La produzione industriale italiana è svantaggiata da prezzi dell’energia elettrica più alti della media europea. Aurelio Regina di Confindustria propone di allentare il legame tra rinnovabili e gas. Tutti i dettagli (anche sulle cause dello squilibrio).
La produzione industriale italiana è in calo da ventidue mesi e la sua competitività è minacciata dai prezzi dell’energia, più alti in Italia rispetto a tanti altri paesi dell’Unione europea, e non solo.
“Lanciamo un grido d’allarme di grande preoccupazione. In attesa del ritorno al nucleare di nuova generazione, dovremo fronteggiare una situazione che ci vede in grande svantaggio rispetto ai competitori internazionali ed europei”, ha detto ieri Aurelio Regina, il delegato per l’energia del presidente di Confindustria, durante l’audizione presso le commissioni Bilancio e Ambiente della Camera.
L’ITALIA HA UN PROBLEMA CON IL PREZZO DELL’ENERGIA, DICE REGINA
In Italia, ha spiegato Regina, “il prezzo dell’energia elettrica è formato sul prezzo del gas e già tra fine 2024 e le prime settimane del 2025 stiamo riscontrando dei livelli record. A fronte di una media che era 108 euro a megawattora nel 2024, siamo arrivati a oltre i 150 euro a MWh con un aumento che supera il 50 per cento rispetto alla media dell’anno scorso”.
Prezzi del genere – ha proseguito il rappresentante di Confindustria, come riportato dall’Ansa – “influiranno in modo pesante” e potrebbero avere “un impatto di oltre 10 miliardi sulla spesa delle famiglie e dell’industria italiana”, andando a “vanificare le misure messe in campo dal governo per sostenere il potere d’acquisto”.
IL CONFRONTO CON IL RESTO D’EUROPA E CON GLI STATI UNITI
Stando a un’analisi del Centro Studi Confindustria, sulla borsa elettrica italiana il Pun (Prezzo Unico Nazionale, cioè il prezzo di riferimento all’ingrosso dell’elettricità) a gennaio è mediamente di 139 euro/MWh, ovvero il 57,9 per cento in più rispetto a febbraio 2024 (88 €/MWh).
Mettendo a confronto il Pun italiano con i prezzi dell’elettricità sulle borse degli altri paesi dell’Unione europea. si evince che “il Pun italiano è costantemente più alto del prezzo in Germania (108 euro a dicembre), Francia (98), Spagna (111)”. Non solo: il Pun è maggiore anche dei prezzi negli Stati Uniti (61 €/MWh) e in Giappone, con tutto quello che ne può conseguire per la competitività delle imprese italiane sui mercati internazionali.
Come riportato dal Sole 24 Ore, il prezzo italiano dell’elettricità è dell’87 per cento più alto di quello della Francia, che può contare su un’abbondante generazione da fonte nucleare che esporta anche nel nostro paese. Rispetto alla Germania, che mantiene la generazione a carbone e può sfruttare il potenziale eolico del mare del Nord, la differenza è del 38 per cento in più. I prezzi elettrici italiani sono più cari del 72 per cento di quelli della Spagna, che può contare su impianti rinnovabili di grandi dimensioni e capacità (utility scale).
LA PROPOSTA DI CONFINDUSTRIA
“Questa situazione rende evidente, come già nel 2022, che il prezzo dell’elettricità in Italia è troppo basato sulla quotazione europea del gas. La correlazione tra i due prezzi è altissima (99% nel periodo gennaio 2019-25)”, si legge nel rapporto del Centro Studi di Confindustria.
“È sempre più urgente allentare questo stretto legame, che è di natura regolamentare, per lasciare che il prezzo elettrico sia basato anche sui costi (minori) della generazione da fonti rinnovabili. Il limite europeo al prezzo del gas, invece, non è una soluzione perché, a fronte del rincaro in atto, è ‘non stringente’, essendo fissato troppo in alto (180 euro MWh)”.
IL PREZZO DEL GAS NEGLI STATI UNITI, NELL’UNIONE EUROPEA E IN ITALIA
Il prezzo del gas naturale nell’Unione europea, peraltro, è parecchio più alto rispetto agli Stati Uniti, che ne sono i maggiori produttori al mondo oltre che i secondi maggiori fornitori del blocco, con una quota del 19,4 per cento sul totale delle importazioni nel 2023.
“La media del prezzo di mercato del gas naturale nel 2024 è stata di 7,4 euro negli Usa a MWh, 36,3 euro in Italia, 34,4 in Europa”, ha scritto Il Sole 24 Ore.
IL GSE DEVE AVERE UN “RUOLO ATTIVO” PER “RICONTRATTUALIZZARE L’ENERGIA”
La proposta di Confindustria prevede dunque il disaccoppiamento del prezzo dell’elettricità da fonti rinnovabili da quello del gas, ha detto Regina in audizione. Confindustria, poi, vorrebbe anche assegnare un “ruolo attivo” al Gestore dei servizi energetici (Gse; la società del ministero dell’Economia che si occupa di promuovere lo sviluppo delle rinnovabili): l’associazione vorrebbe che venisse permesso al Gse di “stipulare direttamente contratti di lungo termine in modo da aumentare la liquidità del mercato” e “ricontrattualizzare l’energia, a beneficio di tutte le imprese consumatrici”.
“Le imprese nel 2024 hanno consumato circa 120 TWh, un valore simile all’energia che verrà generata dai nuovi impianti rinnovabili al 2030 per raggiungere gli obiettivi del Piano Nazionale Integrato Energia e Clima”, ha spiegato Regina. “Stimiamo che la nostra proposta potrebbe garantire un risparmio pari a circa 5 miliardi di euro all’anno se nella piattaforma venisse contrattualizzata l’energia di tutte le imprese a 65 euro/MWh, ossia il livello di prezzo di generazione efficiente delle rinnovabili di grande scala”,
“Ciò permette di abilitare, contestualmente, la competitività e decarbonizzazione delle imprese, riducendo sia le emissioni dirette (promuovendo l’elettrificazione dei consumi), che le emissioni indirette, sostituendo consumi di elettricità fossile con rinnovabile”, ha aggiunto.
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