Nel 1925 nasce il Rifugio Auronzo

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C’è un rifugio che a onor del vero, da molti decenni è facilmente raggiungibile da colonne di turisti provenienti da tutto il mondo che lassù arrivano nella buona stagione, dalla tarda primavera all’autunno inoltrato, con ogni mezzo. I più attraverso una notissima strada panoramica asfaltata e a pedaggio, percorsa da ogni sorta di automobili, pullman, camper, moto, biciclette. Una minoranza a piedi. L’attrazione sono le Tre Cime di Lavaredo e il rifugio è il mitico Rifugio Auronzo. Diciamo mitico perché a dispetto di quello che oggi con termine infelice chiamiamo overtourism, che ha trasformato il rifugio in una struttura attrezzata per far fronte al turismo di massa, il rifugio Auronzo entra di diritto nella Storia dell’alpinismo, quella scritta con la S maiuscola. Tra quelle mura hanno sostato, hanno pernottato, hanno discusso, hanno progettato le loro imprese, nomi celeberrimi del firmamento dell’arrampicata. Tra i tanti Karl Prusik, Ludwig Preuss, Severino Casara, Angelo Dibona, Emilio Comici, Giuseppe e Angelo Dimai, Riccardo Cassin, Ettore Castiglioni,  Dieter Hasse fino agli anni recenti con le imprese di Hans Kammerlander, Christoph Hainz e i fratelli Thomas e Alexander Huber. Ebbene proprio quest’anno il rifugio Auronzo festeggia i 100 anni dalla sua inaugurazione.

Era nato col nome di Rifugio Longeres

Di anni se ne potrebbero festeggiare anche di più, se il 24 maggio 1915, allo scoppio per l’Italia della Prima guerra mondiale, le granate austriache, non avessero distrutto quanto fin dal 1912, per iniziativa della Sezione cadorina del CAI con il contributo del Comune di Auronzo, si stava costruendo ai 2333 metri di Forcella Longeres, per “compensare” sul versante italiano il Rifugio Tre Cime (Dreizinnenhütte, oggi nella denominazione italiana Rifugio Locatelli) costruito dagli austriaci sul versante opposto. Il progetto dell’ingegner Giuseppe Palatini stava per essere portato a termine e il manufatto avrebbe dovuto di lì a poco essere inaugurato con il nome di Rifugio Longeres. Ma tutto venne sconvolto in quelle primissime ore del conflitto dai colpi di cannone, e dalle granate piovute oltre che a Forcella Longeres anchea Forcella Lavaredo, a Forcella Val di Mezzo e a Misurina che subì gravi danni.
Conseguenza della guerra fu anche l’ultimazione per scopi militari, da parte italiana, sul versante meridionale delle Tre Cime di Lavaredo, di una bella strada rotabile che, con uno sviluppo di circa 7 chilometri da Misurina saliva a Forcella Longeres: sostanzialmente lo stesso tracciato di quella che vediamo oggi.

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La ripresa nel dopoguerra fu lenta e faticosa. “Il movimento turistico, completamente fermo da cinque anni – come scrisse Antonio Sanmarchi nel centenario della prima ascensione sulle Tre Cime di Lavaredo avvenuta il 21 agosto 1869 da parte del viennese Paul Grohmann con Peter Salcher e Franz Innerkofler- trovò ostacoli grandissimi: le comunicazioni erano difficili, i rifugi distrutti e la clientela molto scarsa”. Inoltre, c’era il problema della bonifica dalle mine e dalle granate inesplose.

Fino al 1946 si chiamò Rifugio Principe Umberto

Fatto sta che, tornata la pace, quello che avrebbe dovuto essere il Rifugio Longeres venne ricostruito dalla Sezione del CAI. I tempi erano cambiati e quel rifugio venne battezzato Rifugio Principe Umberto in omaggio al principe ereditario, con una festosa inaugurazione il 2 agosto 1925, quindi cento anni fa. Ebbe subito una considerevole frequentazione, soprattutto da parte italiana. E sulle Lavaredo arrivarono grandi alpinisti.
Era l’unico rifugio delle Dolomiti Orientali a essere collegato con il fondovalle da un regolare servizio giornaliero di corriera a cavalli. Si ha notizia che a raggiungere Forcella Longeres in automobile per la prima volta fu Claudio Bombassei Vettor di Auronzo di Cadore nel 1923.

Ma nemmeno la nuova intitolazione era destinata a durare definitivamente. In mezzo ci fu la Seconda guerramondiale che impose un altro stop al turismo. “Il rifugio divenne nel 1944 sede di una scuola di alpinismo della Wehrmacht sotto la direzione del celebre alpinista Fritz Kasparek“– come si legge in Dolomiti e dintorni a cura di Carlo Avoscan e Fabrizio Francescon (2011). Kasparek, tra l’altro, insieme a Sepp Brunhuber effettuò nel 1938 la prima invernale della via Comici-Dimai alla Cima Grande di Lavaredo, un’impresa di per sé considerata una pietra miliare dell’alpinismo ma che affrontò per prepararsi alle difficoltà della nord dell’Eiger, che Kasparek stesso vincerà con successo nell’estate successiva insieme ad Heckmair, Vorg e Harrer.

Il Rifugio Auronzo. Foto FB Rifugio Auronzo alle Tre Cime di Lavaredo

L’incendio del 1955 e la definitiva rinascita

Con l’avvento della Repubblica, il rifugio venne riattivato nel 1946 prendendo il nome di Rifugio Longeres“Bruno Caldart”, in ricordo di una giovane guida alpina auronzana morto ventisettenne, assieme al bellunese Cesare Zancristoforo, sulla Cima Piccola di Lavaredo il 9 luglio 1944, per un banale incidente dovuto alla rottura di un vecchio chiodo ad anello durante la discesa. Poco prima – come ricorda Antonio Sanmarchi- avevano utilizzato lo stesso chiodo oltre trenta alpinisti della scuola di Kasparek.

Ma la gloriosa e allo stesso tempo travagliata storia del rifugio riservava un ulteriore colpo di scena. Il surriscaldamento di una canna fumaria tra il 15 e 16 aprile 1955, innescò un incendio che lo devastò. Anche questa volta però risorse. Subito iniziarono i lavori per la sua ricostruzione e dopo due anni, nel 1957 il rifugio riaprì i battenti, nelle forme attuali, con la denominazione di Rifugio Auronzo.

Un nome che su tutti emerge tra i gestori del rifugio è quello di Piero Mazzorana, guida ed eccellente arrampicatore, che delle Tre Cime conosceva ogni segreto. Era nato a Longarone nel 1910 ma la famiglia poi si trasferì ad Auronzo. Cominciò ad arrampicare a 16 anni. Tra le sue imprese con Emilio Comici nel 1936 vinse lo spigolo nord-ovest della Cima Piccola di Lavaredo, strapiombante con un’ininterrotta serie di tetti. Il suo capolavoro lo realizzò il 17 agosto 1942, compiendo in solitaria la “cavalcata” delle Lavaredo: la Minima, la Piccolissima, la Punta di Frida, la Piccola, la Grande, la Ovest, la Croda degli Alpini e la Croda del Rifugio. Tutto in nove ore, un autentico primato. Uno dei primi grandi “concatenamenti” tanto in voga oggi fra gli alpinisti di punta. Mazzorana aprì almeno settanta nuove vie nelle Dolomiti di cui la maggioranza sui Cadini di Misurina. Ma Mazzorana ha al suo attivo anche oltre 120 interventi di soccorso alpino. Gestì il rifugio dal 1949 a metà degli anni Settanta.

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Il rifugio traguardo memorabile del Giro d’Italia

Non va taciuto che il Rifugio Auronzo ha segnato il traguardo di numerose memorabili tappe del Giro d’Italia. La salita finale da Misurina (1756 m) per gli appassionati di ciclismo e non solo, è considerata tra le più impegnative in assoluto. Sette chilometri che non perdonano, di cui negli ultimi meno di quattro si supera un dislivello di 477 metri, con punte fino al 19% di pendenza, per arrivare ai 2333 metri del traguardo.
La prima volta fu nel 1967, in una giornata da tregenda
. Si partiva da Udine. Vinseinutilmente Felice Gimondi, davanti ad Eddy Merckx e a Gianni Motta, perché la tappa venne annullata per spinte. Il tempo estremamente inclemente tra nevischio e nebbia aveva indotto i tifosi a spingere i ciclisti stremati dalla fatica su quella tremenda arrampicata.Merckx si rifece l’anno successivo, ma sebbene annullata è questa la tappa, tra le tante con arrivo al rifugio Auronzo, che resterà incancellabile.



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