SMET Group su Rainews: «Modello di sostenibilità ambientale»

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SMET Group su Rainews: «Modello di sostenibilità ambientale»

Il focus dei giornalisti di Spotlight sull’azienda salernitana leader nella logistica: «Investimenti in uno dei paesi con il parco mezzi più vetusto»

Innovazione e sostenibilità: cifre identitarie di SMET Group in un Paese attraversato dai camion più antichi d’Europa. L’attenzione rivolta all’ambiente dall’azienda salernitana, leader tra i partner della logistica, è stata rimarcata dalla redazione di Spotlight, la rubrica di approfondimento giornalistico prodotta dai RaiNews24, nel corso dell’ultima puntata, in onda sabato 18 gennaio, incentrata su un tema assai caro al CEO del gruppo, il cavalier Domenico De Rosa. “La transizione incompiuta. Dal Tir elettrico ai biocarburanti”: questo il focus della trasmissione che ha condotto nel quartier generale di SMET Group, a Salerno, i giornalisti del canale all-news del servizio pubblico. Sullo sfondo c’è quel “meno 45 per cento” imposto dall’Unione europea: entro il 2030, infatti, le emissioni di CO2 nel nostro Paese andranno ridotte del 45 per cento. Missione impossibile, quella imposta ai trascurati player di mercato, mai coinvolti in un processo decisionale letteralmente piovutogli addosso

E in Italia è ancor più arduo perseguire l’obiettivo imposto dall’Europa, visto che il 50 per cento dei mezzi pesanti in circolazione, in altre parole uno su due, è ancora Euro 4: uno standard ormai obsoleto, introdotto ben 19 anni fa nell’universo dei mezzi pesanti, incentrato principalmente sulla riduzione degli ossidi di azoto (Nox) e particolato emesso dai motori a combustione interna, ma ancora distante dal taglio diretto della CO2.

SMET è andata controcorrente, investendo in sostenibilità. Lo hanno sottolineato Luca Caballo e Giorgio Iacoboni, giornalisti Rai che hanno curato la puntata della rubrica d’approfondimento. «L’Italia – hanno detto – ha un parco circolante di mezzi pesanti tra i più vecchi d’Europa, e la metà è inferiore all’Euro 4. Domenico De Rosa, invece, ha scommesso sulla sostenibilità: trasporto misto nave-treno-autocarro e adozione di motori di ultima generazione alimentati a biocombustibile, ma lo sforzo rischia di rivelarsi vano».

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Rimando all’avveniristica scelta dell’amministratore delegato di SMET, che ad aprile del 2024 rinnovò la flotta del gruppo con 100 nuovi IVECO S-Way Fuel Hero da 490 cv alimentati ad HVO. «Acronimo – ha spiegato il cavalier De Rosa, intervistato dai giornalisti di RaiNews – che sta per olio vegetale idrogenato, il biocarburante che alimenta questi mezzi pesanti e consente una riduzione delle emissioni di CO2 fino al 90%». È il motore termico, una delle strade più concrete per la decarbonizzazione dell’automotive: via che l’Unione europea, inspiegabilmente, ha deciso di non intraprendere. «Dopo i traguardi raggiunti, l’Europa ha previsto il motore elettrico». Nel corso della trasmissione, De Rosa ha rimarcato l’importanza di costruire un mondo migliore: «Bisogna tendere alla sostenibilità e alla decarbonizzazione», ha detto convintamente. Solo che, nel Vecchio Continente, il motore alimentato dal biocarburante è stato inspiegabilmente accantonato, a beneficio d’altre vie inesplorate: «La produzione dei camion elettrici – ha aggiunto De Rosa durante l’intervista – non sta conoscendo grandi successi. Non abbiamo ancora esperienze fattuali consistenti. Siamo in attesa che si materializzi una proposta efficace e utilizzabile, ma oggi gli investimenti sono completamente a zero». Il motivo è presto detto: «Non c’è nessun riferimento al di là dell’Euro 7, e i produttori di motori non hanno pianificato più alcun tipo di sviluppo». Per adesso, è tutto fermo alla ricerca della tecnologia elettrica a zero emissioni: pratica che, almeno, nel trasporto merci pesanti, «non è la soluzione», come ha precisato il CEO di SMET Group.

Il paradosso è grande quanto un tir, o un intero quartiere residenziale, che più o meno è la stessa cosa. A Spotlight, infatti, De Rosa ha tracciato eloquenti esempi: «Per il solo trasporto delle batterie – l’emblematica previsione – il camion avrebbe una capacità di gran lunga inferiore, al punto tale da rendere necessario l’utilizzo di due mezzi pesanti per la stessa merce che oggi transita su uno solo». Accumulatori terribilmente energivori, tant’è che «per caricare le batterie di un tir sarebbe necessario l’assorbimento energetico pari a quello di un intero quartiere residenziale». Quelle biotermiche, insomma, costituiscono ancora le soluzioni praticabili e dal buon esito assicurato. Eppure in Europa vengono ignorate. Così il New Green Deal viene visto per ciò che è, ossia «un disegno fatto in un palazzo da chi era convinto che l’Europa fosse il mondo. Non è lo è: l’Europa è un mercato che il mondo può prendersi, e questo è il più grande dei rischi che correremo nell’imminente futuro».

Il Vecchio Continente, di questo passo, non avrà mai la competitività di stati che, seppur vicini, viaggiano al ritmo di regole distanti anni luce rispetto a quelle comunitarie: a tal proposito, De Rosa ha citato l’esempio della Turchia.

Una flebile fiammella di speranza arriva dal piano stilato di recente da Mario Draghi, ma è solo l’inizio: «Il piano Draghi, che preconizza un investimento degli stati da 800 miliardi di euro all’anno per mantenere la propria competitività rispetto agli scenari globali, è un primo passo che deve essere necessariamente messo a terra dalla Commissione europea, chiamata ad affrettarsi a decidere su modalità e tempistiche d’esecuzione». La chiosa è un avvertimento: «Una cura somministrata troppo tardi non è una cura».



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