Spegnere cento candeline non è più un traguardo irraggiungibile: al primo gennaio 2024 erano 22.552 i centenari residenti in Italia, l’83% dei quali donne, un dato in crescita del 30% rispetto a soli dieci anni fa. In aumento anche gli ultracentenari, gli anziani con almeno 105 anni di età, che a inizio 2024 erano ben 844, di cui solo 106 uomini. È a partire da questi dati che Moneyfarm, società di consulenza finanziaria con approccio digitale, vuole compiere un viaggio nei numeri della longevità in Italia attraverso un’indagine, per dimostrare quanto sia importante pianificare per tempo gli anni della pensione, per evitare di essere costretti a modificare sensibilmente il proprio tenore di vita dopo l’uscita dal mondo del lavoro.
“Nella corsa verso il traguardo dei cento anni, il reddito pensionistico diventa una variabile cruciale per garantire agli anziani una vita serena e dignitosa, fatta di accesso alle cure mediche e opportunità di svago, con la tranquillità economica necessaria per affrontare gli imprevisti” ha commentato Andrea Rocchetti, Global Head of Investment Advisory di Moneyfarm. “L’Italia è tra i Paesi più longevi al mondo, e oggi la pensione non è più solo un traguardo, ma un lungo viaggio che può durare anche quarant’anni. Pianificare per tempo, integrando il sempre più esiguo assegno pensionistico pubblico con una forma di previdenza complementare, non è solo una scelta responsabile, ma un investimento sulla qualità della propria vita futura. Vivere a lungo dovrebbe essere una conquista, non una preoccupazione economica”.
Differenze per regioni italiane
Ad oggi, le regioni con la concentrazione più elevata di centenari sono la Liguria (61 ogni 100 mila residenti), il Molise (58 ogni 100mila) e il Friuli Venezia-Giulia (54 ogni 100mila), ma in base ai dati Istat di dicembre 2024 è anche possibile stilare la mappa delle province italiane con la più elevata attesa di vita alla nascita, che vede il nord-est e le regioni centrali della penisola in testa alla classifica.
I bambini con la più elevata attesa di vita nascono in provincia di Firenze (82,8 anni) e, a seguire, in varie province dell’Italia centro-settentrionale (Monza, Rimini, Prato e Lecco), mentre quelli con la minor attesa di vita nascono nelle province di Enna, Nuoro, Crotone, Napoli e Caserta, che, con un’attesa di vita alla nascita pari a 79 anni, detiene il record negativo nazionale.
Differenze di genere
In fatto di longevità, le donne sono sicuramente avvantaggiate, con un “gender gap” di circa quattro anni in più rispetto agli uomini in termini di attesa di vita alla nascita: le più fortunate sono le bambine che nascono in provincia di Trento (86,9 anni) e, a seguire, in altre province dell’Italia centro-settentrionale (Prato, Rimini, Firenze e Monza), mentre quelle con la più bassa attesa di vita nascono nelle province siciliane di Agrigento, Siracusa ed Enna e in quelle campane di Caserta e Napoli, che, con un’attesa di vita alla nascita pari a 83,2 anni, chiude la lista. Le classifiche cambiano, però, a seconda dell’età del soggetto: le province con i neonati più longevi non sempre sono le stesse di quelle con i pensionati destinati a vivere più a lungo.
Con il passare degli anni, infatti, la speranza di vita aumenta, così che l’attesa di vita all’età media di pensionamento, cioè 64 anni, arriva ad 88,8 anni per le neopensionate di Trento e provincia e ad 85,4 anni per i neopensionati riminesi. All’estremo opposto della classifica, le neopensionate con la minor longevità attesa si trovano purtroppo sempre in province della Sicilia e della Campania, con Napoli ultima in graduatoria (85,7 anni); i neopensionati uomini con la minor attesa di vita si trovano invece a Caserta (82,8 anni), con circa due anni e mezzo in meno rispetto ai coetanei riminesi.
Stile di vita e welfare
Forse non è un caso che la mappa delle regioni con la più elevata longevità coincida con quella delle regioni con valori di benessere superiori alla media nazionale negli ambiti di salute, istruzione, formazione, lavoro e relazioni sociali, secondo l’ultimo report Istat Benessere e disuguaglianze in Italia. A contribuire alla longevità delle persone, infatti, oltre alla naturale predisposizione genetica, vi sono indubbiamente fattori legati alla qualità dell’ambiente e allo stile di vita personale, oltre che al livello dell’assistenza sanitaria e, ovviamente, al welfare e all’ammontare dell’assegno pensionistico. È dunque fondamentale cominciare il prima possibile a pianificare il ritiro dal mondo del lavoro, creando le basi per una rendita vitalizia che consenta di soddisfare le proprie necessità economiche anche fino a quattro decenni dopo il raggiungimento della pensione, come accade per chi ha superato la fatidica soglia dei 100.
Sistema pensioni
Se si pensa ad un lavoratore con uno stipendio netto di 2.000 euro al mese, destinato ad andare in pensione a 64 anni nel 2030 con il 64% del proprio reddito da lavoro dipendente, in base al tasso di sostituzione indicato dalle statistiche della Ragioneria dello Stato, il suo assegno pensionistico ammonterà a 1.280 euro, circa 720 euro in meno rispetto alla sua attuale busta paga.
Di fronte alla prospettiva di un’attesa di vita pari a 85 anni, il capitale necessario per integrare la pensione pubblica al 100% della retribuzione da lavoro dipendente sarebbe pari a 181.440 euro, ma salirebbe a 354.240 euro qualora si raggiungessero i 105 anni. La situazione è ancora più critica per i lavoratori autonomi che, sempre considerando uno stipendio netto di 2.000 euro al mese e l’ingresso in pensione a 64 anni nel 2030, potrebbero contare su un tasso di sostituzione pari al 43% del proprio fatturato e, dunque, su un assegno pensionistico di soli 860 euro, con una necessità di integrazione mensile pari a 1140 euro.
Di fronte alla prospettiva di un’attesa di vita pari a 85 anni, il capitale necessario per integrare la pensione pubblica al 100% della retribuzione da lavoro autonomo sarebbe pari a 287.280 euro, ma salirebbe a 560.880 euro qualora si raggiungessero i 105 anni.
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