 (di cui 528 in atmosfera), per lo più appartenenti a popolazioni indigene ed emarginate, meritano riconoscimento, attenzione, non solo sanitaria, ma anche risarcimenti. Si stima che l’esecuzione dei test in Nevada abbia provocato da 11.300 a 212.000 casi di cancro alla tiroide, negli USA. Nel 2023, il Senato degli Stati Uniti ha approvato una misura grazie alla quale gli abitanti del New Mexico colpiti dal cancro in seguito alle radiazioni del Trinity Test potrebbero ricevere 150.000 dollari e la copertura delle spese mediche.
In Kazakhstan, tra il 1949 eil 1989, l’Unione Sovietica ha condotto oltre 450 test nucleari (atmosferici, sul terreno e sotterranei). Il Kazakhstan ha proceduto a rivalutare i casi di 10.000 persone dagli studi eseguiti negli anni ’60. Dalla valutazione è emerso un aumentato rischio di mortalità generale e legata al cancro (soprattutto esofago, stomaco polmone e seno) per le persone residenti in vicinanza al sito di sperimentazione nucleare di Semipalatinsk. Ulteriori studi sul DNA hanno dimostrato un aumento significativo delle aberrazioni cromosomiche tra la seconda e la terza generazione da genitori esposti a dosi di 250 millisievert (misura il danno biologico provocato dalla radiazione su un organismo) o superiori. A più di tre decenni dall’ultimo test nucleare sovietico in Kazakistan, le comunità locali continuano a subire gli effetti. I sopravvissuti, ora alla terza e quarta generazione, soffrono ancora di gravi malattie, tra cui il cancro.
Tratto da “I numeri del cancro in Italia 2024” AIOM – Intermedia Editore
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