Di recente è stata lanciata la serie esclusiva Amazon dal titolo Secret Level, creata dalla mente geniale dell’autore di Love, Death and Robots Tim Miller. Sebbene la composizione ricorda molto quest’ultima, con la differenza di essere ambientata all’interno del mondo dei videogiochi, trattando un titolo diverso per ogni episodio. Aldilà di alcune scelte più o meno azzeccate, il tema predonimante che fa da filo rosso sembra essere la morte del virtuale e la ripetizione. Partendo anche su quello che probabilmente è andato storto, occorre forse ragionare sul valore di questo collegamento e su quello che può rappresentare.
Un passo nel vuoto
Dopo il successo travolgente della loro serie evento e di altri capolavori, lo studio di Blur animation si lancia in un progetto ancora più ambizioso. Non tutti sanno infatti che il team è legato anche alla realizzazione degli ultimi Call of Duty, Valorant e Gears of War nonché delle animazioni del film Sonic 2. Secret Level rilancia sul mondo dei videogiochi, cercando di unire la formula garantita di Love Death and Robots a franchise già affermati. Tutto questo viene poi condito da collaborazioni importanti come Arnold Schwarzenneger, Kevin Hart o Keanu Reeves. L’obbiettivo era quello di creare un interesse con i nuovi fan e che fosse allo stesso tempo rilevante per i fan più rodati.
La posta in gioco per questo progetto è sicuramente alta, e sicuramente il progetto Secret Level ha creato molta anticipazione prima che uscisse. Dopo aver analizzato il prodotto finale, possiamo dire che queste premesse sono state parzialmente soddisfatte.
Il peso della notorietà
Secret Level è sicuramente un prodotto di alto valore, anche se soffre un pesante confronto con il suo predecessore. Condividendo entrambi lo stesso tipo di struttura a episodi indipendenti e trattando principalmente narrative Sci-fi, era inevitabile che sarebbero entrate in competizione. Dalla sua dovrebbe giovare della presenza di titoli già conosciuti, utili a contestualizzare le storie narrate. Purtroppo però la lunghezza limitata degli episodi e il ritmo discontinuo della narrazione non permettono agli spettatori di entrare in sintonia con i giochi trattati. Il risultato è quindi una sequenza di cinematic e trailer ad altissima risoluzione, che però fatica a stare in piedi da sola. Secret Level non riesce né a ingaggiare gli spettatori novizi né a fornire agli appasionati dei vari franchise abbastanza elementi caratteristici. Inoltre, alcuni dei titoli scelti non hanno riscosso il successo commerciale sperato opppure non erano nemmeno stati ancora lanciati.
Un barlume di speranza in Secret Level
Nonostante tutte le occasioni mancate, la serie è riuscita ad avere dei momenti in cui mi ha tenuto incollato allo schermo. Immedesimandomi nell’osservatore casuale, è innegabile che la direzione artistica di Secret Level sia impeccabile. Episodi come quello ambientato nel mondo di Spelunky, Pacman o Armored Core sono state in grado di coinvolgermi molto a livello visivo e artistico. Come detto in precedenza, è stata forse la scrittura degli episodi a farmi storcere il naso. Senza troppe pretese, ho riso molto durante basato nell’universo di New World, in cui Arnold impersonava un condottiero vichingo ottuso e implacabile. Tuttavia, occorre anche pensare che molti di questi titoli presentano una lore considerevole che sarebbe stata difficile da tradurre in episodi di 10-20 minuti.
Secret level non è stato in grado di uscire dal modello di gancio commerciale e offrire dei contenuti validi anche per un pubblico novizio. Inoltre, anche gli spettatori più rodati in questo genere potrebbero non aver trovato abbastanza contenuto per ritenersi soddisfatti. Nonostante ciò, Secret Level ci permette di ragionare sul significato del loop che sta alla base della maggior parte dei giochi trattati. La ripetizione costante del ciclo di morte e rinascita viene esplicitato nella trama di molti episodi, rompendo in un certo senso la quarta parete. Questo espediente permette di creare un nuovo piano narrativo a metà strada tra l’universo virtuale e l’esperienza del giocatore. Cosa significa poter ingannare la morte e avere la possibilità di fare una nuova partita?
Pulsante Reset
Il mondo dei videogiochi si basa molto spesso sullo scardinamento del concetto di morte definitiva. Al suo posto il gioco permette di sviluppare una curva di apprendimento che premia la ripetizione del ciclo nascità (o spawn), sviluppo, morte, reset. Basta pensare al filone dei titoli Souls Like, ispirati alla celeberrima saga di Dark Souls, dove la morte è forse l’elemento maggiormente distintivo e preponderante. Questi giochi si caratterizzano per una difficoltà molto elevata, uno scarso numero di indicazioni al giocatore (talvolta anche errate) e un mondo pieno di insidie. Soprattutto per quanto riguarda Elden Ring, sta al giocatore capire come e dove procedere per poter piano piano dirimare la trama del gioco. Di conseguenza, sarà egli stesso a dover strutturare un piano strategico per riuscire a potenziare il proprio personaggio e affrontare sezioni adeguate al suo livello.
Sebbene inizialmente questo approccio possa sembrare caotico e disorientante, rende il gioco un esperienza molto più stratificata e realistica. Anziché condurti a piccoli passi nell’universo di gioco, spiegandoti i fondamentali, nella maggior parte dei casi vieni buttato nella mischia senza troppe premesse. Questo tipo di titoli sfidano molto la pazienza del giocatore, ma sanno anche restituire la percezione di un mondo molto più vivo. Inoltre, dopo un numero indicibile di morti, è possibile prendere dimestichezza con queste sensazioni e ciò amplifica il senso di gratificazione nel caso di successo.
Educazione mortale
Oltre al livello di difficoltà dei nemici, un altro caso è quello in cui viene messa alla prova la nostra resistenza. Ci sono giochi in cui esiste il vincolo di dover sopravvivere il più a lungo possibile durante la stessa sessione. Questo è il caso dei titoli roguelike o roguelite, in cui il giocatore viene costretto a ripartire sempre dallo stesso punto ad ogni sua morte. Apparentemente niente di nuovo: basti pensare alla struttura dei classici giochi Arcade in cui ogni sessione era slegata dalle altre. Alcuni di questi giochi però permettono di conservare una parte di progressione tra una sessione e l’altra, accrescendo gradualmente il nostro ventaglio di possibilità.
Il problema principale con questo tipo di titoli consiste nel creare un prodotto che riesca a mantenere l’interesse del giocatore seppur basandosi sulla ripetizione. Giochi come The Binding of Isaac, Sifu e Hades si sono tra i migliori esempi di come gestire la progressione di gioco in maniera sublime. Oltre a elementi ripetitivi, che permettono di pianificare in anticipo le proprie mosse, sono presenti anche componenti casuali che ci richiedono di improvvisare sul momento. Tutto ciò grantisce un ritmo del gioco concitato e adrenalinico.
L’ultimo dei tabù
Nonostante la presenza costante di violenza su ogni forma di media e l’inevitabile consapevolezza della morte questa rimane un argomento proibito nella nostra società. Sembra quasi che più il progresso scientifico va avanti e più cerchiamo di posticipare l’idea della nostra dipartita. Casi celebri come quello del milionario Bryan Jhonson, che ha speso una considerevole quantità della sua fortuna per rallentare il processo di invecchiamento ne sono la prova. Faremmo di tutto per evitare di pensare che il nostro tempo è e rimane limitato, per quanto possiamo provare ad estenderlo. E va bene così, altrimenti non saremmo in grado di dare valore alle nostre esperienze.
Se ogni giorno avessimo la consapevolezza che ce ne saranno altri infiniti e uguali, probabilmente la vita diventerebbe altamente insapore, come mangiare il tuo cibo preferito fino alla nausea. Ma se non possiamo accettare di dover morire e non possiamo vivere per sempre, come possiamo ingannare questo pensiero così inevitabile?
La teoria della gestione del terrore (TMT)
Tra le varie teorie che negli hanno tentato di rispondere a questa domanda, la più citata è sicuramente la Terror Management Theory (Greenberg, et. al, 1990). TMT afferma che una delle forze psicologiche più potenti che influenzano il comportamento umano è l’angoscia causata dalla consapevolezza della morte. I videogiochi possano aiutare i giocatori a gestire la paura che deriva dalla consapevolezza della propria morte. Essi infatti possono offrire ai giocatori esperienze interattive in cui devono affrontare direttamente la morte e la sopravvivenza in contesti controllati e sicuri.
Molti studi accademici hanno studiato in particolare il legame tra TMT e videogiochi. Alcuni ricercatori sostengono che i giochi che mettono il giocatore di fronte a minacce letali o che trattano temi di morte, come giochi di sopravvivenza o horror, possono funzionare come meccanismi di coping, consentendo ai giocatori di confrontarsi con la morte in modo sicuro. Ad esempio, nei videogiochi come The Last of Us, i protagonisti affrontano circostanze estreme e devono superare ostacoli che portano alla morte e alla distruzione; tuttavia, queste esperienze danno loro un senso di potere, controllo e autoaffermazione che allevia l’ansia esistenziale. Come osservato da Vasquez et. al (2010), questi tipi di giochi danno ai giocatori il senso di “immortalità simbolica” perché consentono loro di superare la morte mentre riaffermano la loro identità e status.
Uno spazio sicuro
Il ruolo dei videogiochi come “spazio sicuro” per esplorare la morte è un altro aspetto interessante. Secondo la teoria, l’esposizione ripetuta alla morte durante un gioco può ridurre l’ansia associata alla mortalità, allo stesso modo in cui l’arte e la cultura possono farlo con altri tipi di media (Kassner, et. al, 2017). In effetti, videogiochi come Call of Duty o Resident Evil consentono ai giocatori di vivere esperienze di morte senza le conseguenze reali, consentendo loro di esercitare un controllo che potrebbe essere considerato inaccessibile nella vita quotidiana.
Inoltre, l’approccio ludico consente di elaborare sentimenti legati alla mortalità attraverso la progressione narrativa, dove la morte di un personaggio o la sconfitta di un nemico rappresentano simbolicamente il superamento della morte reale (Hart, Ellis, 2008). I videogiochi si trasformano in un certo senso in “strumenti psicologici” che tramite la simulazione dell’immortalità aiutano a gestire la paura più profonda dell’esistenza umana. A prescindere dal valore terapeutico di queste esperienze, esse ci aiutano a comprendere l’importanza del percorso e del miglioramento, che sono alla base della nostra identità. Nella complessità del cosmo, non siamo che solchi sulla sabbia, che aspettano di essere rimescolati dalle onde del tempo.
« La grandezza dell’uomo è di essere un ponte e non uno scopo: nell’uomo si può amare che egli sia una transizione e un tramonto. Io amo coloro che non sanno vivere se non tramontando, poiché essi sono una transizione» (F. Nietzsche, Prologo di Zarathustra, 4).
Bibliografia
Greenberg, J., Pyszczynski, T., Solomon, S., Rosenblatt, A., Veeder, M., & Kirkland, S. (1990).
Evidence for terror management theory: I. The effects of mortality salience on reactions to those who violate or uphold cultural values. Journal of Personality and Social Psychology, 58(6), 1523-1531. https://doi.org/10.1037/0022-3514.58.6.1523
Hart, J. R., & Ellis, B. H. (2008).
Immortality in the digital world: Video games as a tool for terror management. Journal of Applied Social Psychology, 38(7), 1852-1870. https://doi.org/10.1111/j.1559-1816.2008.00372.x
Kassner, J., Remmers, R., & Pyszczynski, T. (2017).
Terror management in the digital age: How video games can reduce death-related anxiety. Psychology of Popular Media Culture, 6(3), 341-352. https://doi.org/10.1037/ppm0000095
Vasquez, L., & Greenberg, J. (2010).
Video games and terror management theory: The role of avatars in creating immortality. Journal of Social and Clinical Psychology, 29(8), 928-943. https://doi.org/10.1521/jscp.2010.29.8.928
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