Uno spettro aleggia sull’economia piemontese: eredità delle crisi (del passato e recenti), torna a manifestarsi la difficoltà nei pagamenti, primo granello di sabbia che rischia di bloccare l’ingranaggio delle filiere produttive. L’allarme è stato rilanciato nei giorni scorsi da Unione Industriali Torino e Confindustria Piemonte: le previsioni di inizio 2025 parlano infatti di un aumento nei ritardi di pagamento soprattutto nella Torino manifatturiera, che vede crescere la quota di chi soffre dal 28 a 31,5% nel giro di tre mesi. «Stiamo notando – dice Andrea Amalberto, presidente di Confindustria Piemonte – che si inizia a sgarrare e a scivolare di qualche giorno. È uno dei primi segnali di difficoltà». Difficoltà che non mancano nemmeno nel rapporto con il mondo del credito: «Il grosso ostacolo è quello dei codici Ateco – aggiunge Amalberto –. Spesso si finisce per mescolare settori a rischio con situazioni virtuose».
Lo stesso problema colpisce, in maniera forse anche più pesante, il mondo delle Pmi. L’indagine più recente di Api Torino lo dimostra: il 67,8% delle piccole e medie imprese denuncia difficoltà a incassare i propri crediti (in aumento rispetto al 65,6% di sei mesi prima). E cresce la fetta di imprese con crediti scaduti da oltre 60 giorni: dal 32,8% al 37,3%.
A questo fenomeno si aggiunge l’orizzonte degli ordinativi che si accorcia: il 66,4% delle Pmi ha ordini sotto i 30 giorni, in netto peggioramento. Tra le grandi aziende, il 61% ha ordini sotto i tre mesi, ma il 18,5% addirittura non va oltre un mese.
«Ritardi di pagamento e portafoglio ordini limitato nel tempo sono due forti sintomi della crisi che il nostro sistema industriale sta attraversando. Una condizione che si riflette anche sugli investimenti e sull’occupazione – dice Fabrizio Cellino, presidente di Api Torino –. Si tratta di una crisi strutturale che deve essere affrontata con strumenti ad hoc. Serve un piano, come è stato il Pnrr, ma anche una moratoria sugli interessi per gli investimenti, fino alla modifica delle regole sugli ammortizzatori sociali. Più di tutto è necessario che i decisori pubblici, ma anche il sistema del credito, si rendano conto che occorre fare in fretta».
Questa situazione finisce per interessare anche il mondo delle banche e del credito, dagli istituti grandi alle realtà di territorio, più connesse e più legate al tessuto imprenditoriale di zona. «Forse è ancora presto per dire che si sia allungato il ciclo monetario, almeno sul nostro territorio di riferimento, che è meno legato all’automotive e i cui timori possono essere in prospettiva più connessi alle politiche dei dazi o a nuovi limiti regolamentari – dice Gianluca Brovia, direttore crediti di Banca d’Alba –. Ma sappiamo bene che può diventare un problema, ritardando gli incassi e bloccando i conseguenti pagamenti».
Le crisi del passato, però, qualcosa lo hanno insegnato. «Le aziende con buoni fondamentali hanno provveduto ad avere liquidità propria – prosegue Brovia – oppure al più possono scegliere di indebitarsi a breve termine anticipando le fatture e gli incassi futuri. Il problema, invece, può diventare più importante per quelle realtà che, magari, hanno già una maggiore esposizione». E prosegue: «Nel finanziare un ciclo monetario si può anticipare in parte la fattura emessa e poi attenderne l’incasso, oppure attraverso il factoring si può anche cedere il credito a terzi, che poi si preoccuperanno dell’incasso. Se l’attesa si allunga, invece, o si proroga l’anticipo della fattura, oppure si può finanziare l’azienda con una linea di credito ad hoc, magari per pagare i fornitori. Il periodo Covid, con tutte le agevolazioni e le mitigazioni a livello di garanzie, ha infatti un po’ cambiato le abitudini delle nostre aziende che sempre di più tendono a finanziarsi con il medio termine anche a sostegno del ciclo monetario. Per quanto riguarda l’andamento ribassista dei tassi, invece può essere un buon invito ad effettuare nuovi investimenti a sostegno della crescita».
Per comprendere la situazione, è prezioso scrutare l’orizzonte: «Sulla liquidità incide la prospettiva degli ordini – dice ancora Brovia – sono tante le aziende che hanno prospettive sicure non oltre un massimo di tre mesi». Ed è qui che incide la capacità di conoscere direttamente chi si rivolge allo sportello. «Avere un territorio ben definito e un rapporto stretto è la nostra forza – conclude Brovia –, essere più capillari e presenti sul territorio può rivelarsi un elemento prezioso».
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