Le novità in tema di fringe benefits

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Dilazioni debiti fiscali

Assistenza fiscale

 


La Legge di Bilancio 2025, tra gli altri interventi, conferma e stabilizza, quantomeno per il prossimo triennio, le misure relative ai fringe benefits e ai premi di produttività soggetti a imposta sostitutiva. Oltre a ciò, introduce una specifica misura di welfare destinata ai neoassunti a tempo indeterminato.

 

Premessa

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Il 31 dicembre 2024 è stata pubblicata, nel S.O. n. 43 della Gazzetta Ufficiale n. 305/2024, la L. 207/2024, più conosciuta come Legge di Bilancio 2025. Come si legge nella Relazione illustrativa del DdL Bilancio, in un contesto, italiano e internazionale, caratterizzato da diffuse incertezze, “l’impostazione della politica di bilancio rimane prudente in modo da garantire nel medio periodo una stabile riduzione dello stock di debito pubblico e al contempo, tramite l’utilizzo degli spazi fiscali risultanti tra l’andamento del saldo nominale primario e quello a legislazione vigente e il reperimento di nuove risorse, finanziare interventi selettivi per il rafforzamento delle politiche per la famiglia e il sostegno dei redditi medio bassi, per le prestazioni sociali e per migliorare la qualità e l’offerta del servizio sanitario nazionale”.

L’enunciata prudenza lascia, però, spazio a qualche conferma e qualche novità in tema di welfare aziendale.

Il corpo normativo contiene, infatti, la proroga di alcune misure già conosciute negli anni passati, come l’incremento del limite di esenzione fiscale e contributivo dei fringe benefits e l’applicazione dell’imposta sostitutiva pari al 5% ai premi di produttività, ma anche qualche novità, quale la non imponibilità fiscale delle somme corrisposte, entro certi limiti, ai dipendenti a ristoro delle spese di locazione e manutenzione dei fabbricati locati. Si vedranno, di seguito, nel dettaglio, gli interventi disciplinati all’interno della L. 207/2024, rigorosamente in ordine di “apparizione”.

 

Premi di produttività

L’articolo 1, comma 385, L. 207/2024, ha disposto che: “Per i premi e le somme erogati negli anni 2025, 2026 e 2027, l’aliquota dell’imposta sostitutiva sui premi di produttività, di cui all’articolo 1, comma 182, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, è ridotta al 5 per cento”.

A fronte di tale indicazione, come avvenuto lo scorso anno e per i prossimi 3 successivi periodi d’imposta, i premi di risultato di ammontare variabile previsti dalla contrattazione collettiva di II livello, la cui corresponsione sia legata a incrementi in termini di produttività, redditività, qualità, efficienza e innovazione, quantificabili e verificabili secondo criteri stabiliti dal D.I. 25 marzo 2016, emanato dal Ministero del lavoro di concerto col Mef, saranno soggetti a un’imposta sostitutiva dell’Irpef e delle addizionali regionali e comunali pari al 5% – anziché all’ordinario 10% – fino a un massimo di 3.000 euro annui lordi.

Si ricorda, poi, che possono fruire dell’aliquota agevolata i lavoratori che, nell’anno precedente a quello di percezione del premio, siano stati titolari di reddito di lavoro dipendente non superiore a 80.000 euro annui.

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per lavori di ristrutturazione

 

In relazione ai criteri ai quali devono essere ancorati i premi di risultato, è bene ricordare che essi sono demandati, agli effetti del dell’articolo 2, comma 2, D.I. 25 marzo 2016, alla contrattazione collettiva aziendale o territoriale. Essa, infatti, dovrà prevedere criteri di misurazione e verifica degli incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza e innovazione, che possono consistere nell’aumento della produzione o in risparmi dei fattori produttivi, ovvero nel miglioramento della qualità dei prodotti e dei processi, anche attraverso la riorganizzazione dell’orario di lavoro non straordinario o il ricorso al lavoro agile quale modalità flessibile di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato, rispetto a un periodo congruo definito dall’accordo, il cui raggiungimento sia verificabile in modo obiettivo attraverso il riscontro di indicatori numerici o di altro genere appositamente individuati.

L’elemento distintivo, rispetto ad altre forme premiali, risulta essere, pertanto, la previsione, individuata in contratto collettivo, di criteri di misurazione degli incrementi il cui raggiungimento sia verificabile in modo oggettivo attraverso il riscontro di indicatori numerici o di altro genere appositamente individuati.

 

Esenzione neoassunti

L’articolo 1, commi 386-389, L. 207/2024, introduce un’interessante novità per gli assunti a tempo indeterminato nel periodo 1° gennaio 2025-31 gennaio 2025.

Infatti, qualora i datori di lavoro erogassero o rimborsassero delle somme per il pagamento dei canoni di locazione o delle spese di manutenzione dei fabbricati locati ai medesimi dipendenti assunti nel periodo sopra indicato, esse non concorrerebbero, per i primi 2 anni dalla data di assunzione, a formare il reddito ai fini fiscali entro il limite di 5.000 euro annui.

È da sottolineare come, per espressa previsione normativa, “l’esclusione dal concordo alla formazione del reddito del lavoratore non rileva ai fini contributivi”, pertanto sulle somme erogate ai titoli di cui sopra dovranno essere trattenuti e versati i contributi all’ente previdenziale. Le somme erogate o rimborsate rilevano, poi, ai fini della determinazione dell’Isee e si computano ai fini dell’accesso alle prestazioni previdenziali e assistenziali. Per poter beneficiare dell’intervento agevolativo i lavoratori debbono essere assunti, come anticipato, a tempo indeterminato nell’anno d’imposta 2025, i medesimi non debbono essere titolari di reddito di lavoro dipendente superiore a 35.000 euro nell’anno precedente la data di assunzione e devono aver trasferito la residenza nel Comune di lavoro qualora questo sia situato a più di 100 km di distanza dal Comune precedente di residenza. Il lavoratore dovrà anche rilasciare al datore di lavoro apposita dichiarazione, ai sensi dell’articolo 46, D.P.R. 445/2000, nella quale attesta il luogo di residenza nei 6 mesi precedenti la data di assunzione.

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Fringe benefit

L’articolo 1, Legge di Bilancio 2025, interviene, ai commi 390 e 391, per riproporre e, anche in questo caso, per disporre, per il triennio 2025-2027, l’incremento della soglia di non imponibilità, prevista all’articolo 51, comma 3, Tuir, in caso di erogazione di beni e servizi da parte del datore di lavoro.

Anche per il 2025, e i successivi 2026 e 2027, i fringe benefit non concorreranno a formare reddito da lavoro dipendente fino a 2.000 euro per i lavoratori con figli a carico e fino a 1.000 euro per la generalità dei lavoratori dipendenti.

L’articolo 1, comma 390, L. 207/2024, ha, altresì, confermato che non concorrono a formare il reddito le somme erogate o rimborsate ai medesimi lavoratori dai datori di lavoro per il pagamento delle utenze domestiche del servizio idrico integrato, dell’energia elettrica e del gas naturale, delle spese per l’affitto della prima casa ovvero per gli interessi sul mutuo relativo alla prima casa. In attesa di un definitivo adeguamento di un limite decisamente desueto (258,23 euro), la norma in commento prevede, quindi, nuovamente una disciplina più favorevole, rispetto a quella stabilita a regime, in materia di esclusione dal computo del reddito imponibile del lavoratore dipendente per i beni ceduti e i servizi prestati al lavoratore medesimo. Si ritiene che, ai fini dell’applicazione della misura, siano ancora attuali le indicazioni fornite l’Agenzia delle entrate con circolare n. 5/E/2024.

Con specifico riferimento alle anzidette spese di locazione o interessi su mutuo, in entrambi i casi per abitazione principale, l’Amministrazione finanziaria ha chiarito che le stesse debbano riguardare immobili a uso abitativo posseduti o detenuti, sulla base di un titolo idoneo, dal dipendente, dal coniuge o dai suoi familiari, nei quali il dipendente o i suoi familiari – di cui all’articolo 12, Tuir – dimorino abitualmente, a condizione che ne sostengano effettivamente le relative spese. Pertanto, ancorché parte contrattuale sia il coniuge o altro familiare – fra quelli indicati nell’articolo 12, Tuir – del lavoratore dipendente, sono rimborsabili, nei limiti normativi suindicati, sia le spese sostenute per un contratto di affitto sia quelle relative agli interessi sul mutuo, a condizione che l’immobile locato o su cui grava il mutuo costituisca l’abitazione principale del lavoratore, ai sensi dei predetti articoli 15, comma 1, lettera b), o 16, comma 1-quinquies, Tuir.

Conto e carta

difficile da pignorare

 

L’Amministrazione finanziaria ha, altresì, chiarito che, ai fini documentali, è necessario che il datore di lavoro acquisisca e conservi, per eventuali controlli, la relativa documentazione per giustificare la somma spesa e la sua inclusione nel limite di cui all’articolo 51, comma 3, Tuir. In alternativa, il datore di lavoro può acquisire una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà che attesti il ricorrere, in capo al medesimo dichiarante, dei presupposti previsti dalla norma in esame, da conservare per eventuali controlli da parte degli organi a ciò deputati.

Al fine di poter fruire del beneficio in trattazione, la condizione a cui è subordinato il limite più elevato viene soddisfatta anche qualora il figlio sia a carico ripartito con l’altro genitore, nonché qualora il lavoratore non benefici della detrazione fiscale per il figlio a carico in ragione del riconoscimento (in relazione al medesimo figlio) dell’assegno unico e universale per i figli a carico.

Si ritiene, altresì, che tale misura possa essere erogata anche ad personam.

Sul tema, peraltro, fermo restando che il limite pari a 2.000 euro si applica se il lavoratore dipendente dichiara al datore di lavoro di avervi diritto indicando il codice fiscale dei figli (articolo 1, comma 391, Legge di Bilancio 2025), si ritiene utile precisare che ai sensi dell’articolo 12, comma 2, Tuir, i figli sono considerati fiscalmente a carico se possiedano un reddito complessivo, computando anche le retribuzioni corrisposte da enti e organismi internazionali, rappresentanze diplomatiche e consolari e missioni, nonché quelle corrisposte dalla Santa sede, dagli enti gestiti direttamente da essa e dagli enti centrali della Chiesa cattolica, non superiore a 2.840,51 euro, al lordo degli oneri deducibili. Per i figli di età non superiore a 24 anni il limite di reddito complessivo è elevato a 4.000 euro.

Nel caso in cui manchi la dichiarazione del lavoratore dipendente, pertanto, l’agevolazione in commento non è applicabile. Al riguardo, non essendo prevista per norma una forma specifica, si ritiene che la mera dichiarazione, con indicazione dei figli fiscalmente a carico, possa essere effettuata secondo modalità concordate fra datore di lavoro e lavoratore. In ogni caso, è necessario conservare la documentazione, anche firmata digitalmente, comprovante l’avvenuta dichiarazione, ai fini di un eventuale controllo da parte degli organi competenti.

Da ultimo, si evidenzia come sia necessaria, per l’attuazione dell’incremento del limite di esenzione la previa informativa alle rappresentanze sindacali laddove presenti.

 

Contabilità

Buste paga

 

Si segnala che l’articolo è tratto da “La circolare di lavoro e previdenza”.



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